Practitioner in flower massage

flower massageNovità assoluta nel campo del massaggio, il Flower-Massage® nasce dall’unione di Agopuntura, Ayurveda, Massaggio Metamorfico e Tecniche Cranio-Sacrali applicate alla Floriterapia di Bach. Il livello base si apprende in due giorni di corso. La prima giornata è volta alla comprensione degli aspetti della Floriterapia più strettamente attinenti al massaggio; seguirà l’insegnamento teorico del Flower-Massage®, dei chakras, dei meridiani e dei principali punti di agopuntura su cui esso si sviluppa. Il tutto illustrato con l’ausilio di lucidi e con la proiezione di un filmato commentato con moviola dell’intera manualità. La seconda giornata, interamente dedicata alla pratica, inizierà con una dimostrazione dal vivo del massaggio e proseguirà con la suddivisione dei partecipanti in gruppi di tre allievi per ciascuna postazione di lavoro. Nell’arco della giornata, su ogni lettino, sotto l’attenta supervisione dei docenti, gli allievi avranno modo di sperimentarsi reciprocamente e successivamente nei diversi ruoli di: massaggiatore, supervisore e massaggiato…

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Il gene che decide con che mano scriviamo

Destrimani o mancini? E’ un gene il vero artefice della preferenza nell’uso delle mani. Secondo la ricercatrice Silvia Paracchini la decisione di usare maggiormente la mano destra o la sinistra viene compiuta dal bambino, già in tenerissima età ed è indirizzata dalla presenza di un particolare gene nel Dna dell’individuo.

mano
La ricerca, condotta presso l’University di St. Andrews in gran Bretagna, ha evidenziato come il gene PCSK6 è il vero responsabile della scelta istintiva ed involontaria che compie il bambino già dai primi mesi di vita. Il gene, che si attiva già durante la formazione dell’embrione, è lo stesso deputato ad importantissime funzioni all’interno del corpo umano. La sua importanza fondamentale è, per esempio, osservabile nell’errato posizionamento degli organi interni in un individuo, in caso di malfunzionamento.
Il gene PCKS6 è l’unico in grado di attivare la proteina Nodal, a sua volta responsabile dell’attivazione di una serie di geni che stabiliscono la separazione tra destra e sinistra di tutto l’organismo dell’individuo. Un mutazione di tale gene, infatti, comporta una patologia denominata Situs Inversus, che si manifesta in un’anormale posizionamento delle strutture interne, con conseguente asimmetria patologica.
A differenza di un pensiero tragicamente diffuso in passato, non è quindi nessuno spirito demoniaco a costringere il bambino nell’uso della mano sinistra, a scapito della destra.

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Risonanza magnetica anche per chi ha il defibrillatore

Ottime notizie per chi ha il “cuore matto”. Finalmente anche i portatori di defibrillatori impiantabili per la prevenzione di arresti cardiaci, potranno sottoporsi a risonanza magnetica.

risonanza-magnetica
La Biotronik ha presentato durante il ‘Congresso Internazionale della Società Europea di Cardiologia’ (ESC), tenutosi ad Amsterdam dal 31 Agosto al 4 Settembre 2013, un rivoluzionario defibrillatore impiantabile, il più piccolo al mondo, che permette di sottoporre i pazienti che lo utilizzano di sottoporsi a risonanza magnetica. Il gioiello scientifico è stato realizzato in collaborazione con la Philips.
Fino ad oggi, per motivi di sicurezza, a tutti i portatori di pacemaker era impedito effettuare una risonanza magnetica nucleare, che è la pratica essenziale per diagnosticare ictus e tumori.
Al’apparecchio è stato dato il nome di Ilesto, e rappresenta la seconda generazione in fatto di mini defibrillatori, ed il primo compatibile con risonanza magnetica.
Il principio di funzionamento è semplicissimo. Quando un paziente deve sottoporsi a RMN (risonanza magnetica nucleare), il medico non dovrà far altro che modificare il funzionamento dell’apparecchio utilizzando un programmatore esterno.
Altro aspetto rivoluzionario di Ilesto è la durata delle sue batterie. Ben 11 anni di carica garantita, il che limita tantissimo i casi di sostituzione del dispositivo e conseguentemente abbassando drasticamente tutte le problematica che questa operazione comporta.
Il Biotronik Home monitoring, permette attraverso controllo remoto di tenere sotto osservazione tutte le funzionalità cardiache in modo automatico e quotidiano. Un’arma in più per una migliore diagnosi e per una prevenzione più sicura ed affidabile.
Antonio Curnis, Responsabile del Laboratorio di Elettrofisiologia dell’Università di Brescia, Spedali Civili di Brescia, fa notare come oggi in Europa si verifica un rifiuto all’esame RMN ogni 6 minuti a soggetti portatori di defibrillatori o peacemaker. Con questo nuovo dispositivo si verificherà un vertiginoso abbassamento di questa media in modo da garantire a queste persone già affette da sfortunate patologie cardiache, di prevenire altri gravi problemi di salute.
La morte improvvisa per arresto cardiaco è causato da tachicardie, ossia ritmi cardiaci veloci ed irregolari che riducono il normale afflusso sanguigno causando la morte dell’individuo nel giro di pochi minuti. Ecco perchè il defibrillatore è considerato il salva-vita per eccellenza. Nel momento in cui è in atto una tachicardia, il defibrillatore rilascia scariche elettriche in modo da permettere al cuore di riassumere i normali ritmi cardiaci. Dispositivo irrinunciabile, che finalmente oggi non precluderà più ai suoi portatori di sottoporsi a risonanza magnetica.
Le stime che parlano di casi in cui è necessaria l’impiantazione di defibrillatore, parlano di un aumento del 10-15% ogni anno, e allo stesso tempo sono cresciute del 10% le richieste per RMN.

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Crisi mattutine di infarto: la responsabile è una proteina

C’è una statistica interessante, ma volendo anche inquietante, che evidenzia come gli infarti al miocardio siano più frequenti nelle ore del mattino, principalmente dalle 06:00 alle 10:00. Recenti studi hanno isolato la causa di questo fenomeno, individuandola in una proteina.

infarto

I ricercatori dell’University of Cleveland hanno voluto approfondire come mai, dopo una certa ora della mattina, i casi di infarto tendono a diminuire in numero.
Alla base dello studio dei ricercatori americani vi sarebbero i ritmi cardiaci strettamente correlati al così detto orologio biologico, che secondo loro sono da considerarsi tra i principali fattori di casi di infarto mattutino, soprattutto dalle 06:00 alle 10:00, con un picco limitato nel primo pomeriggio.
Questa teoria è stata esposta nel corso del ‘246° National Meeting & Exposition of the American Chemical Society’ (ACS) tenutosi alll’Indiana Convention Center, e spiega come rivesta un ruolo importante nei casi di insufficienza cardiaca una proteina chiamata KLF 15.
Questa proteina, fino ad oggi sconosciuta, è a tutti gli effetti la chiave che regola le funzioni del cuore in base ai ritmi cardiaci. Lo studio ha messo in evidenza come sia proprio quando ci sono bassi livelli di KLF 15, situazione che si verifica soprattutto nelle prime ore dopo il risveglio, che si manifestano i casi di arresto cardiaco. Gli studi, portati avanti su modello animale, hanno evidenziato come a bassi livelli della proteina corrispondano casi di insufficienza cardiaca nei topi usati per gli esperimenti. In sostanza gli animali presentavano le stesse condizioni delle persone colpite da morte improvvisa a seguito di infarto.
La mancanza di tale proteina porta il cuore a pompare in modo irregolare fino a causare quella che viene chiamata ‘fibrillazione ventricolare’, dove vi è una mancanza di sangue nel normale afflusso che causa la perdita di coscienza da parte dell’infartuato e nei casi più gravi può portare alla morte se non si interviene tempestivamente con un defibrillatore.
La morte improvvisa per attacco cardiaco è conosciuta come SCD, già da tempo era stata associata a fattori come ritmi cardiaci ed orologio biologico, e questa ricerca non fa che confermare questa tesi.
Il così detto orologio biologico regola e coordina tutte le funzioni che hanno un legame con fattori esterni.
Il dottor Mukesh Jain, a capo del tema di scienziati scopritori di questa proteina, e tutto il suo team, si augurano che questa nuova conoscenza nel campo della cardiologia possa portare a breve la creazione di farmaci nuovi che riescano a ridurre i rischi di infarto o quanto meno prevenirli. Trovando il modo di aumentare la quantità di KLF 15 presente nell’organismo dei pazienti soggetti a problemi cardiaci, molto probabilmente si limiterebbero sensibilmente i casi di aritmie e morti improvvise per arresto cardiaco.

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Ipnosi e interventi chirurgici

Utilizzare l’ipnosi al posto dell’anestesia. Questo è quanto è riuscito a eseguire Enrico Facco, docente di Anestesia e rianimazione del Dipartimento di neuroscienze dell’Università di Padova.

ipnosi

Per la scienza si tratta di una nuova frontiera. Affrontare un vero e proprio intervento chirurgico senza l’utilizzo dell’anestesia non è cosa da tutti i giorni. Questo però è quanto accaduto nell’ospedale di Padova, dove una paziente è stata curata tramite l’impiego dell’ipnosi. La donna, di quarantadue anni, soffre di sensibilità chimica multipla. In altre parole è impossibilitata ad assumere praticamente ogni tipo di farmaco a causa di varie allergie a sostanze chimiche. Ecco allora che utilizzare l’anestesia per eseguire l’intervento sarebbe stato un azzardo. L’ipnosi, per tutta risposta, si è rivelata essere l’unica alternativa affinché la paziente potesse sottoporsi all’intervento per rimuovere il tumore alla pelle della coscia destra. Un intervento durato mezz’ora e perfettamente riuscito, al termine del quale la donna è uscita dalla sala operatoria sulle proprie gambe senza bisogno di alcun tipo di aiuto. “Per rendere possibile il tutto”, ha dichiarato il prof. Facco “sono bastate due sedute prima dell’intervento in cui ho testato il grado di ipnotizzabilità della donna”. La paziente, stando a quanto riportato dai parametri vitali e cardiaci, non ha provato dolore. Il docente però non pare stupito dai risultati ottenuti: “Quella dell’ipnosi è una tecnica applicabile anche in altri campi, come ad esempio curare fobie e attacchi di panico. C’è chi ha paura del dentista e non riesce neppure a entrare in clinica: l’ipnosi aiuta il paziente a superare il suo problema e le sue fobie”.

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Grassi del fegato compromettono il cuore

La salute del cuore inizia anche dal fegato: un accumulo eccessivo di grassi in questa importante parte del nostro organismo puo’ provocare numerosi danni tra cui quello di compromettere la salute cardiaca, provocando gravi disturbi funzionali.


La salute del fegato e l’accumulo dei grassi all’interno dello stesso va tenuta sotto controllo sin dall’età pediatrica per scongiurare il rischio di incorrere in una patologia denominata Nafid ( detta anche fegato grasso) che colpisce soprattutto i bambini obesi sin dalla tenera età.
Recenti studi hanno dimostrato che questa malattia comporta gravi disturbi a livello cardiaco andando ad intaccare la normale e corretta funzionalità del muscolo del miocardio.
La ricerca, condotta in collaborazione con istituti pediatrici di neuropsichiatria infantile, ha evidenziato come nei bambini affetti da malattia del fegato grasso i disturbi e le disfunzioni sistoliche e diastoliche fossero maggiori in relazione alla gravità della patologia epatica.
Questo vuole porre particolare attenzione sul non sottovalutare l’alimentazione dei più piccoli che potrebbero rischiare di avere la salute del cuore compromessa da un pericoloso accumulo di grassi nel fegato.
E’ necessario quindi, sin dalla tenera età, effettuare controlli periodici specialistici sulla salute dell’organo e porre particolare attenzione all’alimentazione, scongiurando così il rischio di Nafid e delle complicazioni che ne possono derivare.

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Nuova tecnica ESD per tumori gastrointestinali

In Giappone nel 2000 circa, nasce la “ESD” (Dissezione Endoscopica Sottomucosa), una nuova tecnica utilizzata per la rimozione dei tumori allo stomaco in stadi non avanzati che oggi è stata importata anche in Italia.

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L’Ospedale San Giovanni Bosco di Torino è stato il primo, grazie al direttore Dr. Serafino Recchia del reparto di Gastroenterologia, a metterla in atto, applicandola anche al tratto esofageo e al colon.
Si tratta di una tecnica mini invasiva che mira ad asportare il tumore senza però danneggiare l’organo interessato e senza determinarne nessuna conseguenza a livello alimentare e digestivo. Rispetto all’asportazione chirurgica la degenza in ospedale si riduce da dieci giorni a tre, mentre la durata dell’intervento, in anestesia totale, può arrivare fino alle tre ore (vista la sua delicatezza).
L’equipe medica guidata dal dott. Franco Coppola, lo specialista nominato e appositamente addestrato dalla ASL di Torino con uno stage di approfondimento di circa sei mesi all’università di Showa di Yokohama, ha eseguito i suoi primi sei interventi, di cui tre al colon, nel 2012, senza complicazioni e con esiti positivi.
Si rende noto inoltre che nonostante la nuova scienza, i controlli devono essere regolarmente eseguiti per scongiurare e prevenire il rischio che l’organo possa manifestare un secondo tumore.

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Migliorare le funzioni cognitive ed allontanare la demenza con l’attività fisica

Che l’esercizio fisico faccia bene è ormai un dato di fatto e a darcene ulteriore conferma è uno studio recentemente pubblicato su una delle più accreditate riviste psichiatriche, “Molecular Psychiatry”. Nel caso specifico, è stato valutato il possibile legame tra esercizio fisico e prestazioni cognitive, rispetto ad una prevenzione del decadimento intellettivo tipico dell’età senile e di patologie come la demenza.

sport

Gli interessanti risultati di questo studio provano inequivocabilmente che il movimento fisico non solo migliora le funzioni circolatorie e previene le problematiche osteo-articolari, ma mantiene sane le capacità cognitive e riduce notevolmente il rischio di patologie degenerative come l’Alzheimer. Rispetto ad una persona che conduca una vita sedentaria, chi pratica un esercizio fisico costante vede ridotto fino al 45% il rischio di andare incontro alla demenza senile. E non è necessario svolgere un’attività estremamente impegnativa, per ottenere questi effetti protettivi è sufficiente mantenere un esercizio moderato e continuativo. Dallo studio emerge che i soggetti che praticano una regolare attività fisica beneficiano di una più ridotta atrofia cerebrale. Gli effetti protettivi derivano anche da una stimolata produzione di fattori di crescita neuronale: il movimento permette ai muscoli di liberare l’IGF-I, una sostanza neuroattiva che, assorbita dal cervello, stimola a sua volta la produzione del fattore di crescita BDNF, deputato proprio al potenziamento delle capacità di sopravvivenza dei neuroni. Inoltre il miglioramento si riflette anche sul tono dell’umore generale, a causa di un meccanismo sinergico con altri neurotrasmettitori, come la serotonina, la noradrenalina e la dopamina.
Altro aspetto riscontrato è la differenza rispetto al beneficio ottenuto, tra popolazione maschile e femminile. Sembra infatti che le donne ricevano un effetto positivo più marcato rispetto agli uomini, in termini di miglioramento cognitivo. La motivazione potrebbe risiedere in un accentuato rischio femminile dovuto al repentino calo estrogenico menopausale, che aumenterebbe il pericolo di sviluppare malattie neurologiche degenerative.
Pur non essendo ancora chiari i livelli ottimali di esercizio fisico per il raggiungimento del beneficio massimo e se possano anche influire delle componenti genetiche, l’attività motoria ha senza dubbio importanti scopi preventivi e terapeutici, rispetto alle patologie cerebrali oggetto dello studio in questione.
Pare adeguato concludere citando l’antica locuzione latina “Mens sana in corpore sano”, che in questo contesto suona come un ammonimento e sembra appropriata più che mai.

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TAC e tumore al polmone: rapporto rischi-benefici

Per molti anni si è parlato dei rischi della TAC. Nel caso di fumatori ed ex fumatori e la relativa correlazione con l’insorgere del tumore ai polmoni questi rischi sono al di sotto dei benefici derivanti da uno screening approfondito del paziente tramite TAC.

tac

La U.S. Preventive Services Task Force, un gruppo indipendente formato da esperti in materia di prevenzione che lavora per migliorare la salute di tutti gli americani, raccomanda di effettuare indagini anche attraverso l’utilizzo di TAC come sistema efficace di prevenzione rispetto al rischio di cancro ai polmoni. Indicano come consumi di riferimento, per coloro che risultano ad alto rischio di tumore al polmone, quei fumatori con consumo di sigarette pari ad un pacchetto al giorno per 30 anni, o due pacchetti al giorno per 15 anni, ed ex fumatori a parità di consumo che abbiano smesso da meno di 15 anni. Il numero di malati di cancro al polmone riconducibile al consumo di sigarette è risaputo essere molto alto. In base a queste statistiche basate sulla popolazione americana, la U.S. Preventive Services Task Force attraverso le loro linee guida, consiglia lo screening preventivo con TAC con l’obiettivo di diminuire il numero di vittime per tumore ai polmoni che ammonta a 160 mila morti l’anno negli USA.

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Trattamento con green laser per l’ipertrofia prostatica

Il trattamento dell’ipertrofia prostatica benigna sembra avere una chance in più con il Green-light laser. E’ quanto risulta da uno studio pubblicato di recente sulla rivista scientifica Journal of Endourology. L’equipe del Prof. Kumar ha infatti sperimentato il Green laser su 186 pazienti suddivisi in tre gruppi e ripettivamente trattati con: resettore monopolare, resettore bipolare e Green-light laser.

Fermo restando che i parametri funzionali riferibili alla qualità di vita e al miglioramento della sintomatologia sono risultati simili nei tre trattamenti, la differenza è invece stata significativa per quanto riguarda la degenza e il periodo post-operatorio. L’intervento attuato con il Green laser ha infatti dimostrato il vantaggio di diminuire in modo rilevante la durata della degenza ospedaliera e la fastidiosa cateterizzazione.

 

Inoltre, è stata riscontrata una minor concentrazione dell’emoglobina e una quantità inferiore di perdite ematiche, di conseguenza una necessità molto ridotta di eventuali trasfusioni. L’ipertrofia prostatica benigna è una patologia tipica negli ultra-cinquantenni e consiste in un ingrossamento anormale della ghiandola prostatica. Pur avendo un decorso benigno, provoca dei problemi notevoli come l’incontinenza urinaria e diversi dolori associati, pertanto va tempestivamente trattata.

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