Dolore fianco destro alto quando respiro

Cosa si intende per dolore al fianco alto destro

La zona di localizzazione di questo specifico sintomo è più o meno al livello del fegato. Il dolore si concentra sulla parte laterale alta del torace, a destra, e tende ad espandersi verso l’alto, interessando anche il collo e la mascella. In alcuni casi si estende, alla stessa altezza, anche alla schiena.

Dolore intercostale: fa paura ma non deve mai allarmare

La zona delle costole è ricoperta da uno spesso strato di tessuto connettivo, costituito principalmente da muscolo. Non è insolito che si infiammi o si strappi, provocando un dolore talmente forte da farlo definire “da togliere il fiato”. In effetti, moltissimi sospetti infarti, soprattutto nei giovani, finiscono per dimostrare di essere semplicemente dei dolori intercostali particolarmente intensi. Le cause del dolore intercostale sono:

– postura errata: spesso le fitte insorgono dopo molte ore passate alla scrivania, davanti al pc o sdraiati in una posizione innaturale
– movimenti fisici scorretti: come tutti gli strappi muscolari, anche quelli del tessuto intercostale possono essere causati da uno sforzo oltre i propri limiti o da un esercizio fisico svolto male
– attività sportiva eccessiva: soprattutto se si è poco allenati, o si è neofiti della palestra, sollevare pesi troppo grandi per le proprie capacità o dilettarsi in allenamenti da professionisti può infiammare i muscoli intercostali e farli dolere

Le caratteristiche del dolore intercostale sono, per chi le prova, spesso spaventose perché, a tutti gli effetti, ricordano i sintomi di un infarto:

– il dolore insorge improvvisamente, anche se si è a riposo
– il dolore è di tipo trafittivo, sembra che si sia trapassati da una spada, è acuto e può essere molto violento
– il dolore è talmente intenso da togliere il fiato e limitare l’atto respiratorio
– il dolore continua, con la stessa intensità, per diversi minuti

C’è un metodo infallibile, però, per auto-diagnosticare il dolore intercostale ed archiviare l’evento come non preoccupante: se cambiando posizione e sforzandosi di mettersi in piedi, dritti, con le braccia sollevate che spingono verso l’alto, il dolore diminuisce e passa del tutto, la questione è risolta. C’è da dire che, soprattutto se il muscolo è infiammato, il dolore può ripresentarsi. La caratteristica fondamentale che distingue il dolore intercostale da cose più gravi è il fatto che, nel giro di pochi minuti e cambiando posizione, sparisce del tutto.

Quando consultare il proprio medico di base e perché, se fa male il fianco destro mentre si respira

Esistono cause un po’ più serie che possono provocare dolore al lato destro del torace. In questi casi, però, le caratteristiche del fastidio sono decisamente diverse. Se si sente un dolore sordo, sopportabile ma costante e fastidioso, che peggiora durante la respirazione profonda, le cause possono essere:

– un’infezione particolarmente aggressiva a livello bronco-polmonare: bronchite, polmonite, broncopolmonite o pleurite. Soprattutto se il dolore è associato a stanchezza, febbriciattola o febbre alta, incremento della sudorazione e malessere generale. In questo caso è bene sentire il proprio medico di base, che prescriverà la cura antibiotica adatta
– problemi digestivi e reflusso esofageo: quando si ha in corso un’indigestione o un blocco digestivo o quando si soffre di reflusso acido, in alcuni casi si può avvertire dolore all’altezza del fegato. Solitamente vi si associano sintomi come eruttazioni acide, rigurgito acido che può arrivare fino in bocca, bruciore alla gola, stomaco ed addome gonfi. Il dolore tende a calmarsi ed a sparire contestualmente con la fine degli altri sintomi, che segnalano la conclusione della digestione. È importante segnalare questa situazione al proprio medico: a volte, questi problemi nascondono delle ulcere duodenali o infezioni da helicobacter pilori
– calcoli della cistifellea: se il dolore è sordo e costante, non peggiora ma non migliora, è possibile che sia causato da calcoli della cistifellea. Anche in questo caso è necessario confrontarsi col proprio medico, che indagherà a fondo

Quando recarsi immediatamente al pronto soccorso

Se, improvvisamente, compare un forte dolore al fianco superiore destro, che peggiora con la respirazione o la rende estremamente difficoltosa, che tende a diventare più forte e non accenna a calmarsi entro qualche minuto, è necessario recarsi al pronto soccorso per gli accertamenti del caso. Soprattutto se compaiono anche tosse ed emottisi. Le cause scatenanti di un simile evento sono, infatti, possibili spie di embolia polmonare o trombosi a livello dei polmoni.

Dolore al petto lato destro sotto il seno

Dolore sotto al seno: se è un dolore intercostale si può stare tranquilli
Il dolore intercostale è un evento, quasi sempre acuto, che spaventa molto chi lo prova. Si tratta, infatti, di un dolore di tipo trafittivo, che insorge improvvisamente e può essere talmente forte da far urlare, piegare su se stesso e smettere di respirare per qualche secondo chi lo prova. Questo succede quando il tessuto muscolare che ricopre e protegge la gabbia toracica si infiamma o si strappa.

Le cause per le quali può accadere sono, tendenzialmente, le stesse che provocano fastidi ad altri muscoli:

– postura errata: stare seduti per molte ore in una posizione scorretta, dormire male o scomodi, assumere posture innaturali. A volte anche stare in piedi molte ore con i tacchi alti può infiammare i nervi della schiena e provocare la conseguente infiammazione dei muscoli costali
– l’esecuzione di un movimento scorretto: sollevare un peso in maniera non corretta, eseguire un esercizio ginnico troppo difficile per la propria preparazione o, semplicemente, fare un movimento volontario o involontario violento, che coinvolge i muscoli del torace

Per capire se il dolore, per quanto forte, è un banale evento intercostale o se si devono prendere provvedimenti, basta analizzare come si comporta. Se è molto forte ed intenso ma sparisce da solo nel giro di pochi minuti o semplicemente cambiando posizione, solitamente è segno che non ci si deve preoccupare. In caso di muscolo infiammato, l’evento può ripetersi nei giorni successivi: se si tratta di dolore intercostale sarà sempre meno forte e passerà sempre più velocemente, fino a sparire del tutto.

Bisogna recarsi dal proprio medico di base se si accusano questi sintomi:

– il dolore è sordo e si acuisce quando si fa un respiro profondo: non passa mai del tutto ma a riposo è sopportabile, durante l’atto respiratorio diventa acuto e trafittivo
– il dolore è sordo, non migliora né peggiora ed è presente da almeno un giorno
– il dolore sordo si abbina ad altri sintomi quali: debolezza, carenza dell’appetito, febbre, sudorazione, tosse o sindrome influenzale

Il dolore sotto al seno in gravidanza

Durante la gestazione, soprattutto se è avanzata o se si è accumulato molto peso, è frequentissimo soffrire di dolori intercostali. Il pancione, infatti, premendo contro le costole, sottopone i muscoli intercostali a continue frizioni e contrazioni. In ogni caso, quando si avvertono forti dolori e si è incinte, è sempre consigliabile chiedere un parere al proprio ginecologo o recarsi al pronto soccorso per i controlli del caso.

Quando il dolore sotto al seno è correlato alla digestione

A volte, i disturbi della digestione possono scatenare dolori nella zona alta del fianco, precisamente sotto il seno. In questo caso il dolore può essere acuto o sordo, a seconda del problema che lo causa. Alcune patologie che scatenano dolore al fianco sono:
– blocco digestivo ed indigestione: oltre al dolore si avvertono i classici sintomi della cattiva digestione
– reflusso gastroesofageo: compare soprattutto da sdraiati e dopo mangiato, si abbina a nausea, reflusso e rigurgito acido
– pancreatite: un’infiammazione del pancreas
– ulcere

In questi casi, il dolore tende a restare costante e, a volte, a peggiorare. È bene consultare il proprio medico, descrivendogli dettagliatamente il tipo di dolore e i sintomi correlati.

Dente che pulsa dopo devitalizzazione

Molto spesso si crede che un dente devitalizzato non dovrebbe far male o pulsare, tuttavia questo non è esattamente vero, soprattutto se l’operazione è stata fatta da pochi giorni. Infatti, appena compiuta la devitalizzazione, si può provare dolore quando il dente è sottoposto a pressione. Ciò avviene anche se l’operazione è stata portata a termine correttamente e senza problemi. Di conseguenza masticare sopra al dente devitalizzato può provocare fastidio.
Le pulsazioni e la sensazione dolorosa sono causati dalla forte infiammazione che, a seguito del trattamento endodontico, interessa i tessuti intorno alla radice del dente. Infatti il trattamento canalare per la devitalizzazione comprende operazioni di sagomatura e detersione, che possono essere seguite dall’otturazione con eventuale estrusione di cemento. L’infiammazione dura da poche ore ad alcuni giorni e può essere attenuata assumendo un semplice antinfiammatorio. Comunque si consiglia di avvertire il paziente della possibilità che il dente devitalizzato possa provocare disagio nei primi 2-3 giorni post-trattamento.
Se il dente pulsa dopo la devitalizzazione, è bene sottoporsi a una visita di controllo, soprattutto quando il dolore al dente persiste e non scompare dopo un paio di giorni. In questo caso si tratta di un sintomo di interferenza occlusale provocata da un precontatto. Si verifica quando l’otturazione è troppo alta in un punto del dente devitalizzato e così si irrita il tessuto periapicale. In genere basta ritoccare l’otturazione per eliminare il problema e, di conseguenza, il dolore. Inoltre bisogna tenere a mente che il dolore può essere provocato da una risposta batterica dovuta alla devitalizzazione di un dente infetto. L’infezione dei tessuti periapicali provoca una pulsazione dolorosa del dente e dei tessuti intorno alla radice; inoltre il gonfiore può essere aggravato dalla masticazione. Quindi è opportuno sottoporsi a una terapia antibiotica sotto controllo del dentista. Per limitare i danni il dolore si consiglia di evitare cibi e bevande con alto contenuto di zuccheri e consumare gli alimenti tiepidi.

Dolore mandibola sinistra e collo

Il dolore alla mascella è un disturbo che ultimamente colpisce sempre più persone e i motivi possono essere sottostante. A seconda del motivo il dolore può essere acuto o cronico, comparire gradualmente oppure improvvisamente. Il dolore nella regione della mandibola sinistra e collo può essere abbastanza sordo oppure molto intenso, tanto da rendere difficile le operazioni di alimentazione. Tra le cause più comuni del dolore della mandibola sinistra e collo è lo stress a carico della pressione sulla zona. Ciononostante è possibile che il dolore di questo tipo sia anche segno di altre patologie e disturbi. Il dolore potrebbe essere causato da condizioni più gravi (nevralgie, infezioni e teumatoidi) o quelle più lievi (come il digrignamento dei denti). Spesso il dolore alla mandibola sinistra e collo viene considerato un primo segnale d’allarme nel caso di attacco cardiaco ingente.

Il dolore nella zona tra mandibola sinistra e collo può avere alcuni sintomi, relativi alla condizione patologica, alla malattia o al disturbo sottostante. Inoltre il dolore può espandersi o concentrarsi in un unico punto a seconda di diversi altri fattori. Non è un affatto un segreto che la condizione, la malattia o il disturbo sottostanti possono interessare anche altri sistemi del corpo. Alcuni tra i più comuni sintomi che accompagnano il dolore alla mandibola sinistra e collo sono:

-Febbre;
-Frequenti capogiri;
-Stanchezza nella regione facciale;
-Mal di testa permanente;
-Funzionalità limitate della bocca;
-Dolore, acuto o cronico, nella zona del collo sinistro;
-Gonfiore nella zona;
-Mal di denti;
-Intorpidimento della lingua.

In molti casi il dolore alla mandibola sinistra può presentarsi assieme ad altri sintomi che potrebbero indicare una condizione (o una serie di condizioni) di grave natura, come l’attacco di cuore citato precedentemente. Per questo non bisogna per nessun motivo sottovalutare l’importanza di questo dolore, credendolo secondario. Ci sono tutta una serie di sintomi che possono indicare l’insorgenza di una condizione grave ed estremamente grave. Fra questi troviamo:

-La difficoltà respiratoria;
-La difficoltà a deglutire;
-La mascella bloccata;
-La nausea e vomito;
-La sudorazione.

Come i sintomi, anche le cause del dolore alla mandibola sinistra e collo possono essere molteplici. Malattie, condizioni patologiche avverse, disturbi di vario genere già citati non rappresentano che una piccola parte di tutti i problemi che potrebbero causare il dolore. Senza dimenticarsi dei disordini articolari, spesso causati da condizioni patologiche permanenti. Inoltre il dolore al collo potrebbe provenire dall’età e dall’usura dell’articolazione, che a sua volta potrebbe scatenare la nevralgia e la reumatoide. Senza dimenticarsi del disallineamento mandibolare in seguito a un violento colpo, l’osteoartrite, l’osteomilelite, l’osteonecrosi, la lussazione mandibolare, l’artrite, la sinusite, l’ascesso dentale, la carie o il dente impattato. A tutte queste patologie si aggiungono condizioni patologiche di altra natura, come l’alveolite secca, la tiroidite e così via. In rari casi è possibile che il dolore alla mandibola sia sintomo di cancro orale. Motivo per cui in caso di questo sintomo si consiglia di recarsi tempestivamente da un medico per diagnosticare il problema e la sua causa. Apponendo una particolare attenzione sulle diverse caratteristiche del problema (la natura del dolore, quando è composto, se improvviso o graduale, se è limitante, se ci sono altri sintomi…) è possibile individuare con precisione la causa sottostante. Questo perché sono possibili le complicazioni che variano a seconda della causa sottostante. Queste complicazioni potrebbero portare alla malnutrizione con la conseguente carenza vitaminica e alla sostituzione della mandibola o di una parte della stessa.

Scrocchiare la schiena: fa male?

Una delle abitudini più frequenti di molte persone è quella di far scricchiolare le articolazioni. Far fare dei veri e propri scatti alle dita, alle ginocchia, al collo e alla schiena è più comune di quanto si pensi. Questa pratica generalmente viene usata per dare sollievo dopo molte ore di fissità posturale (per esempio per chi passa per motivi professionali molte ore alla guida o per chi lavora tutto il giorno al computer, o passa molte ore in piedi), o per risolvere stati di tensione articolare.
Far scricchiolare la schiena, o le altre articolazioni, è generalmente considerata una pratica dannosa che può portare a consumare precocemente le strutture cartilaginee fino a favorire l’insorgenza di artriti nel tempo.

La domanda quindi è: far scrisciollare la schiena fa bene o fa male?
La cavitazione articolare (questo è nome scientifico di questa pratica) dona una sensazione gradevole e di alleggerimento dalle tensioni che avvertiamo alla schiena, tuttavia la prima regola da osservare è che non bisogna esagerare facendo movimenti innaturali per la spina dorsale, dato che non è mai consigliato forzarne i limiti di mobilità.

Per la verità non vi sono molti studi in materia e la letteratura medica è ancora piuttosto carente in questo senso. Gli studi scientifici sui crack delle giunture sono iniziati negli Stati Uniti nel 1947, ma solo recentemente uno studio condotto da un team di ricercatori dell’Università dell’Alberta, in Canada, ha smentito l’orientamento secondo cui la cavitazione abbia effetti dannosi per le articolazioni.
Lo studio si è basato sull’osservazione delle strutture articolari sottoposte a cavitazione mediante la risonanza magnetica. A provocare il noto crack delle giunture sarebbero delle piccole bolle gassose che si formano tra gli interstizi delle giunture stesse, osservando che tra muscoli e tendini vi sono delle cavità nelle quali ristagna il liquido sinoviale, il lubrificante biologico delle nostre giunture.
Proprio nel liquido sinoviale si formano delle bolle di idrogeno e ossigeno derivanti dall’attrito e dalla compressione indotta dalle manovre che facciamo per indurre la cavitazione, e sarebbe l’esplosione di queste bolle a provocare il caratteristico rumore.
Secondo lo studio non vi sarebbero gravi conseguenze a carico della funzionalità articolare, né rischi particolari di andare incontro a fenomeni degenerativi o lesioni delle cartilagini.
Va osservato che probabilmente in certe condizioni, dovute a patologie concomitanti o a problemi metabolici, o ancora a particolari categorie professionali, o a eventi traumatici, la struttura delle cavità o la composizione del liquido sinovale può subire delle alterazioni. Questo si verifica per esempio con le borsiti.
Naturalmente, se il senso di fastidio che ci porta a far scricchiolare la schiena persistesse nonostante i ripetuti crack, e comunque nell’ipotesi di manifestazioni dolorose nonostante lo stretching, è d’obbligo ricorrere all’ortopedico o al fisioterapista per gli esami e i trattamenti del caso.

Movimenti dolci sono certamente indispensabili per praticare correttamente qualsiasi forma di stretching, che sia muscolare o articolare, per non rischiare lesioni o pericolose torsioni che possono portare a danni a carico della colonna.
Anche la pratica del cosiddetto “abbraccio dell’orso”, che prevede che un’altra persona ci cinga in un abbraccio vigoroso facendo scricchiolare la schiena, può comportare dei seri rischi di infortunio per costole e polmoni.
Il consiglio è quello di non esagerare nello far scricchiolare la schiena troppo spesso e di ascoltare sempre i segnali del proprio corpo.
Nel caso in cui i disagi siano dovuti a posture imposte dal lavoro, è bene imporsi una piccola pausa almeno ogni due ore per cambiare posizione, anche magari facendo due passi per sgranchire le gambe, riattivare la circolazione e praticare qualche allungamento in maniera dolce.
L’esercizio fisico praticato con regolarità è la migliore medicina per le nostre articolazioni, dato che con una funzione muscolare tonica anche i carichi di lavoro sulle articolazioni sono ripartiti in modo ottimale.
Molto meglio quindi praticare ginnastica dolce o discipline come il Tai Chi, piuttosto che stressare le articolazioni, specialmente la colonna vertebrale, visto che ancora non è del tutto chiaro se queste pratiche implicheranno un prezzo da pagare negli anni a venire.

Tutti i rimedi per il raffreddore forte nel neonato

Stiamo per entrare nel periodo invernale e, coi primi freddi, i neonati, per quanto li si possa proteggere, sono sempre a rischio raffreddore. Ecco come provare a combatterlo e cosa dovete sapere.

Sintomi

Il primissimo sintomo dell’arrivo del raffreddore è il naso chiuso, cui poi possono seguire il mal di gola, la febbre, la tosse e l’arrossamento degli occhi. Questo è dovuto principalmente al fatto che nei neonati il sistema immunitario non è ancora completamente formato, e quindi diventano più sensibili al virus del raffreddore, il quale si può trasmettere direttamente o indirettamente attraverso il contatto con saliva infetta. Se però, negli adulti, è qualcosa di solamente fastidioso e ampiamente sopportabile, nei neonati diventa un problema più importante.

Rimedi

Essendo un malanno che nel giro di qualche giorno se ne va di sua iniziativa, è bene che il piccolo non assuma alcun tipo di farmaco, a meno che non venga specificamente prescritto dal pediatra. Si possono, tuttavia, prendere degli accorgimenti per alleviare le sofferenze del bambino, ad esempio pulendo spesso il naso intasato, facendolo bere molto, sollevandogli la testa quando dorme o facendogli respirare aria carica di vapore.

Casi particolari

Nel momento in cui la febbre dovesse essere ancora alta dopo qualche giorno, oppure i sintomi quali tosse e mal di gola dovessero essere ancora visibili a distanza di una settimana, o ancora il bambino dovesse avere meno di tre mesi di vita, è altamente consigliabile portarlo dal pediatra il prima possibile, onde evitare disguidi e problemi di qualsivoglia natura. Tolti questi casi eccezionali, è assolutamente vietato proporre al bambino qualunque tipo di farmaco, dagli spray agli sciroppi, mentre è ben accetto il paracetamolo per una febbre superiore ai 38°, o l’uso di caramelle per lenire l’infiammazione alla gola.

Accorgimenti

Se per caso doveste invece accorgervi che il pargolo ha continui attacchi di starnuti, una lacrimazione continua agli occhi, niente febbre e un colore chiaro del muco, potrebbe trattarsi di allergia, e anche in questo caso è d’obbligo portarlo dal pediatra, che eventualmente vi prescriverà una visita da uno specialista del settore.

Conclusioni

Per quanto forte possa essere, il raffreddore non è assolutamente una malattia dalle conseguenze gravi. Sicuramente, se i sintomi sopra elencati dovessero persistere per più di qualche giorno, non dovete esitare a chiamare il/la pediatra, in quanto il rischio, seppur labile, di polmonite c’è, soprattutto finché i bambini sono ancora molto piccoli. Per il resto, diffidate dall’uso di medicinali se non strettamente necessario, e solo per le urgenze, ed evitate di preoccuparvi se vedete soffrire il vostro bambino: per quanto brutto, è solo una cosa passeggera, che lo aiuterà a rafforzarsi per quando diventerà più grande. Quello che potete fare, è cercare di alleviare un poco le sue sofferenze con alcuni, semplici rimedi casalinghi.

Come curare il raffreddore in un giorno

Quel piccolo fastidio di stagione chiamato raffreddore

Inizio di un’evoluzione più acuta, spesso determinata da virus e focolai batterici, oppure piccolo fenomeno legato alla stagionalità, il raffreddore è comunque un malanno non troppo debilitante ma a modo suo fastidioso.
Fazzoletti usa e getta sempre in mano, starnuti ripetuti, senso di affaticamento alle tempie, prurito nella zona della columella, la base del setto nasale proprio al centro delle due narici, a volte emicrania, sono tutti sintomi i quali, in assenza di tosse e febbre, significano una sola cosa: raffreddore, o, in termini strettamente medici, rinofaringite.
Solitamente il disturbo è causato da virus i quali difficilmente aggrediscono zone più interne della faringe, sino alle prime vie bronchiali, generalmente creano il loro focolaio di presenza proprio nei condotti aerei delle vie nasali causando i fenomeni e sintomi classici.
Nelle rinofaringiti più acute la sintomatologia può anche promulgarsi sino ai bronchi, coinvolgendo tutto il cavo nasale, la gola, determinando febbri da virus, quindi solitamente con picchi improvvisi e decorsi altalenanti, tossi e mal di gola acuto.
Per evitare tutto ciò, ai primi sintomi del raffreddore, occorre iniziare una strategia curativa con determinazione, aggredendo il virus anche senza farmaci.
Proprio per la loro essenza, il virus non è sensibile all’impiego di antibiotici che troppo spesso vengono somministrati dai medici di base a pazienti già alle prime fasi di manifestazione dei sintomi.
Se aggredito da subito, il raffreddore può essere gestito con i rimedi naturali, le nonne del millennio scorso ne sapevano molto più di tanti medici e le generazioni oggi adulte ben ricordano con quanta meticolosità intervenivano in soccorso di nipotini raffreddati.

I rimedi naturali sono un’importante strategia nelle prime fasi del raffreddore

Un’autodiagnosi precoce permette di focalizzare l’attenzione sui sintomi.
Riconoscendo la classica sintomatologia del raffreddore una prima strategia d’intervento naturale è rivolta su due distinti fronti: lenire il disagio e le nevralgie, l’eventuale febbre, il senso di bruciore nella gola e rinforzare il sistema immunitario.
Soprattutto nei raffreddori d’autunno, campanelli d’allarme stagionali rivolti all’imminente periodo freddo nel quale influenze endemiche e malattie stagionali d’origine batterica saranno all’ordine del giorno, il rinforzo vitaminico dell’organismo è una fonte di benessere e prevenzione.
Spremute d’arancia il mattino, frullati contenenti mele, agrumi, kiwi, banane e zuccheri naturali, sono il carburante necessario all’organismo per affrontare il periodo dei raffreddori rinforzato grazie agli apporti vitaminici.
Se è vero che la vitamina C, l’acido ascorbico, è un’ottima tutela stimolatrice del sistema immunitario, è anche vero che le vitamine nel loro complesso sono importanti congiuntamente. Ognuna di essa apporta benefici, globalmente sono un ‘piccolo esercito’ naturale pronto a prevenire e all’occorrenza coadiuvare l’organismo nella ripresa organica contro i rhinovirus, inoltre, hanno il potere di dare sollievo al cavo orale arrossato e infiammato fluidificando il muco nelle prime vie respiratorie.

Oltre i frullati e le spremute: i suffumigi

Se frullati e spremute sono il sollievo del mattino, ripetibili però anche durante la giornata, senza eccedere però in eccessivi apporti squilibrati di vitamine, la tecnica del suffumigio è antica e sempre efficace, un prototipo ante-litteram degli aerosol, balsamica e rinvigorente, indispensabile per espellere muco e sfiammare la gola.
Dopo avere portato a bollitura una pentola d’acqua, immergete nell’acqua calda erbe medicali e balsamiche (salvia, rosmarino) con alcun gocce di oli essenziali balsamici.
Create una sorta di campana con un telo pulito sotto alla quale respirerete i fumi, cercando di trovare la temperatura per voi ideale: all’inzio sarà difficile rimanere troppo tempo vicino all’acqua ancora bollente, respirando e rilassandosi grazie agli effluvi balsamici dei fumi.
Questo trattamento è antico ed efficace: sfiamma la gola, accelera l’espulsione del muco bronchiale, grazie al sudore aiuta ad espellere tossine dalla cute stimolando l’organismo ad una veloce auto-immunità.

Irritazioni da pannolino: rimedi

Le irritazioni da pannolino rappresentano uno dei più frequenti problemi dei bambini in età infantile. Si tratta di una patologia (dermatite da pannolino) che con il trascorrere degli anni colpisce una sempre più larga parte di neonati. Come risolvere il problema? Ecco alcuni rimedi.

Olio di oliva

Forse il rimedio più efficace nel caso di dermatite da pannolino è l’olio di oliva. Si tratta di un rimedio naturale in grado di diminuire il bruciore ed eliminare quasi completamente il prurito. In questo modo l’olio di oliva contribuisce a guarire la cute dall’irritazione.

La crema alla calendula

Se non si dispone di olio di oliva in casa, ma si ha la crema alla calendula, conviene utilizzarla per eliminare il fastidio e favorire la cicatrizzazione della zona. Non ne serve molta: basta qualche goccia di crema.

E l’olio di mandorle?

In pochi sanno che anche l’olio di mandorla ha delle proprietà benefiche importanti per la cura della cute più sensibile. Si può utilizzarlo per dei massaggi sulla pelle del piccolo. Come prima ne basta una piccola quantità, da mettere delicatamente sulla cute irritata.

Lavare con acqua pura

Se il vostro piccolo soffre di dermatite da pannolino è importante lavarlo con la sola acqua, senza utilizzare saponi e detergenti. Questo perché i prodotti chimici potrebbero peggiorare la situazione, irritando ancora di più la cute del piccolo.

È utile l’amido di mais?

Se la pelle del piccolo è arrossata, brucia e il bambino tende a grattarla spesso, bisogna lavarla con l’acqua e dopo l’asciugatura applicarci l’amido di mais. Si tratta di un ottimo rimedio anche alternativamente al talco. Inoltre si può sempre utilizzata una pasta all’ossido dello zinco, trovabile in una qualsiasi farmacia. Quest’ultimo rappresenta un rimedio di natura farmacologica utile per trattare le dermatiti da pannolino. La pasta dev’essere utilizzata a ogni cambio del pannolino finché il problema non viene risolto completamente.

Cambio pannolino

Fintanto che l’arrossamento della cute è provocato dal contatto del pannolino vecchio con la pelle, cambiare spesso pannolino può essere un ottimo modo per evitare che il problema aumenti. Inoltre così si evita che l’urina contatti con la pelle. Un’altra idea utile è quella di utilizzare unicamente i pannolini ecologici, in quanto sono composti da materiali molto diversi rispetto ai pannolini classici. Questi, difatti, vengono realizzati con sostanze meno irritanti e più naturali.

Tenere senza il pannolino

Un’altra alternativa è quella di far stare il bambino senza pannolino, specialmente se le dermatiti sono frequenti e molto evidenti. Tenere il bambino senza il pannolino almeno per qualche ora al giorno può essere un ottimo modo per permettere alla cute di riposare. Senza dimenticarsi di far bere il bambino quanto possibile di più, in modo da rendere l’urina meno concentrata (un fattore che dal canto suo contribuisce a creare un ambiente meno basico e quindi irritare di meno la pelle).

Tenere sotto controllo l’alimentazione

Se vi è un fattore che può in gran misura favorire la comparsa dell’arrossamento quella è sicuramente l’alimentazione. Troppo zucchero rischia di alterare la composizione idrico-salina dell’organismo rendendo così la pelle più predisposta verso la comparsa degli eritemi di questo genere. Per questo si consiglia di assumere solo cibi neutrali oppure zuccherati poco, oltre a tenere la zona costantemente pulita. Rimuovere lo sporco dal sederino del piccolo e lavarla solo con l’acqua aiuta a tenerla più idratata. Questo, dal canto suo, contribuisce a fornire al piccolo un senso di benessere maggiore e rallentare i processi di formazione dell’eritema.

Afte in bocca, cosa c’è da sapere

Che cosa sono le afte?

Le afte sono delle piccole ulcere, che riguardano la mucosa orale.
Queste piaghe sono di carattere non contagioso e sono assolutamente begnigne. Queste lesioni compaiono nella parte interna della bocca, delle labbra, delle guance e della gola. Talvolta si manifestano anche sulla lingua.
Le afte sono delle ferite poco profonde, che sono circondate da un alone di colore rosso. Nei giorni successivi alla loro comparsa, su quell’alone solitamente compare una bolla o una vescicola. Quando si avverte più dolore, inoltre, significa che la bolla si è trasformata in un’ulcera aperta, molto infiammabile e infettata.
Queste piaghe hanno poi un diametro che va dai 2 ai 5 millimetri e possono comparire singolarmente, oppure in gruppo.
Le ulcere della bocca sono molto differenti dalle vesciche che hanno come causa principale la febbre. Queste ultime sono delle lesioni molto contagiose, che spesso sono state originate dal virus dell’herpes simplex.

Quando compaiono?

E’ raro che le afte compaiano nel periodo infantile. Di solito queste lesioni sono molto comuni negli adolescenti, colpiscono soprattutto le donne e si presentano in un’età compresa tra i 20 e i 50 anni.
E’ curioso sapere che queste ulcere capitano in misura minore a chi fuma, in quanto, secondo alcuni studiosi, la nicotina deve avere qualche proprietà che non permette l’insorgere delle infezioni.

Quali sono i sintomi?

I sintomi più comuni di un’afta sono: bruciore, prurito, e un fastidioso formicolio. La comparsa delle afte può anche essere accompagnata da un rigonfiamento dei linfonodi vicini.

Quali sono le cause?

Le cause delle ulcere della bocca sono molteplici. Innanzitutto queste lesioni possono comparire in presenza di un sistema immunitario debilitato. Queste piaghe si manifestano a volte dopo un intervento odontoiatrico e possono essere anche la conseguenza di uno squilibrio ormonale concomitante al periodo delle mestruazioni.
Pure i cambiamenti nella flora dell’intestino, lo stress, la stanchezza e lo spazzolamento troppo forte dei denti causano le afte.
In alcuni casi queste ultime si presentano, poi, dopo aver usato dei prodotti per l’igiene della bocca che contengono sodio lauril solfato, per un’allergia ai batteri del nostro cavo orale, per una mancanza di alcune sostanze, come la vitamina B-12, il ferro e lo zinco, e se un individuo soffre di alcune intolleranze nei confronti del cioccolato, del caffè, delle fragole, delle uova e dell’ananas.
Inoltre certe malattie favoriscono la comparsa delle afte. Stiamo parlando ad esempio delle infiammazioni croniche che colpiscono l’intestino, della malattia di Behcet e dell’AIDS, che causa una soppressione del nostro sistema immunitario.

Che rimedi sono efficaci?

Queste formazioni ulcerose della bocca scompaiono da sole nel giro di una o al massimo due settimane, quindi delle volte non è necessario usare alcun tipo di farmaco. Per favorire la guarigione delle afte ci sono comunque diversi rimedi naturali. Si può ad esempio diluire un pò di sale in un bicchiere d’aqua e fare dei risciacqui nella parte in cui c’è la lesione per tre volte alla settimana. E’ possibile anche applicare un pò di bicarbonato di sodio sull’afta e dopo risciacquare con acqua fredda, stando attenti a non sfregare sulla ferita.
Altri rimedi naturali consistono dunque nell’applicare una bustina di tè bagnata sulla bolla, oppure nel prendere un batuffolo di cotone imbevuto con l’acqua ossigenata e metterlo sull’afta per tre volte al giorno.
Il ghiaccio e i colluttori sono consigliati, perchè hanno quindi il potere di alleviare il dolore causato dalle piaghe della bocca.
Le afte possono scomparire, applicando su di esse per due vole al giorno pure un pochino di yogurt o di idrossido di magnesio.
Per accellerare la guarigione sono consigliati anche alcuni farmaci in compresse, come il Benactiv gola e le caramelle Benagol.

Aria nella pancia in gravidanza: cause e rimedi

Il problema dell’aria nella pancia in gravidanza riguarda moltissime donne in attesa e va ad aggiungersi alla lista di disturbi più o meno fastidiosi che affliggono le donne in questo particolare periodo della loro vita, rendendolo senza dubbio meno idilliaco di quanto potrebbe apparire all’esterno.
Ma quali sono le cause dell’aerofagia?
E soprattutto, come è possibile combatterla in maniera efficace ma al tempo stesso naturale, innocua per il bambino?
Innanzi tutto è necessario fare un po’ di chiarezza e capire che si tratta sì di un problema fastidioso per la mamma, ma assolutamente non pericoloso né per lei né per il bambino; si tratta di una precisazione d’obbligo perché talvolta, notando insoliti dolori al ventre e una costante tensione addominale la futura mamma va nel panico, ipotizzando complicazioni per fortuna inesistenti. In realtà, durante i nove mesi l’apparato gastrointestinale è talmente sotto stress per la presenza del feto, via via sempre più ingombrante, da rendere questi fastidi quasi costanti e in un certo senso normali.
Non di rado l’aerofagia, ovvero la presenza di aria nella pancia, determina dolori crampi allo stomaco e rutti frequenti dovuti anche al reflusso gastrico, il quale indica da una parte una digestione difficoltosa e mal riuscita, dall’altra probabilmente anche eccessiva aria introdotta durante i pasti, quando a causa della fretta si mangia velocemente e senza masticare bene.
Si parla poi di flatulenza quando nello stomaco si accumulano una grande quantità di gas che vengono espulsi di frequente creando alla donna notevole disagio e imbarazzo, soprattutto in pubblico e qualcosa questa espulsione di gas risulti particolarmente maleodorante. Quello del cattivo odore è infatti una delle caratteristiche principali della flatulenza ed è dovuto all’elevata concentrazione di composti organici aromatici nelle feci.
Le cause sono molteplici ed è bene analizzarle una per una, cambiando radicalmente stile di vita e abitudini alimentari.
Da una parte, ci sono cause inevitabili, problematiche strettamente collegate alla gravidanza: stiamo parlando dell’azione del progesterone, l’ormone femminile che in gravidanza rilassa la muscolatura e dunque inevitabilmente comporta anche un significativo rallentamento delle attività intestinali, determinando una maggiore produzione di succhi gastrici e di aria nella pancia. Ciò determina anche un altro dannoso problema che accomuna quasi tutte le donne incinta, quello della stitichezza, legato anche al poco movimento e una dieta non sempre sana. Non a caso, per risolvere il problema dell’aerofagia e della flatulenza, cercando al contempo di regolarizzare un transito intestinale difficoltoso e lento, il primo consiglio di medici e nutrizionisti resta quello di mangiare bene, assumendo attraverso gli alimenti il giusto quantitativo di fibre (senza eccedere, per non incorrere nell’effetto opposto) ed evitando cibi troppo elaborati, o ricchi di additivi chimici e conservanti – basti pensare al Junk Food, il “cibo spazzatura” tipo patatine fritte, panini ultra-farciti e quant’altro gratifica il palato ma mette in seria difficoltà un intestino già di per sé affaticato – che causano l’accumulo di gas maleodoranti. Ma spesso mangiare bene non è sufficiente. Occorre anche masticare con cura ogni boccone, cercare di non introdurre aria nello stomaco mentre si mangia ed evitare accuratamente quegli alimenti, all’apparnza innocui, verso i quali l’organismo ha però sviluppato un certo grado di intolleranza. Anche l’eccessivo stress, l’assunzione di farmaci e l’alcol (che in ogni caso in gravidanza andrebbe evitato sempre) determinano l’insorgere di questi disturbi, come la mancanza di attività fisica. Per questo motivo, anche col pancione di nove mesi, si consiglia sempre di camminare almeno una ventina di minuti al giorni.