Bere caffè previene il tumore al fegato

Bere il caffè fa male e rende nervosi, affermano molte persone che preferiscono terminare il loro pasto con la frutta piuttosto che con questa bevanda. La realtà però è ben diversa, e gli ultimi studi hanno dimostrato che bere tre tazzine di caffè al giorno riduce drasticamente il rischio di tumore al fegato.

caffè

La ricerca, tutta italiana, è stata condotta dall’Istituto Mario Negri di Milano con la supervisione di Carlo La Vecchia, responsabile del Dipartimento di Epidemiologia. I dati poi sono stati pubblicati sulla rivista americana ‘Clinical gastroeneterology and Hepatology’ e ha evidenziato risultati sorprendenti. Bere caffè non solo riduce il rischio di tumore al fegato, ma la possibilità di incorrere nel carcinoma diminuisce addirittura del 50% se si assumono tre tazzine al giorno di questa bevanda. “La nostra ricerca”, ha dichiarato entusiasta lo stesso Carlo La Vecchia, “conferma le ipotesi già avanzate che il caffè faccia bene per la salute e in particolare per il fegato”. Un traguardo importante, soprattutto considerando che il tumore al fegato è la terza causa di morte per tumore nel mondo. Anche se, tengono a precisare gli studiosi, l’analisi è stata effettuata esclusivamente su soggetti sani. E’ vero che tre tazzine di caffè riduce il rischio di tumore, ma guai a superare questa soglia di assunzione.
Come ogni cosa infatti bisogna sapersi gestire ed evitare quindi di esagerare con la quantità di caffè. “Pensiamo che il caffè abbia un ruolo importante nella prevenzione del tumore al fegato”, ha fatto sapere Alessandra Tavani, anche lei protagonista dello studio. “Ma, in ogni caso, tale ruolo sarebbe comunque limitato rispetto a quanto si può ottenere con le correnti misure preventive”.

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Combattere l’obesità eliminando lo stress

L’obesità è il male dell’occidente, cattive abitudini alimentari hanno infatti portato questa patologia ad essere tra le prime cause di morte nel mondo “ricco”. Quali le cause e i rimedi?

obesità

Proprio perché un problema frequente che porta anche a spese per il sistema sanitario, molti Paesi stanno cercando di porvi rimedio e quindi gli studi in materia abbondano. E’ bene sottolineare che spesso si parla di obesità in modo improprio, si verifica la condizione clinica di obesità quando il peso è il 60% più elevato rispetto al peso forma, nel caso di un 100% abbiamo obesità grave. In Italia vi sono circa sei milioni di obesi e tra essi la maggioranza è di sesso maschile.
Una delle ricerche portate avanti per molto tempo ha riguardato il fattore genetico, ma ad oggi si è rilevato come questo abbia un’incidenza solo del 5% dei casi di obesità e si tratta soprattutto di disfunzioni ormonali, il fatto che si possono notare più persone di una stessa famiglia obese è legato alla trasmissione negli stessi nuclei di cattive abitudini alimentari.
La strada molto percorsa di recente nello studio dell’obesità è legata invece al fattore stress.
Lo psicoterapeuta Giovanni Porta afferma che nell’obesità c’è una forte incidenza di fattori psicologici che portano a sviluppare una vera e propria dipendenza dal cibo. Questa dipendenza diventa poi una specie di vortice in cui gli obesi vengono risucchiati perché inizia una sorta di reazione a catena. Stress e frustazioni varie portano all’obesità, questa a sua volta porta ad insoddisfazione di sé, insicurezze e quindi ad una vita relazionale poco gratificante. Proprio per questi motivi gli obesi tendono ad isolarsi e questo diventa un’ulteriore causa di stress ed aumenta la dipendenza dal cibo. Qual è la soluzione?
Secondo lo psicoterapeuta Giovanni Porta la concomitanza tra l’aiuto di uno psicoterapeuta e un nutrizionista può aiutare a recuperare l’equilibrio e perdere peso. Lo psicoterapeuta deve aiutare a rompere il circolo vizioso, ovvero ad entrare in contatto con le proprie emozioni e a condividerle per evitare di trovare risposta ai propri bisogni emotivi nel cibo. D’altronde il sollievo offerto dal cibo è effimero e di breve durata e ciò induce ad una continua ricerca di cibi dolci e gratificanti.
Non è questo l’unico studio che associa l’obesità allo stress, infatti, gli scienziati della Rockfeller University a New York hanno ipotizzato che in tale meccanismo sia coinvolto anche il cervello perché, subendo stress eccessivo, si restringe l’ippocampo, l’area del cervello dedicata alla memoria, e quindi vengono dimenticate le buone regole legate ad una sana alimentazione e alla necessità di fare movimento. Ciò comporta una maggiore produzione di cortisolo, un abbassamento delle difese immunitarie ed occlusione delle arterie.

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L’olio extravergine d’oliva: il suo grasso è simile al latte materno

Uno dei condimenti più utilizzati nella dieta mediterranea è l’olio d’oliva, un ingrediente ricco di principi nutritivi essenziali per l’organismo e il benessere, oltre naturalmente a essere molto buono e gustoso. Tra le innumerevoli proprietà attribuite a questo prezioso alimento, recentemente, è stata messa in luce anche una certa similarità tra il grasso dell’olio extravergine di oliva con i lipidi contenuti all’interno del latte materno.

olio evo
I livelli di Omega 3 e Omega 6 sono, a paragone di altri alimenti, quelli che più si avvicinano al latte materno, secondo un esperto del settore.
Il professor Saverio Pandolfi, membro del Consiglio Nazionale Ricerche dell’Istituto di Genetica Vegetale, conosciuto anche con l’acronimo di Cnr-Igv, ha esposto la sua interessante relazione a Roma in occasione della presentazione della Maratona dell’olio, che si svolgerà il prossimo mese, dal 15 al 17 novembre ad Alviano, in provincia di Terni.
L’olio extravergine contiene oleuropeina e oleocantale, elementi essenziali all’interno di un regime alimentare vario ed equilibrato. La prima è una molecola capace di rendere le arterie più elastiche, abbassando i livelli della pressione ed è responsabile del sapore amaro delle olive. La seconda invece, ha indiscusse antinfiammatorie naturali ed è alla base di numerosi medicinali analgesici e calmanti.
Integrare questo condimento quotidianamente nella propria dieta offre, quindi, non solo vantaggi in termini di gusto e sapore ma anche di benessere e salute per l’organismo.
Il ricercatore pone però l’attenzione sulla lavorazione delle olive al frantoio affinché questi nutrienti possano arrivare integri all’organismo.
Sono molti ormai gli studi che mettono l’olio extravergine al centro di ricerche sulla salute, l’idea di paragonarne i grassi agli elementi contenuti nel latte materno rafforza ulteriormente questa idea.
L’olio extravergine di oliva, grazie all’alto contenuto di acidi grassi e proteine, è in grado di abbassare il colesterolo e svolge un’azione riparatrice confronti dei radicali liberi, responsabili dell’invecchiamento, protegge il fegato e aiuta a far percepire prima il senso di sazietà.
I nutrizionisti ne consigliano principalmente l’utilizzo a crudo, anche se questo alimento mantiene le sue proprietà organolettiche intatte anche ad alte temperature.
Il latte materno, proprio la sua importanza nella nutrizione dei neonati è considerato un alimento perfetto sotto molti punti di vista grazie all’apporto di acidi grassi essenziali. L’olio extravergine fornisce una quantità di questi nutrienti relativamente simile ed è per questo consigliato a qualsiasi età. Non importa se presente o meno all’interno del regime alimentare di una persona, a qualsiasi latitudine questo alimento fornisce all’individuo preziosi elementi nutritivi, anche se non è mai stato presente nella dieta quotidiana.

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Analisi sull’aspartame: non è dannoso per l’uomo

Quando si parla di aspartame, si parla di un edulcorante, nonchè di un esaltatore di sapidità, con un potere dolcificante ben 200 volte superiore del saccarosio pur apportando lo stesso numero di calorie.

aspartame
Come molte delle scoperte scientifiche, anche questa ha avuto origine in modo casuale. Nei primi anni ’70 del secolo scorso, il dottor Jim Schlatter della G.D. Searle Company studiava nuovi trattamenti per combattere le ulcere gastriche. Qualche goccia del composto di amminoacidi su cui lavorava gli cadde sul dorso della mano, che non lavò. Portandosi la mano senza pensarci alle labbra, si accorse dell’incredibile dolcezza di quel composto, così nacque l’aspartame.
Esistono varie e discordi opinioni sull’effetto nocivo che questo dolcificante può avere per l’organismo umano.
A metter un punto chiaro e preciso a questa eterna diatriba ci ha pensato l’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare. A seguito dell’attento e meticoloso studio di due esperimenti scientifici svolti nel 2010, che seguono quelli del 2006 e 2009, proprio per accertare la pericolosità di questi edulcoranti artificiali, l’Efsa ha dichiarato che per quanto riguarda la sua presunta dannosità per la salute umana non sono state riscontrate chiare evidenze scientifiche.
Il primo di questi esperimenti è stato eseguito in Italia ed è consistito nello studiare eventuali effetti cancerogeni su topi ai quali è stato somministrato aspartame.
Il secondo ha avuto luogo in Danimarca ed aveva come obiettivo quello di analizzare quale relazione corresse tra l’assunzione di bibite analcoliche addolcite con aspartame, ed i casi di parto prematuro.
A parere dell’Efsa questi due studi non hanno apportato nessun nuovo elemento valido che possa indurre a modificare le precedenti conclusioni prese in merito su questo dolcificante. Infatti l’Unione europea non considera dannoso l’aspartame autorizzandone il consumo.
L’Autorità europea per la sicurezza alimentare ha dichiarato che comunque continuerà a supervisionare tutti gli studi che cercheranno di accertare la pericolosità o meno dell’aspartame, ma finchè questo non verrà dimostrato scientificamente, il suo uso e consumo continuerà ad essere autorizzato senza particolari restrizioni.
Entro il 2020, infatti, l’Efsa sarà tenuta a valutare di nuovo, e partendo da zero, tutti quei additivi alimentari che l’Unione europea ha autorizzato all’uso prima del 20 Gennaio 2009. Questi lunghi tempi, spiega l’Efsa, sono dovuti alla grossa mole di lavoro che questa operazione prevede, e per quanto riguarda l’aspartame non si avrà una risposta a breve in quanto gli ultimi studi validi sono stati resi pubblici di recente nel 2011.
La stessa Efsa ha indetto una consultazione pubblica online per il Maggio 2013 con lo scopo di raccogliere il maggior numero di testimonianze scientifiche da integrare nei loro studi.

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Chi è obeso da più tempo rischia cardiopatie

Cosa c’è di più perfetto di quella meravigliosa macchina che è il corpo umano? Purtroppo da qualche decennio a questa parte questo meccanismo sofisticato è stato messo in crisi. Da svariate cattive abitudini che ne hanno deformato ritmi e processi. E il tutto nasce da quella che è la fase più importante dell’uomo, la crescita. Studi infatti hanno messo in luce la relazione tra obesità e il suo svilupparsi nel tempo con i rischi cardopatici che si manifestano in età adulta.

obesitàOsservando e monitorando dei fisici giovani è stato riscontrato che il perdurare di adiposi in eccesso in tutto il corpo o anche solo nella parte addominale ha portato i soggetti a sviluppare gravi patologie legate al cuore. In particolare sin dai primi stadi della ricerca si è notato come all’obesità camminasse di pari passo una calcificazione coronarica che se non rimossa per tempo porta a problemi di salute legate al muscolo che gestisce la circolazione sanguigna: il cuore. Pertanto – e non ce ne sarebbe bisogno di ribadirlo – la fase della crescita resta di fondamentale importanza per la formazione degli individui adulti, sia nello spirito ma sopratutto nel corpo. Un adulto in salute è un adulto felice.

Le regole per non cadere in queste trappole sono semplici e non richiedono chissà quale sforzo, dieta equilibrata (la mediterranea è famosa in tutto il mondo), attività fisica anche di media entità e non trascurare nessun allarme che il corpo umano invia. E la meravigliosa macchina che ci è stata donata tornerà perfetta!

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Rischio cardiaco più alto se non si fa la prima colazione

Talvolta capita di essere troppo di fretta e di uscire di casa senza fare colazione, e questo comportamento, a lungo andare, potrebbe creare dei problemi più gravi del previsto, problemi che tendono a colpire l’apparato cardiaco.
colazione
La colazione, come si cerca di insegnare anche ai più piccoli, è un pasto che non deve essere assolutamente saltato: questo perché il proprio corpo ha bisogno degli elementi necessari, come zuccheri e proteine, per poter sopportare la fatica della mattina ed arrivare all’ora di pranzo senza sentirsi male e soffrire la fame.
Un recente studio svolto dalla Harvard School of Public Healt è stato in grado di mettere alla luce che saltare la colazione ha conseguenze ben più gravi: diabete e pressione alta sono solo alcune delle conseguenze che potrebbero portare una persona a dover affrontare dei problemi cardiaci, e questo perché il corpo, essendo a digiuno, compie uno sforzo maggiore la mattina successiva e pertanto la pressione sanguigna tende ad essere maggiore, e proprio questa potrebbe essere la causa dei problemi al cuore.
Fare colazione è quindi molto importante: allo stesso tempo, gli studiosi hanno sconsigliato lo spuntino notturno, in quanto il corpo verrebbe appesantito, la digestione non verrebbe effettuata correttamente dal corpo ed i problemi ai quali si andrebbe incontro sarebbero pressoché gli stessi.

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Quali sono i cibi che abbronzano?

Abbronzarsi non equivale soltanto starsene al mare sotto il sole cocente, ma anche mangiare degli alimenti che sono in grado di aiutare le persone ad abbronzarsi più velocemente e con meno difficoltà: vediamo dunque quali sono i cibi che hanno questa caratteristica.

caroteAvere un bel corpo abbronzato da fare invidia talvolta potrebbe sembrare essere difficile, ma in realtà, grazie anche ad una buona alimentazione, questo processo potrebbe essere velocizzato: secondo una particolare ricerca, la Coldiretti ha stilato una classifica sui cibi che permettono alle persone di abbronzarsi con meno difficoltà.
Al primo posto del podio si trovano le carote, seguite in seconda posizione dagli spinaci e dal radicchio ed in terza posizione dalle albicocche, mentre fragole, melone e altri frutti non riescono a qualificarsi e ad entrare nella top tre dei cibi più abbronzanti: ma qual’è la caratteristica che hanno questi cibi che permettono di ottenere un corpo abbronzato con maggiore facilità?

L’elemento chiave dei quattro cibi sul podio, così come degli altri dal quarto posto in poi, è la Vitamina A: questa non soltanto garantisce una buona alimentazione per coloro che seguono una dieta ricca di alimenti con la suddetta Vitamina, ma la stessa è in grado di proteggere il corpo dai raggi solari e di catturarli, agevolando quindi l’abbronzatura del corpo.

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Dieta e sport: cosa e quando mangiare

Chi pratica attività sportiva può trarre vantaggio dal conoscere i propri bisogni energetici e facendo attenzione all’alimentazione. Oltre a fare caso agli apporti calorici è utile capire quali sono i giusti orari in cui mangiare prima dell’attività sportiva, per ottenere il giusto bilanciamento tra le calorie introdotte e quelle bruciate durante lo sport.

sportAl mattino
La colazione è fondamentale perché assicura una buona riserva energetica. E’ importante svegliarsi presto per fare un’equilibrata colazione circa due ore prima di cominciare l’attività fisica per permettere all’organismo di digerire. La colazione ideale non è troppo abbondante, facilmente digeribile, povera di grassi e comprende almeno una bevanda. E’ buona norma cominciare da quest’ultima, prediligendo tè o succo di frutta o latte (evitando il caffellatte) con cereali, e continuando con un frutto maturo che permette l’acquisizione di vitamina C che smorza la produzione di radicali liberi che aumenta durante lo sforzo fisico. Si può far seguire l’apporto di zuccheri con pane con la marmellata.
Al pomeriggio
L’ultimo pasto andrebbe consumato circa tre ore prima dello sforzo fisico, evitando alimenti ricchi di grassi che si digeriscono più lentamente. Se si fa sport nel primo pomeriggio un pranzo a base di insalate o cibi proteici, come un piatto unico della cucina mediterranea, mantiene equilibrato l’indice glicemico e lascia sazi. Quando si svolge attività sportiva nel tardo pomeriggio o prima di cena è preferibile fare uno spuntino a metà pomeriggio, circa due ore prima dello sport, optando per un frutto.
La sera, dopo cena
Organizzare l’orario del pasto se si pratica un’attività sportiva dopo cena è importante, perché è bene che tra un pasto completo e lo sport trascorrano almeno due o tre ore. Se dopo cena si va a correre è opportuno evitare gli alimenti grassi o troppo ricchi di fibre, che possono causare dolori gastro-intestinali. Piatti poco conditi (con olio extra vergine di oliva e formaggio grattuggiato) a base di riso e pasta rappresentano la soluzione ideale.
Durante l’attività sportiva
L’esercizio fisico prolungato può provocare perdite di liquidi elevate. Bisogna considerare che la disidratazione provoca cali di concentrazione e può abbassare il risultato delle performance. Oltre all’acqua si possono consumare bevande specifiche (queste ultime dopo aver praticato lo sport).
Dopo lo sport
Finita la propria seduta, l’organismo può aver smaltito le proprie riserve energetiche e potrebbe cominciare ad attingere alla massa muscolare. E’ consigliabile consumare pasti che aumentino il carico glicemico e preferibilmente contengano una buona dose di liquidi.

Come conservare al meglio gli alimenti nel frigorifero

La conservazione degli alimenti richiede particolare attenzione affinché il loro consumo sia il più possibile sicuro e godibile. Non basta infatti limitarsi al rispetto della data di scadenza indicata dal produttore, occorre anche che il cibo sia collocato al giusto posto per mantenersi correttamente.

frigo
La cura degli alimenti serve a mantenerne il più a lungo possibile tutte le caratteristiche di gusto, sapore e odore che le rendono appetibili, oltre naturalmente a garantire la loro idoneità al consumo. Per questo motivo è importante proteggere gli alimenti crudi con pellicole o contenitori, e mantenerli alla giusta temperatura.
Nei più recenti frigoriferi ad alta tecnologia il freddo viene ripartito in modo uniforme da diversi motori, a volte è persino possibile selezionare temperature differenti per altrettanti settori dell’apparecchio; nei più comuni elettrodomestici, invece, questo non è possibile ed è quindi estremamente importante saper collocare nel posto giusto i cibi secondo la loro tipologia. Frutta e verdura vanno riposti nei cassetti appositi situati nella parte bassa, o sul ripiano subito sopra; uova, latticini, salumi e cibi cotti devono andare nel ripiano più alto; al centro, infine, vanno stoccati carne e pesce crudi, affettati e insaccati.
Molti sono gli accorgimenti per garantire un corretto funzionamento del frigorifero e quindi la giusta conservazione degli alimenti: nulla deve toccare le pareti; le confezioni aperte e i cibi cucinati vanno sigillati con pellicola protettiva o riposti in contenitori ermetici; prima di inserire un alimento cotto occorre aspettare che si sia raffreddato completamente (potrebbe abbassare la temperatura dell’apparecchio, danneggiando l’intero contenuto); mantenere separati gli alimenti crudi da quelli cotti o precotti; pulire periodicamente l’interno del frigorifero con acqua e aceto, oppure prodotti specifici; non riempire eccessivamente i ripiani, garantendo la circolazione dell’aria tra gli alimenti; eliminare i prodotti giunti a scadenza e consumare in fretta i cibi freschi, evitando la formazione di muffe.
Nel congelatore i cibi si conservano più a lungo, secondo questi tempi: 12 mesi frutta e verdura, dai 4 ai 9 mesi carne (meno i volatili e i conigli), dai 2 agli 8 mesi pesce, molluschi e crostacei (meno questi ultimi, di più il pesce magro); dai 2 ai 4 mesi dolci e cibi precucinati. E’ opportuno mantenere il congelatore alla temperatura di 18°, verificando che non ci sia formazione di ghiaccio. Il trasporto dei cibi surgelati dal negozio a casa deve avvenire all’interno di borse termiche, per il più breve tempo possibile: è assolutamente vietato perché potenzialmente molto dannoso per la salute ricongelare un cibo scongelato. Come per il frigorifero, i cibi cotti vanno riposti solo dopo che si siano completamente raffreddati.

Obesità e diabete: ecco il perchè di questa stretta relazione

Obesità e diabete di tipo 2: da sempre, chi soffre della prima è più vulnerabile alla seconda. Ora, la relazione viene spiegata con l’abbondanza degli adipociti, le cellule del grasso, che provocano il fermo alla produzione d’insulina.
Questa la tesi sostenuta da una ricerca dell’Università di Ancora, Centro obesità, diretta dal dottor Saverio Cinti e pubblicata dal Journal of lipid research.

diabeteTramite una serie d’indagini iniziata nel 2005, gli scienziati anconetani hanno evidenziato una condizione di partenza: l’adipe favorisce una situazione d’infiammazione che porta alla morte degli adipociti e ,quindi, al diabete di tipo 2.Dopo ulteriori esami, gli esperti hanno scoperto come la presenza di grandi quantità di grasso, condizione tipica delle persone con peso in eccesso, favorisce la morte degli adipociti causa della fine della produzione d’insulina.

Secondo Cinti e colleghi, si tratta di un processo di piroptosi, cioè con una reazione vivace dell’organismo: prima, una reazione molecolare provoca infiammazione e l’attivazione dell’enzima capsail1:poi, l’enzima stimola la creazione di citochine infiammatorie, ultime responsabili della comparsa del diabete di tipo 2.
Soddisfatti gli scienziati, che ritengono come la maggiore conoscenza del sistema porterà a farmaci e procedure anti diabete più efficaci.

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