Nasce Ok Corso Preparto: il motore di ricerca n.1 per i corsi preparto e postparto

Perdersi nella vastità delle pagine e delle informazioni disponibili sul web è purtroppo una pratica ancora molto attuale, soprattutto tra gli esponenti di quelle generazioni che poca praticità hanno con il mezzo del computer.
Dev’essere stata questa idea, insieme con la grande necessità di risposte alle molte domande delle madri o future tali alla prima esperienza, a dare il via alla creazione, da parte di un gruppo decisamente attivo di madri, di un motore di ricerca esclusivamente dedicato a corsi pre e post parto.

ok coso preparto

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Spesso di idee e progetti del genere leggiamo sui giornali, online o cartacei, dove si specifica che questi provengono da oltre oceano. Stavolta invece il tutto è altamente nostrano e in pochi mesi d’attività questo motore di ricerca ha già riscosso un enorme successo, mostrando evidentemente come, fino a poco tempo fa, ci fosse un enorme vuoto d’informazione da colmare.

Tutto ciò che occorre fare è recarsi sul sito corso-preparto.it, dove in pochi secondi sarà possibile trovare il corso che più si adatta alla proprie esigenze. Si potrà dunque scegliere tra pre e post parto, cosa a dir poco ovvia, per poi passare alla selezione della regione, della provincia e del tipo di organizzazione.

Inoltre, anche se questo non è obbligatorio, le madri possono registrarsi, dando vita a una comunità virtuale i cui membri possono tendersi la mano vicendevolmente, soprattutto attraverso consigli e recensioni accurate dei corsi.

E’ più che evidente che alle spalle di Ok Corso Preparto ci siano delle madri e delle specialiste del settore, e ciò non può che essere fonte di garanzia per chi volesse affidarsi a tale sistema. Debora, capo gruppo del progetto, ha specificato quanto secondo loro sia fondamentale per delle future madri sentire il supporto di persone che sanno perfettamente cosa stanno provando.

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Una madre è in cerca di consigli, poiché conscia della responsabilità che la gioia del parto comporta, ed ecco perché la possibilità di scrivere commenti rappresenta uno degli elementi principali del sito. Inoltre, dice Debora, analizzando da un punto di vista pratico l’esperienza della gravidanza, è evidente che le donne in dolce attesa siano impossibilitate a compiere grandi spostamenti, e così il sistema di geolocalizzazione diventa indispensabile per trovare il corso che è davvero più vicino alla propria abitazione.

Ad ogni modo se, come per la malattie, è consigliabile rivolgersi a specialisti piuttosto che scandagliare tra le pagine internet, è possibile nella sezione “Domande e Risposte”, rivolgere quesiti non soltanto ad altre madri ma soprattutto a professionisti del settore medico e non solo, andando dal basilare ginecologo per il pre parto a un allenatore per rimettersi in forma nel post parto. Un ottimo sito dunque, dove tutto è davvero a portata di click.

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Il caso di Angelina Jolie, alcuni consigli utili per le donne al fine di prevenire i tumori

Il caso di Angelina Jolie che ha dichiarato di essersi sottoposta a un intervento di mastectomia per ridurre la possibilità di ammalarsi di cancro al seno pone l’accento su una problematica che si fa sempre più attuale: quello della prevenzione.

Angelina Jolie

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Certamente il caso di Angelina, è estremo; recenti esami le avevano palesato la possibilità di ammalarsi dello stesso cancro al seno che aveva avuto la madre, cancro dal quale non era riuscita a salvarsi. La scelta è venuta quindi di conseguenza: asportazione preventiva del seno.
Senza giungere a un caso così estremo, è però molto importante che noi donne, così come gli uomini si presti molta attenzione alla prevenzione e alla diagnostica.
Una buona prevenzione, che passa attraverso esami periodici di routine, è efficace per diagnosticare in tempo qualsiasi tipo di lesione tumorale e agire in modo veloce, aumentando visibilmente la possibilità che le cure abbiano un decorso positivo.
A quali esami è bene si sottoponga una donna durante la sua vita?
Dall’adolescenza, dai 15 anni in poi, o in caso di problematiche anche prima, è bene sottoporsi annualmente ad una visita ginecologica di controllo con un’ecografia transvaginale e palpazione del seno.
La visita consentirà al ginecologo di verificare eventuali problematiche a carico dell’apparato riproduttivo femminile e consigliare le cure più efficaci.
Dal momento d’inizio di un’attiva vita sessuale, ogni due anni, fino ai 30 anni, in concomitanza alla visita, andrà anche eseguito un pap test, un test diagnostico molto utile per verificare eventuali anomalie del collo dell’utero che possano condurre al carcinoma.
Dopo i 30 è utile effettuarlo annualmente.
[sws_related_postright showpost=”2″] [/sws_related_postright] In un’unica visita si espletano diversi esami che vanno poi ripetuti, in caso non vi fossero problemi, annualmente.
La palpazione del seno però non è sufficiente, soprattutto in caso di tumori al seno riscontrati in famiglia, pertanto è consigliabile dai 35 anni in poi, una mammografia ogni due anni, o eventualmente se consigliato dal medico, un’ecografia al seno. Questi tipi di esami consentiranno di identificare eventuali lesioni e trattarle con rapidità.
Un altro esame molto importante da effettuare dopo i 50 anni è l’esame per il tumore al colon, ogni due anni, tramite un campione delle feci domestico e molto semplice da effettuare, si verificherà la presenza di sangue occulto, primo indicatore di eventuali lesioni del colon.
Un buon consiglio è quello di rispondere attivamente ai reminders che le ASL periodicamente fanno, ricordandoci a quali esami è bene sottoporci.
Oltre a questi esami di routine molto importanti, non dimentichiamoci di recarci dal dentista almeno una volta all’anno per una visita di controllo e la pulizia dei denti, una volta all’anno dal dermatologo per un controllo dei nei ( soprattutto in caso di pelle molto chiara e con una mappa di nei molto estesa) e a degli esami del sangue di routine.
Anche una visita ogni due anni da un oculista è molto importante per verificare il corretto funzionamento dei nostri occhi, stressati da una vita sempre più al computer e di fronte a tablet di ogni tipo!
Ricordiamo inoltre che una buona prevenzione passa anche da uno stile di vita corretto, una sana alimentazione, attività fisica e il relax sono di fondamentale importanza per la prevenzione di ogni tipo di disturbo.
Per aiutarvi nella gestione di questi esami, per voi e la vostra famiglia, vi basterà scandire gli esami su un calendario o grazie a qualche moderna app!
Quindi non avete scuse, una corretta educazione alla prevenzione ci mantiene in salute, non sprechiamola!

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Male all’ utero in gravidanza

Gonfiore, spossatezza, problemi di ritenzione idrica, pressione alta e diabete sono indubbiamente sintomi normali, e spesso ricorrenti, nei periodi di dolce attesa.

male utero in gravidanza

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In realtà oltre a questi disturbi, possono esserne elencati una lunga serie di altri fastidi come ad esempio dei dolori alla zona uterina. Nessun campanellino d’allarme, se i dolori non sono lancinanti, si tratta di una normale e naturale reazione del corpo alla gravidanza.

Soprattutto intorno al raggiungimento del quinto mese (periodo in cui il bimbo è ormai formato), è possibile accusare dei dolori (intesi come fitte) nel basso ventre. L’intensità e la tipologia di male è molto simile a quella mestruale o preciclo. È possibile, talvolta, che il dolore sia così intenso da raggiungere anche la zona della vulva, ma anche in questo caso, nessuna preoccupazione, si tratta di una cosa del tutto normale che tutte le donne in gravidanza passano e soprattutto superano!

L’unica cosa importante è imparare a riconoscerlo e ad approcciarsi a lui in modo corretto. Cercate di ascoltare il vostro corpo monitorando le situazioni in cui questi dolori compaiono prendendo nota della loro frequenza. È normale il loro presentarsi a seguito di un rapporto sessuale, dopo uno sforzo di media/alta intensità o dopo una passeggiata troppo lunga o faticosa. Non suggestionatevi e non perdete la calma. Fermatevi e riposatevi, i dolori così come sono arrivati andranno via da soli! Solo se fermandovi e rilassandovi, il dolore non diminuisce, oppure, se la sua frequenza ed intensità aumenta consultare il medico.

[sws_related_postright showpost=”2″] [/sws_related_postright] Nei mesi di gravidanza è fortemente sconsigliato, se non addirittura proibito in alcuni casi, l’uso di farmaci. Dunque niente Moment Rosa o affini per alleviare i dolori. Ci sono però una serie di altri rimedi che possiamo chiamare “naturali” che possono aiutare a rendere il dolore più sopportabile o comunque ridurne l’intensità. Inutile precisare che la percezione del dolore è molto soggettiva e che ciascuno di noi ha una soglia più o meno bassa con cui misurare la propria resistenza al fastidio.

Un nemico del dolore è sicuramente il movimento. Cercate di non “imbruttirvi” e non crogiolarvi nella vostra scusa di donna incinta per recidere i rapporti con la vostra vita reale (quella che riprenderete a pieno ritmo dopo la maternità!). Tenete la mente e soprattutto il corpo in attività. Evitate di stare troppo tempo sedute o stese a letto (questi consigli ovviamente non sono da intendersi validi per una gravidanza a rischio, per la quale solo il vostro medico ginecologo è in grado di suggerirvi la più appropriata terapia da seguire) anche perché stando troppe ore in questa posizione costringerete il vostro coccige e la vostra colonna ad un duro sforzo. Cercate di scaricare il peso che state accumulando usando tutte le ossa ed i muscoli del vostro corpo. Camminate! Anche 20 minuti di passeggiata lenta due volte al giorno, possono darvi sollievo sia per i dolori uterini sia per i problemi di gonfiore. Camminando infatti farete fluire meglio il sangue, permettendo al vostro corpo di non accumulare troppa ritenzione. Anche le vostre mani ed i vostri piedi troveranno giovamento da una circolazione attiva!

Un altro rimedio “naturale” contro i dolori da gravidanza è quello di concedersi una lunga doccia o bagno caldo. Il calore aiuterà i vostri vasi a dilatarsi facendo circolare meglio il sangue, vi sentirete più leggere, più sgonfie e più forti (e sarete più disposte a sopportare qualche dolorino). Inoltre il calore aiuterà i legamenti ed i vostri muscoli del bacino anteriore.

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Conservazione del cordone ombelicale: sfatiamo i falsi miti

Il dibattito su conservazione cellule staminali, donazione pubblica o conservazione privata , si è fatto sempre più acceso negli ultimi anni: capita spesso di leggere sui giornali o seguire in televisione interventi in cui si sostengono le tesi più disparate sull’utilità di una o dell’altra opzione. Quello che sembra mancare è la chiarezza dell’informazione, necessaria affinché le famiglie possano prendere una decisione in piena consapevolezza.

cellule staminali

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Il sangue cordonale, ricco di cellule staminali, rappresenta un patrimonio biologico di importanza straordinaria. Queste cellule, infatti, sono capaci di generare altre cellule e di differenziarsi e proliferare nei tessuti in cui vengono impiantate. Esse possono essere raccolte al momento della nascita e donate al settore pubblico oppure conservate privatamente. La scelta tra queste due possibilità è motivata da convinzioni personali, e per questo insindacabili, ma è bene cercare di sfatare i “falsi miti” che spesso circondano la conservazione privata.

Innanzitutto, si dice che le banche private offrano come unica possibilità la conservazione “autologa”: una convinzione errata in quanto, mentre la conservazione può essere pubblica o privata, è il trapianto a definirsi “autologo” – se effettuato sullo stesso donatore – o “eterologo”- su un soggetto terzo, in particolare un familiare (trapianto “allogenico familiare”).1 Il sangue cordonale conservato nelle banche private può essere messo a disposizione sia dell’individuo da cui è stato prelevato, sia, ad esempio, di un fratello che ne abbia bisogno: in effetti, la maggior parte delle applicazioni cliniche delle staminali cordonali conservate privatamente riguarda un trapianto allogenico familiare.

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Un altro aspetto da sottolineare riguarda l’utilità del trapianto “autologo”: nonostante vi sia chi sostiene che non abbia efficacia, il Ministero della Sanità ha pubblicato un decreto ministeriale2 nel quale favorisce la conservazione per uso autologo delle staminali cordonali in quelle famiglie in cui sono presenti rischi di trasmissione di patologie per via genetica3. Inoltre, il trapianto autologo presenta meno complicazioni a causa dell’assenza di rischi di rigetto4.

Per quanto riguarda il sistema pubblico di donazione non si fa quasi mai cenno ai limiti e ai disservizi che lo caratterizzano. Infatti, a differenza delle banche private che garantiscono la raccolta delle staminali in qualunque momento del giorno e 7 giorni su 7, la raccolta per la donazione avviene solo in alcuni ospedali e non è garantita durante le ventiquattr’ore5.

Un altro punto da evidenziare è l’assenza di certificazioni di qualità per la maggior parte delle banche pubbliche. Molte banche private, invece, possiedono la certificazione GMP (Good Manufacturing Practice), che garantisce il rispetto di elevati standard di qualità. Si dovrebbe pertanto cercare di valutare la serietà delle banche private in base a dei dati fattuali, e non sulla scia di convinzioni errate o di falsi miti.

Dunque, più che concentrare il dibattito su quale sia la scelta migliore tra la conservazione privata e la donazione, bisognerebbe, da un lato, migliorare la qualità dei servizi che vengono proposti affinché si riducano al minimo gli sprechi (in Italia, oltre il 95% dei cordoni ombelicali viene gettato – fonte ADUC), e, dall’altro, informare le famiglie sullo stato attuale delle cose, così che possano prendere una decisione in piena consapevolezza.

Note

1. Si invita a visionare il grafico di riferimento cliccando qui.

2. Decreto Ministeriale 18 novembre 2009 “Disposizioni in materia di conservazione di cellule staminali da sangue del cordone ombelicale per uso autologo-dedicato”. 3. Si invita a scaricare l’elenco delle 80 malattie per cui le staminali sono in uso corrente cliccando qui.

4. Francese R, Fiorina P. Immunological and regenerative properties of cord blood stem cells. Clin Immunol 136:309–322, (2010).

5. Come riportato dalla Società Italiana Di Ginecologia e Ostetricia (SIGO) circa il 70% dei campioni raccolti da strutture pubbliche e destinati alla donazione, addirittura il 79% nel 2010, vengono gettati (fonte ADOCES).

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Staminali del cordone ombelicale: perché è utile conservarle

Sempre più frequentemente, alla radio, in tv o sui giornali, si sente parlare di conservazione cellule staminali cordonali al momento del parto e dell’importanza che queste microscopiche unità rivestono in campo clinico. Quali sono, allora, le caratteristiche che le rendono così speciali e come vengono in aiuto alla moderna medicina?

cordone ombelicale

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Partiamo dalle origini. All’interno del sangue presente nella vena cordonale, si trova sospesa una popolazione eterogenea di cellule staminali, le staminali cordonali appunto, che gli esperti hanno classificato in quattro diversi gruppi. Abbiamo dunque le staminali cordonali simil-embrionali, in grado di originare le cellule dell’intestino, del derma e del midollo spinale, ma anche le cordonali mesenchimali, che possono generare le cellule del tessuto osseo, cartilagineo, adiposo e nervoso, infine quelle cordonali ematopoietiche, che – come si intuisce dal nome – differenziano in cellule del sangue e del midollo e le cordonali progenitrici endoteliali che originano le cellule costitutive dei vasi sanguigni1.

Proprio la loro grande capacità proliferativa e differenziativa le rende in grado di rigenerare e riparare gli organi e i tessuti danneggiati del nostro organismo che altrimenti andrebbero sostituiti. Da qui la rilevanza che rivestono in ambito medico, soprattutto nel campo della medica rigenerativa. A tal proposito va però specificato che, nell’ambito della rigenerazione, solo un trapianto con cellule provenienti dal paziente stesso (autologo) offre un’elevata probabilità di successo: un’operazione con cellule provenienti da un altro soggetto (trapianto allogenico) può dare luogo al cosiddetto fenomeno del rigetto.

Anche in questo ultimo caso, tuttavia, è comunque meglio utilizzare cellule staminali cordonali, invece di staminali presenti in altri organi dell’individuo adulto, perché grazie alla loro immaturità “immunologica”1,2 vengono rigettate meno facilmente.

[sws_related_postright showpost=”2″] [/sws_related_postright] Per ulteriori informazioni: www.sorgente.com 

Note bibliografiche

1. Francese, R. and P. Fiorina, Immunological and regenerative properties of cord blood stem cells. Clin Immunol, 2010. 136(3): p. 309-22.

2. Harris, D.T., Non-haematological uses of cord blood stem cells. Br J Haematol, 2009. 147(2): p. 177-84

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Donazione o conservazione. Quale scelta?

Numerosi studi scientifici dimostrano il valore delle cellule staminali in ambito clinico per il trattamento di numerose patologie. Ogni famiglia si trova a poter scegliere tra donazione cordone ombelicale o la sua conservazione.

Foto 1 (3)

[sws_related_postleft showpost=”3″] [/sws_related_postleft] Le cellule staminali del cordone ombelicale possono essere conservate privatamente oppure donate al sistema pubblico nazionale. E’ giusto che i neogenitori siano al corrente delle differenze delle due realtà proposte, così da compiere una scelta ragionata e consapevole.

Decidere per la donazione al sistema pubblico, significa mettere a disposizione le cellule staminali raccolte dal cordone ombelicale del proprio figlio e, di conseguenza, perderne la proprietà. Il campione sarà conservato in una delle strutture pubbliche presenti sul territorio nazionale e potrà essere usato nel caso in cui ci sia compatibilità nel corso di trapianti allogenici. L’unica eccezione predisposta dal Ministero della Salute1 è il caso in cui ci siano rischi di patologie di origine genetica per il nuovo nato. Solo in questo caso, la famiglia può decidere per la conservazione dedicata ad uso autologo.

[sws_related_postright showpost=”2″] [/sws_related_postright]

In Italia abbiamo ben 19 biobanche pubbliche, che corrispondono al 10% delle strutture a livello mondiale. Nonostante ciò, i dati riportati dal CNS (Centro Nazionale Sangue) dimostrano che il numero di campioni registrati sia ancora molto basso. Qualche numero: nel 2011, 22.166 unità di sangue cordonale sono state prelevate, ma ne sono state conservate solamente 3.1422, a dispetto di un numero di nascite pari a circa 550mila3. Questo dimostra che la donazione non è un servizio garantito, che anzi la gran parte dei cordoni ombelicali continua a finire tra i rifiuti organici.

C’è però un’altra via possibile, quella della conservazione privata. In questo caso le cellule prelevate vengono crioconservate in bio-banche progettate appositamente e il campione rimane di proprietà della famiglia. Questa può usufruirne immediatamente qualora sopraggiunga la necessità.

Il Decreto Ministeriale del 18 Novembre 2009 stabilisce che la conservazione privata possa essere effettuata solamente in bio-banche estere. In questo modo, le cellule staminali possono essere utilizzate per effettuare trapianti autologhi (operazione nella quale le cellule vengono infuse nella stessa persona che le ha generate), oppure allogenici intra-familiari (un membro della famiglia del donatore riceve le staminali cordonali). Più stretta è la parentela, maggiore sarà la possibilità che ci sia compatibilità: fino al 50% con i genitori e fino al 25% con fratelli e sorelle.

La qualità del servizio offerto dalle banche private non è inferiore a quella delle banche pubbliche, anzi. Ci sono state e continuano ad essere effettuati trapianti che danno luogo in molti casi a risultati positivi.

Qui di seguito qualche ‘caso esempio’. Una bambina affetta da leucemia linfoblastica acuta all’età di tre anni è stata sottoposta al trapianto autologo di staminali del cordone ombelicale. La terapia ha portato da subito effetti positivi e oggi, a distanza di più di sei anni dall’intervento, la bimba è sana e può vivere una vita normale3. Il caso di Jan invece è un esempio di successo di trapianti intra-familiari: affetto da anemia aplastica, grazie alle cellule sane del fratellino ora può trascorrere un’infanzia serena.4

Sia la conservazione privata che la donazione pubblica sono strade meritevoli, ma purtroppo spesso vengono messe in contrapposizione creando competizioni e rivalità, quando invece ci sarebbe bisogno di lavorare con serenità insieme per un obiettivo comune: interrompere lo spreco di una risorsa tanto preziosa come le cellule staminali del cordone ombelicale e arrivare a migliorare ogni giorno l’efficienza del servizio offerto alle famiglie.

Note:

1. Decreto Ministeriale 18 novembre 2009 “Disposizioni in materia di conservazione di cellule staminali da sangue del cordone ombelicale per uso autologo-dedicato”.

2. Report 2011 riportato dal CNS.

3. Dati Istat.

4. Clicca qui per scaricare il documento.

5. Clicca qui per scaricare il documento.

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Cellule staminali cordonali: un aiuto importante in campo terapeutico

La conservazione cordone ombelicale, o più precisamente delle cellule staminali contenute all’interno del sangue cordonale, è una questione all’ordine del giorno, non solo al centro del dibattito mediatico ma anche di grande importanza dal punto di vista medico.

Man embracing pregnant woman

Sono, infatti, tantissimi gli studiosi in tutto il mondo che indagano le potenzialità di tali cellule in campo terapeutico, compiendo, giorno dopo giorno, innumerevoli passi avanti. Facciamo dunque una panoramica dei più recenti avanzamenti realizzati in questo campo.

[sws_related_postleft showpost=”3″] [/sws_related_postleft] In primo luogo, risultati positivi sono stati ottenuti nel trattamento di malattie onco-ematologiche, come la leucemia linfoblastica acuta e l’anemia aplastica severa. Il primo caso di trapianto autologo con staminali cordonali in questo campo è stato effettuato nel 2007 su una bimba di 3 anni affetta appunto da leucemia linfoblastica acuta. La terapia ha dato i suoi frutti: a un anno dal trapianto i valori ematici della piccola erano tornati normali e dopo 2 anni non vi era stato alcun segno di ricaduta1. Successivamente, nel 2011, sono stati pubblicati i risultati di un altro studio che mette ancora una volta in luce l’importanza delle staminali cordonali: tre pazienti affetti da anemia aplastica severa sono stati sottoposti, prima a una terapia immunosoppressiva, poi a trapianto autologo con le suddette cellule; rispettivamente per quasi 5 anni, per oltre 3 anni e per 17 mesi, i soggetti sotto analisi sono rimasti liberi dalla malattia.
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E l’efficacia delle staminali cordonali è stata anche testata sui disordini neurologici, come la paralisi cerebrale. È attualmente in corso un’analisi che valuta gli effetti terapeutici mediante trapianti autologhi su 184 bambini che presentano problematiche di questo tipo. Il trattamento finora non ha generato alcuna reazione avversa nei giovani pazienti, sottolineando la sicurezza della terapia2.

Infine, è stato studiato l’effetto di trapianti allogenici con staminali cordonali per trattare l’emorragia alveolare diffusa, una complicanza molto grave e rara del lupus sistemico eritematoso: i quattro soggetti colpiti da questa patologia, in seguito al trattamento, hanno visto il loro quadro clinico migliorare. A un mese dall’operazione i livelli di ossigeno nel sangue si erano normalizzati e dopo sei mesi anche quelli di emoglobina avevano raggiunto la normalità3.

Diversi esempi a testimonianza del grande valore delle staminali presenti nel cordone ombelicale del nascituro, una risorsa preziosa che può contribuire a migliorare le condizioni di salute di un numero sempre maggiore di pazienti.

Per maggiori informazioni: www.sorgente.com

Note:

1. Hayani A, Lampeter E, Viswanatha D, Morgan D, Salvi SN: First report of autologous cord blood transplantation in the treatment of a child with leukemia. Pediatrics 119:e296-300, 2007

2. Sun J, Allison J, McLaughlin C, Sledge L, Waters-Pick B, Wease S, Kurtzberg J: Differences in quality between privately and publicly banked umbilical cord blood units: a pilot study of autologous cord blood infusion in children with acquired neurologic disorders. Transfusion 50:1980-1987 3. Clinical Rheumathology

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Postmenopausa,niente piu calcio e vitamina D

Sono diversi gli studi e le ricerche mediche rivolte a capire possibili interazioni tra una supplementazione e la fase del postmenopausa, quel periodo della vita  successivo alla menopausa.

postmenopausa

 

La USPSTF (Preventive Services Task Force) un gruppo statunitense indipendente di esperti che si occupa in particolar modo di prevenzione, ha terminato una ricerca dalla quale si evince che non c’è vantaggio nel sottoporre una supplementazione di Vitamina D e calcio.

[sws_related_postleft showpost=”3″] [/sws_related_postleft]

Lo studio in particolare, era rivolto nel comprendere se tali sostanze potessero essere importanti per la prevenzione di possibili fratture ossee giacchè, in questa specifica fase della vita di un essere umano, sono piuttosto frequenti.

La ricerca effettuata dai sedici esperti americani della USPSTF, ha concluso che la supplementazione di calcio e Vitamina D non aiuta in tale senso, o per le meno non ci sono evidenze che lasciano pensare ad un collegamento. Tuttavia, lo studio ha evidenziato come non solo tale pratica non porti vantaggi sotto tale punto di vista bensì addirittura comporti degli scompensi a soggetti di genere femminile che si trovano in tale fase della vita.

Questo risultato che fino ad oggi era piuttosto impensabile, ha dato modo di arrivare addirittura a presuppore l’utilità di vietare questa doppia supllementazione. [sws_related_postright showpost=”2″] [/sws_related_postright] Non a caso i membri della USPSTF hanno pubblicato un proprio parere su questo aspetto su una importante rivista che si occupa di medicina, invitando tutti i medici nel valutare con maggiore attenzione la prescrizione di una supplementazione, basandosi non solo su dati statistici generale bensì operando un analisi molto specifica del particolare caso. Entrando nel merito dell’articolo che porta la firma della dottoressa A. Moyer del Baylor College of Medicine della citta di Houston, si capisce che durante la ricerca incrociando i dati ottenuti e che portavano in conto varie situazioni, è emerso che non ci sono corrispondenze nella prevenzione delle fratture ossee con la doppia supplementazione sia della Vitamina D che del calcio e come valga lo stesso anche per la sola Vitamina D.

La cosa che invece deve far riflette è che su un campione di oltre 36 mila donne, dopo la suddetta doppia supplementazione si sia riscontrato un certo incremento del rischio di arrivare ad una nefrolitiasi ed ossia al calcolosi renale che altro non è che una infiammazione delle vie urinali.

Questo aspetto porta quindi a sconsigliare la supplementazione di Vitamina D e calcio nelle donne che si trovano in postmenopausa.

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Con fecondazione assistita parto gemellare più rischioso

Negli ultimi due decenni è stato stimato che i parti gemellari, in rapporto ai parti singoli, sono duplicati.

La stessa tendenza è stata rilevata anche nella crescita della pratica del taglio cesareo.
Non c’è una vera e propria ereditarietà nelle cause delle gravidanze gemellari, ma un fattore che concorre in maniera incisiva al parto plurimo è l’aumento dell’età.

parti-gemellari

[sws_related_postleft showpost=”3″] [/sws_related_postleft]È stato stimato, infatti, che in un concepimento sotto i 25 anni le probabilità di gemelli sono la metà rispetto ad una età superiore ai 35, percentuale che raddoppia sopra i 50 anni.
Un altro motivo che incide su questi dati sono le cure per la fertilità e il concepimento in vitro. In caso di parto gemellare conseguente ad una fecondazione assistita, le cautele e la prudenza devono essere maggiori in quanto ci sono rischi maggiori sia per la mamma che per i feti. Rischi che aumentano in modo esponenziale in caso di parto trigemino.
L’annoso dibattito sulla procreazione assistita è stato regolamentato in Italia dalla Legge 40 del 19 febbraio 2004 che, nonostante le diverse contestazioni, ha limitato il flusso delle coppie disperate verso l’estero che spesso hanno comportato esperienze negative in centri non adeguati o a causa di personale non competente.
[sws_related_postright showpost=”2″] [/sws_related_postright] Stando ai dati registrati da uno studio sulla riproduzione assistita condotto presso l’Ospedale Universitario di Göteborg, in Svezia, è emerso che nei casi di trasferimento multiplo di embrioni su un campione di donne che si è sottoposta al trattamento negli anni dal 2002 al 2006, 921 hanno avuto parti doppi ma distinti, mentre 991 sono stati parti gemellari. Tra questi il 47% non è arrivato al termine delle 40 settimane, con un 39% di neonati sotto peso. Nei parti singoli, invece, i prematuri sono solo il 7%, con un’incidenza di bambini con basso peso solo del 5%.
Inoltre, la ricerca ha evidenziato che il parto gemellare comporta più rischi in termini di sepsi, gestosi, ittero e complicanze respiratorie e da taglio cesareo.
Ne emerge quindi una diffusa preferenza da parte dei ricercatori dello staff svedese per impianti singoli di embrione anche se le probabilità di concepimento sono inferiori, a costo di fallimenti e di nuovi tentativi anche per successive gestazioni.
In Italia molti centri per la procreazione offrono l’alternativa di congelare gli embrioni eccedenti nella prospettiva di una nuova gravidanza.

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L’effetto protettivo dell’acido folico in gravidanza

Sebbene non se ne conoscano ancora le cause, un recente studio medico – scientifico ha evidenziato che l’assunzione di integratori a base di acido folico da parte della donne durante la gravidanza, possa essere un valido aiuto per la diminuzione delle possibilità di comparsa di autismo.

acido folico gravidanza

[sws_related_postleft showpost=”4″] [/sws_related_postleft] L’acido folico conosciuto anche come vitamina M o B9, è presente nei cereali, nel fegato, nel lievito di birra ed in alcuni ortaggi come gli spinaci. Insomma una sostanza piuttosto comune e che sembra essere di grande aiuto, in quella che può essere considerata una sorta di prevenzione nei confronti dell’autismo.

Entrando nel merito dello studio scientifico, esso è stato effettuato su un campione di oltre 85 mila bambini nati tra il 2002 ed il 2008. I test sono stati eseguiti nel mese di marzo 2012 ed ossia quando i bambini avevano una età che andava da un minimo di 3,3 anni fino ad un massimo di 10,2 anni, il che vuol dire una media di età anagrafica pari a 6,4 anni.

È importante sottolineare che le madri hanno assunto integratori a base di acido folico tra la quarta settimana di gravidanza fino all’ottava settimana. I risultati sono stati piuttosto sorprendenti. Il dato assoluto riporta che su un totale di oltre 85 mila bambini in 114 casi si è dovuto constare la presenza di problemi di tipo autistico, in 56 casi è stata diagnostica la sindrome di Asperger e in 100 casi si sono evidenziati dei disturbi piuttosto generici che non sono stati catalogati dai ricercatori. [sws_related_postright showpost=”4″] [/sws_related_postright] Il dato relativo è senza dubbio quello più interessate in quanto, mentre la percentuale di casi di autismo per bambini nati da madri che non hanno ingerito integratori a base di acido folico durante la suddetta fase della gravidanza è pari allo 0,21%, quella dei bambini le cui madri che hanno assunto acido folico si abbassa fino allo 0,10%, ed ossia viene più che dimezzata.

Lo studio ha evidenziato inoltre, che non c’è nessuna corrispondenza tra l’acido folico e la sindrome di Asperger o altre disfunzioni e che l’utilizzo di integratori a base di olio di pesce, altro alimento messo sotto il focus della ricerca, durante la gravidanza non presenta nessun significativo risultato in tal senso.
Lo studio è stato curato dal professor Pal Saren in collaborazione con altri esponenti dell’Istituto di Sanità Pubblica di Oslo ed è stato pubblicato sull’autorevole rivista medica americana Jama. Lo stesso professore Saren commentando il risultato riscontrato in questo importante studio, ha evidenziato come senza dubbio, fino all’ottava settimana di gravidanza l’assunzione di integratori a base di acido folico sia una cosa molto utile e che fa bene, ma allo stesso modo la sua efficacia nei confronti dell’autismo non può essere considerata cosa certa in quanto c’è da tenere in considerazione l’effetto casualità che si è potuto riscontrare durante lo studio e che essendo tale è impossibile da quantificare.
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