Cordone ombelicale e allergie: come capire la probabilità di allergie future del nascituro

Nel nostro paese, negli ultimi cinquant’anni, le persone affette da una forma di allergia, respiratoria o cutanea, sono aumentate ben del 300%. Un dato allarmante, dovuto ad una molteplicità di fattori, che mette in evidenza quanto sia importante avere a disposizione gli strumenti adeguati per una diagnosi precoce: solo in questo modo, infatti, è possibile agire di conseguenza ed in maniera tempestiva.

allergiaProprio in questi giorni l’università svedese di Chalmers ha reso noti i risultati di uno studio durato ben 15 anni, che apre nuove strade per individuare precocemente i potenziali soggetti a rischio di allergie cutanee o respiratorie.
Lo studio ha coinvolto un campione di circa 800 bambini, nati nel biennio 1986-1987, per ciascuno dei quali è stata analizzata la concentrazione di acidi grassi insaturi presente nel sangue del cordone ombelicale.

Si tratta degli acidi grassi omega 6, contenuti nei semi oleosi come le noci, le mandorle, i pinoli ed i quasi tutti gli olii vegetali, e degli omega 3, contenuti soprattutto nel pesce e nei crostacei.
Dopo 13 anni, i ricercatori hanno valutato quanti bambini avessero sviluppato forme allergiche, riscontrando che ben 81 di essi avevano una diagnosi accertata di allergia respiratoria o cutanea cronica.
L’analisi dei dati a disposizione ha evidenziato che tutti i bambini allergici avevano una caratteristica comune: una concentrazione elevata, nel sangue del cordone ombelicale, degli acidi grassi oggetto dello studio, rispetto a quanto riscontrato per un gruppo di bambini senza alcuna manifestazione allergica, utilizzati come controllo.
Ma non solo: mettendo a confronto il numero dei neonati con elevati livelli di acidi grassi nel sangue cordonale col numero di bambini diventati poi allergici nel tempo, i ricercatori hanno rilevato un altro dato interessante. Sembrerebbe, infatti, che i neonati con queste caratteristiche abbia le stesse probabilità di sviluppare un’allergia entro l’adolescenza di chi nasce da una madre con problemi di allergia.
Al momento, non è ben chiaro se questi livelli di acidi grassi essenziali, detti anche PUFA, siano la spia di una qualche anomalia nel processo di sviluppo del sistema immunitario dei neonati- cosa che li predisporrebbe, poi, a sviluppare allergie nel periodo della preadolescenza – o viceversa, un’alta concentrazione di PUFA, provenienti dall’alimentazione materna, siano la causa scatenante del problema.
Quest’ultima ipotesi sarebbe piuttosto preoccupante: negli ultimi anni, infatti, sta diventando prassi generale suggerire una integrazione di acidi grassi essenziali omega 3 ed omega 6 nella dieta delle gestanti, poiché si tratta di componenti essenziali ad un corretto sviluppo del sistema nervoso del neonato.
Lo studio, quindi, se da un lato apre la strada ad un nuovo metodo per una diagnosi precoce, dall’altra rende necessari ulteriori approfondimenti per comprendere meglio la dinamica di un fenomeno ancora in larga parte sconosciuto.

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Allergie alimentari

Circa il 5% della popolazione mondiale soffre di allergie alimentari. Le manifestazioni di tali patologie sono effetto della reazione del sistema immunitario a determinati prodotti alimentari e soltanto il medico è in grado di effettuare una diagnosi e prescrivere la cura appropriata ad ogni singolo caso. Le intolleranze alimentari possono causare eritemi, orticarie, gonfiori, prurito, vomito, disturbi gravi come difficoltà respiratorie, calo della pressione sanguigna, perdita di coscienza o addirittura la morte. I sintomi, a seconda dei casi, si manifestano in pochi minuti o qualche ora dopo aver mangiato cibi ai quali si è allergici.

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[sws_related_postleft showpost=”3″] [/sws_related_postleft] Oltre 120 alimenti contengono sostanze allergeniche; nei bambini la maggior parte delle reazioni sono causate dal latte e dalle uova mentre gli adulti possono essere intolleranti anche al pesce, ai crostacei e ad alcuni cereali come la soia e il frumento.

Non esistono attualmente studi medici definitivi riguardanti la possibilità di prevenire le allergie alimentari e l’unico modo per evitare reazioni è quello di non mangiare cibi che l’organismo non tollera.

Il Prick test e l’analisi del sangue sono i metodi più comuni per diagnosticare un allergia anche se in nessun caso è possibile prevedere il manifestarsi di sintomatologie allergiche in seguito al consumo di determinati cibi.

Negli ultimi anni si è assistito ad un aumento preoccupante dei casi di allergie alimentari soprattutto nei bambini: attualmente in Europa circa 17 milioni di persone, di cui oltre 3 milioni e mezzo hanno meno di venticinque anni, soffrono di tali disturbi. Alla luce di questi preoccupanti dati, l’Accademia Europea di allergologia e immunologia clinica, nel Giugno 2012 ha avviato una campagna annuale di sensibilizzazione verso l’aumento di anafilassi specialmente nei bambini.

Essa mira ad informare il pubblico su come riconoscere i sintomi dell’anafilassi, le sue cause e su come comportarsi nei casi di emergenza. La campagna si propone inoltre lo scopo di stabilire nuove sinergie tra medici, scienziati e ricercatori di tutto il mondo invitandoli a condividere i dati e gli studi in loro possesso.

Nell’ambito del progetto, i rappresentanti di diversi paesi hanno sottoscritto una Dichiarazione pubblica con lo scopo di invitare le autorità politiche e gli operatori sanitari a fare il possibile per migliorare la gestione e il trattamento delle allergie alimentari e dell’anafilassi.

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