Combattere l’obesità eliminando lo stress

L’obesità è il male dell’occidente, cattive abitudini alimentari hanno infatti portato questa patologia ad essere tra le prime cause di morte nel mondo “ricco”. Quali le cause e i rimedi?

obesità

Proprio perché un problema frequente che porta anche a spese per il sistema sanitario, molti Paesi stanno cercando di porvi rimedio e quindi gli studi in materia abbondano. E’ bene sottolineare che spesso si parla di obesità in modo improprio, si verifica la condizione clinica di obesità quando il peso è il 60% più elevato rispetto al peso forma, nel caso di un 100% abbiamo obesità grave. In Italia vi sono circa sei milioni di obesi e tra essi la maggioranza è di sesso maschile.
Una delle ricerche portate avanti per molto tempo ha riguardato il fattore genetico, ma ad oggi si è rilevato come questo abbia un’incidenza solo del 5% dei casi di obesità e si tratta soprattutto di disfunzioni ormonali, il fatto che si possono notare più persone di una stessa famiglia obese è legato alla trasmissione negli stessi nuclei di cattive abitudini alimentari.
La strada molto percorsa di recente nello studio dell’obesità è legata invece al fattore stress.
Lo psicoterapeuta Giovanni Porta afferma che nell’obesità c’è una forte incidenza di fattori psicologici che portano a sviluppare una vera e propria dipendenza dal cibo. Questa dipendenza diventa poi una specie di vortice in cui gli obesi vengono risucchiati perché inizia una sorta di reazione a catena. Stress e frustazioni varie portano all’obesità, questa a sua volta porta ad insoddisfazione di sé, insicurezze e quindi ad una vita relazionale poco gratificante. Proprio per questi motivi gli obesi tendono ad isolarsi e questo diventa un’ulteriore causa di stress ed aumenta la dipendenza dal cibo. Qual è la soluzione?
Secondo lo psicoterapeuta Giovanni Porta la concomitanza tra l’aiuto di uno psicoterapeuta e un nutrizionista può aiutare a recuperare l’equilibrio e perdere peso. Lo psicoterapeuta deve aiutare a rompere il circolo vizioso, ovvero ad entrare in contatto con le proprie emozioni e a condividerle per evitare di trovare risposta ai propri bisogni emotivi nel cibo. D’altronde il sollievo offerto dal cibo è effimero e di breve durata e ciò induce ad una continua ricerca di cibi dolci e gratificanti.
Non è questo l’unico studio che associa l’obesità allo stress, infatti, gli scienziati della Rockfeller University a New York hanno ipotizzato che in tale meccanismo sia coinvolto anche il cervello perché, subendo stress eccessivo, si restringe l’ippocampo, l’area del cervello dedicata alla memoria, e quindi vengono dimenticate le buone regole legate ad una sana alimentazione e alla necessità di fare movimento. Ciò comporta una maggiore produzione di cortisolo, un abbassamento delle difese immunitarie ed occlusione delle arterie.

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Obesità e diabete: ecco il perchè di questa stretta relazione

Obesità e diabete di tipo 2: da sempre, chi soffre della prima è più vulnerabile alla seconda. Ora, la relazione viene spiegata con l’abbondanza degli adipociti, le cellule del grasso, che provocano il fermo alla produzione d’insulina.
Questa la tesi sostenuta da una ricerca dell’Università di Ancora, Centro obesità, diretta dal dottor Saverio Cinti e pubblicata dal Journal of lipid research.

diabeteTramite una serie d’indagini iniziata nel 2005, gli scienziati anconetani hanno evidenziato una condizione di partenza: l’adipe favorisce una situazione d’infiammazione che porta alla morte degli adipociti e ,quindi, al diabete di tipo 2.Dopo ulteriori esami, gli esperti hanno scoperto come la presenza di grandi quantità di grasso, condizione tipica delle persone con peso in eccesso, favorisce la morte degli adipociti causa della fine della produzione d’insulina.

Secondo Cinti e colleghi, si tratta di un processo di piroptosi, cioè con una reazione vivace dell’organismo: prima, una reazione molecolare provoca infiammazione e l’attivazione dell’enzima capsail1:poi, l’enzima stimola la creazione di citochine infiammatorie, ultime responsabili della comparsa del diabete di tipo 2.
Soddisfatti gli scienziati, che ritengono come la maggiore conoscenza del sistema porterà a farmaci e procedure anti diabete più efficaci.

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Calo obesità infantile ma situazione ancora grave

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A seguito della fotografia scattata dal sistema di sorveglianza “OKkio alla salute”, l’ Italia, è ancora protagonista dei primi posti europei, per quanto concerne la tematica dell’eccesso ponderale infantile.
All’esordio della sua terza edizione, la suddetta indagine, indica un eccesso di peso nel 32,3% dei bambini di età compresa fra gli otto e i nove anni. La situazione è in calo del 2,9% rispetto ai dati del 2008/2009, ma resta ancora grave e latente.

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[sws_related_postleft showpost=”3″] [/sws_related_postleft]Tali dati, sono il risultato di una rilevazione che ha avuto come protagonisti 46.492 allievi che frequentanto la classe terza della scuola primaria. I dati sono sensibilmente diminuti. Oggi la percentuale dei bambini in sovrappeso è del 22,1% (rispetto al 23,2% dell’anno 2008), mentre la percentuale di quelli obesi è del 10,2% (rispetto al 12% del 2008). Le percentuali maggiori hanno avuto riscontri effettivi e sostanziali nelle regioni del centro sud dello Stivale.
Il punto nodale attiene, ovviamente, all’alimentazione. Anzi, oggi, dovrebbe parlarsi di un mancato insegnamento ad una corretta alimentazione, che racchiude tutti pasti: dalla colazione alla cena.
Il 31% dei bambini fa una colazione totalmente sbilanciata, mentre il 9%, addirittura salta questo pasto essenziale, che serve ad iniziare con la dovuta carica, la nuova giornata. La restante parte di percentuale è rappresentata dai bambini che, ogni mattina, praticano come stile di vita alimentare ben consolidato, un’abbondante colazione.
Il tutto è accompagnato dall’uso promiscuo e contemporaneo di bevande gassate e zuccherate. Inoltre, buona parte dei genitori dichiara consapevolmente che i propri figli non mangiano costantemente frutta e verdura.

Un ulteriore concausa dell’obesità e del sovrappeso è data dalla sedentarietà quotidiana.
E’ notevolmente scesa la percentuale dei piccoli che praticano sport almeno un’ora alla settimana.
Oggi la percentuale è del 16%, a fronte del 25% della rilevazione precedente. In sostituzione delle palestre, delle piscine e dei campi, ci sono i videogiochi. Molti bambini vi dedicano ben due ore della loro giornata.

[sws_related_postright showpost=”2″] [/sws_related_postright] La sedentarietà aumenta sempre più sotto l’occhio vigile, ma spesso non cosciente, dei genitori. Questi ultimi, infatti, non sono a conoscenza dell’alta percentuale di evoluzione di malattie degenerative. Moltre madri, non si rendono neanche conto, che il proprio figlio ha un peso maggiore, rispetto all’età e all’altezza che possiede.
Lo sport è molto importante per una sana e correta crescita; ma richiede anche dei costi, spesso mensili, da parte delle famiglie.

Il problema, senza ombra di dubbio, sussiste. La soluzione consiste nella prevenzione del fattore “diseguaglianza sociale”, con annessi costi. Ma, la vera risposta proviene dalla politica di monitoraggio, adottata dal settore della sanità pubblica. Si vigila sul modus vivendi dei bambini, e si interviene (in collaborazione di esperti e operatori pubblici) laddove è d’uopo dare informazioni e attuare piani mirati.

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