Male a destra della pancia

Varie sono le cause che possono ricondurre al sintomo di male all’addome destro, poichè gli organi che interessano questa zona dell’organismo sono: fegato, colecisti, pancreas e colon.
Principalmente questo sintomo viene associato alle vie biliari, ed è definito colica biliare, che potrebbe essere causata dalla presenza nelle colecisti di calcoli o fanghiglia biliare.
Spesso se questo sintomo aumenta di intensità, il paziente potrebbe essere raggiunto da sensazione di nausea e vomito, accompagnato da gonfiore all’addome, che nei casi più estremi, potrebbe irradiarsi fino alla spalla destra. Qualora il paziente presentasse febbre, si potrebbe trattare di un processo batterico che infetta le vie biliari, tale sintomo e chiamato colangite.
Trattandosi di infezioni, le terapie da seguire sono a base di antibiotici, senza però trascurare un’alimentazione corretta e una costante supervisione dei valori interessati.

mal-di-pancia
Come detto il dolore all’addome destro potrebbe scaturire da altri fattori che interessano altri organi, ad esempio potremmo essere in presenza di ulcere peptiche o gastriti, causate dall’affezione del duodeno o della regione gastrica pre-pilorica.
Si parla di affezione al duodeno, se il sintomo di dolore si presenta qualche ora dopo i pasti, anche stavolta nei casi estremi il dolore potrebbe diffondersi fino al dorso sotto la scapola destra.
La terapia da seguire è basata sull’assunzione di farmaci e cibi antiacidi, che agiscono principalmente sulla mucosa gastrica, riducendo così l’emissione di gastrina in eccesso che viene considerata la causa dell’ulcera duodenale.
Nei casi in cui il dolore si presenta sotto forma di bruciore, seguito da sintomi di nausea vomito e crampi, quasi certamente si è in presenza di una pancreatite acuta, ovvero la completa infiammazione del pancreas, dal quale scaturisce un blocco alle vie biliari provocando in alcuni casi anche la morte del paziente. Questo sintomo potrebbe dipendere anche da un tumore al pancreas stesso.
Il paziente dovrà rimanere a digiuno totale fin quando non si sia esplicata una diagnosi approfondita, nei casi meno gravi si somministrano anti infiammatori e sacche nutritive.
L’altro organo che potrebbe presentare affezioni o irritazioni qualora dolesse l’addome nella parte destra, è il colon.
Al dolore si associano altri sintomi tra i quali pancia gonfia e sensazioni di spasmo, questa sindrome viene chiamata dai medici “flessura epatica”, in questi casi nel paziente, a causa della distensione gassosa del colon, si originano delle coliche gassose che portano spesso ad elevate sudorazioni, con possibili svenimenti accertati nei pazienti più sensibili.
Succede anche che a questi sintomi si aggiungano quelli di stipsi e diarrea, la quale diagnosi è definita tecnicamente sindrome del colon irritabile, che viene trattata con i cosiddetti antispastici e con un’alimentazione controllata.
Anche l’appendice potrebbe essere la causa del dolore al lato destro della pancia, infatti se l’appendice fosse infiammata, il paziente accuserebbe un doloroso gonfiore proprio nella parte destra, i sintomi associati sono diversi, vomito nausea stitichezza o diarrea, in alcuni casi il paziente affetto da infiammazione all’appendice trova difficoltà ad espellere i gas.
Poichè l’appendice potrebbe scoppiare facilmente, permettendo ai batteri di espandersi agli organi vicini, la terapia indicata è la completa asportazione con intervento chirurgico.

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Troppi casi di morbillo in Italia

Trasmesso per via aerea e caratterizzato da un periodo di incubazione che va dai 10 ai 12 giorni, il morbillo è una malattia infettiva estremamente facile alla diffusione. La facilità del contagio, le afflizioni generate alle vie respiratorie -suscettibili di complicazioni- e la violenta manifestazione esantematica, hanno reso necessaria una accurata politica di profilassi.
La più importante forma di prevenzione per il morbillo attualmente a disposizione è una apposita vaccinazione, che viene somministrata a partire dal compimento del primo anno, fino al quindicesimo mese d’età. A questa prima somministrazione del vaccino deve seguire un richiamo, da effettuarsi tra il quinto e il sesto anno di età del bambino. A fronte di queste vaccinazioni, l’immunità è definitiva.

morbillo-il-morbillo

Nonostante le disposizioni attuate per la prevenzione del morbillo e le capillari vaccinazioni, i dati raccolti dall’Ecdc (European Center for Diseases Control) -in relazione al periodo che va dal novembre 2012 all’ottobre 2013- rivelano la presenza in Italia di un alto numero di casi di morbillo.
Sono ben 12.000, infatti, i casi censiti nel nostro paese: un record negativo che ci colloca in prima posizione tra le nazioni in cui l’incidenza di questa malattia è ancora notevole.
Seguono l’Italia nella classifica, secondo i dati raccolti dalla stessa Ecdc, Germania, Gran Bretagna e infine Olanda e Romania.
Il progetto di debellare morbillo e rosolia -altra malattia esantematica oggetto di vaccinazione congiunta a morbillo e parotite- entro il prossimo 2015 sembra, quindi, ancora lontano. L’obiettivo da raggiungere è segnato dai risultati raggiunti dal virtuoso Portogallo, che attualmente rappresenta il fanalino di coda nella classifica di incidenza di queste malattie.

La strada da seguire sembra essere quella della prevenzione, rendendo necessario un aumento capillare del numero di vaccinazioni. Sembra, infatti, che quasi il 90% dei casi rilevati coincida con soggetti non vaccinati, o non vaccinati completamente. Un dato, questo, che rivela la primaria importanza della profilassi nell’arginare il diffondersi del morbillo.
A fronte dei rari e poco importanti effetti collaterali del vaccino, che si manifestano come lievi e transitori episodi febbrili o rossori localizzati, la vaccinazione rappresenta infatti il mezzo più efficace per evitare il diffondersi del morbillo. Un passo importante, se si considera il pericolo di questa malattia e le sue possibili complicazioni, in alcuni casi anche gravissime. Tra queste, per esempio, si annoverano casi di polmonite e di encefalite morbillosa, capace di portare al decesso o di produrre danni permanenti in ben la metà dei pazienti colpiti.

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Meditazione contro depressione e ansia

La meditazione si rivela utile e particolarmente efficace per aiutare a combattere e a sconfiggere disturbi, come l’ansia e la depressione, che condizionano la nostra quotidianità, rendendo la vita molto più difficile. Ad affermare e confermare ciò sono svariati studi scientifici fatti in merito, che documentano quanto sia benefica attuare la pratica meditativa in situazioni delicate, specialmente quando si vive con uno stato d’animo ansioso e/o depresso.
A tutti è capitato almeno una volta nella vita di sentirsi un pò giù, o tristi, magari per qualche evento particolare che ha colpito la nostra esistenza, o particolarmente demotivati e stanchi per colpa dei ritmi frenetici che si conducono tutti i giorni. Ci si distrae facilmente, l’ansia, lo stress e l’irrequietezza prendono il sopravvento, e tutto diventa ingestibile.

meditazione

Chi è colpito da uno stato ansioso e/o depresso, di solito incorre in sintomi che hanno una costante nel tempo; si vivono emozioni, sentimenti e pensieri negativi che fanno avvertire un senso di insoddisfazione perenne, denominato spesso come “mal di vivere”.
Sono numerose le persone che soffrono di ansia e/o depressione; questo lo dimostra l’eccessiva vendita di ansiolitici e antidepressivi che avviene ogni giorno. Certamente si tratta di farmaci utili e necessari per il controllo e la gestione dei sintomi dell’ansia e della depressione, ma nell’insieme recano anche vari effetti indesiderati, come: in primis la dipendenza e poi la sonnolenza.

Senza dubbio la strada da percorrere per contrastare l’ansia e la depressione è certamente lunga e difficile; nel proseguire verso il cammino della guarigione, oltre ai farmaci, ci possono essere anche altre alternative, ad esempio la meditazione. I molteplici effetti benefici che apporta la meditazione, sono ormai noti da tanto tempo, ma in realta cosa significa praticare la meditazione?

La meditazione è una pratica con origini antichissime, che affonda le sue radici in varie dottrine religiose. Principale ed unico obiettivo della pratica meditativa è quello di liberare e svuotare la mente da ogni tipo di pensiero, per cercare di raggiungere uno stato di profondo rilassamento, un equilibrio interiore e sentirsi in armonia con il “tutto”.
L’approccio meditativo che si espica attraverso la pratica di alcuni esercizi (tecniche di visualizzazione, concentrazione sul proprio respiro, recitazione dei mantra, esecuzione di movimenti corporei) permette di curare le proprie ferite emotive, i propri disagi più profondi, per ritornare a vivere e vibrare di una nuova linfa vitale.

Chi medita quotidianamente, riesce a percepire che corpo, mente e anima sono un tutt’uno. Le esercitazioni meditative dovrebbero essere regolari e costanti nel tempo, bastano anche pochi minuti al giorno; solo così si possono ottenere benefici duraturi.
La meditazione dunque, nonostante abbia mostrato significativi miglioramenti per disturbi di ansia e depressione, oltre ad essere presa in considerazione da coloro che soffrono di tali disagi, può essere altrettanto considerata da tutti coloro che ne vogliono beneficiare.

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Pericolo diabete: ecco le notizie allarmanti

Il diabete è una malattia causata da un calo di attività dell’insulina. Oggi si distinguono due tipi di diabete: il diabete di tipo 1, dovuto ad un malfunzionamento del sistema immunitario, ed il diabete di tipo 2, legato al deficit di produzione di insulina.
In 15 anni è aumentata la percentuale di morte causata dal diabete. Questo è l’allarme lanciato dall’Organizzazione mondiale della sanità, secondo cui il diabete è la quarta causa di morte.

diabete
Di recente è stata presentata una relazione per capire la situazione in cui versa l’Italia nei confronti di questa malattia: allo stato attuale la percentuale di malati di diabete sarebbe raddoppiata in soli 10 anni.
Il diabete porta con sé complicanze ed alterazioni, che possono interessare la cute, gli occhi e il sistema immunitario, dal momento che la reazione dei diabetici alle malattie è diversa da quella dei non diabetici.
Questa malattia è capace di apportare problemi, molto più seri, al cuore, ai reni e al sistema nervoso: per questo, i malati che ne soffrono peggiorano la loro generale condizione di salute.
L’Italian Barometer diabetes report ha calcolato che le spese annue di un malato di diabete sono cresciute non a causa del diabete stesso, piuttosto dalle complicanze che esso comporta.
Per questo i medici sensibilizzano tutti i pazienti, dai giovani agli anziani, ad adottare uno stile di vita sano, sia a tavola che durante la giornata.
Per prevenire e curare il diabete, gli specialisti raccomandano di consumare a tavola molte fibre, frutta, verdura e cereali integrali, moderando il consumo di alcool e cibi complessi ricchi di grassi.
Ma, ciò che più preme sottolineare è che la sola corretta nutrizione non basta, poiché bisogna abbinare alla dieta un’attività fisica adeguata: sia per i soggetti diabetici che per quelli non, l’esercizio fisico è importante perché mette in moto l’organismo, aiutandolo a ridurre la limitata tolleranza al glucosio e, al tempo stesso, migliora l’attività svolta dall’insulina.
Inoltre, l’esercizio fisico, costituito anche da una sola lunga passeggiata giornaliera, aiuta a prevenire tutte le complicanze e le alterazioni scaturite dal diabete, come sopra indicato, specialmente quelle legate al cuore.
Dieta ed attività fisica vanno comunque associate a terapie farmacologiche, le quali prevedono l’iniezione di insulina prima dei 3 pasti principali giornalieri.

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Prepararsi al parto insieme a lui: il corso preparto di coppia

Chi l’ha detto che la preparazione al parto debba coinvolgere soltanto la futura mamma? Anche per il futuro papà è importante arrivare preparato al gran giorno, sapere cosa fare, cosa accadrà, capire cosa aspettarsi e come sostenere al meglio la propria compagna. Questa consapevolezza si sta sempre più diffondendo tra le future mamme e i futuri papà, che sempre più frequentemente scelgono di sostituire il classico corso preparto con un corso preparto di coppia.

Perfetto per le coppie al primo figlio, ma utilissimo anche per le mamme e i papà già “collaudati” che vogliono vivere l’esperienza di una nuova gravidanza sentendosi ancora più uniti, un corso preparto di coppia insegnerà alla futura mamma come coinvolgere correttamente il suo partner rendendolo partecipe di un’esperienza che, da sempre, è per eccellenza l’esperienza femminile e aiuterà il futuro papà a comprendere i bisogni della sua compagna e ad essere di aiuto sia al momento del parto che durante i primi frenetici giorni di vita del bambino.
I corsi preparto pensati per le coppie prevedono spesso una parte teorica in cui vengono spiegate nozioni di fisiologia della gravidanza e di anatomia della donna e una parte più pratica in cui si apprendono esercizi e tecniche di respirazione utili alla donna durante il travaglio. Non solo: i corsi generalmente includono anche indicazioni su come gestire il bambino nei suoi primi giorni di vita, consigli per il mantenimento di una vita di coppia soddisfacente e una sessione di domande e risposte in cui gli specialisti, come ostetriche e ginecologi, si metteranno a disposizione delle coppie per fugare ogni tipo di dubbio e rispondere a ogni genere di domanda.
Per il futuro papà frequentare questo genere di corso di preparazione al parto ha il vantaggio di farlo sentire più coinvolto, maggiormente consapevole e di aiuto in questa fase delicata della vita di una coppia e per la futura mamma il corso può essere utile per farla sentire ancora più serena, grazie alla vicinanza del suo compagno.
Certo la frequenza di entrambi i futuri genitori a un corso di preparazione al parto richiede uno sforzo aggiuntivo nella sincronizzazione di impegni ed orari, ancor più impegnativo se a dover essere gestiti sono anche gli orari e le esigenze di eventuali altri figli. Lo sforzo è però ripagato da una accresciuta sintonia nella coppia e da un sostegno reciproco fondamentale per affrontare con la massima serenità uno dei cambiamenti più importanti nella vita di una coppia, l’arrivo di un figlio.
Vuoi frequentare un corso preparto di coppia? Trova quello più vicino a te su Ok Corso Preparto, il motore di ricerca dedicato ai corsi preparto e postparto in Italia.

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Ortodonzia intercettiva con dispositivi miofunzionali preformati

Il cenacolo odontostomatologico pavese si è reso protagonista di un importante evento ortodontico, sabato 19 settembre.

Il relatore, dottor Daniele Vanni, ha tenuto una conferenza sull’ortodonzia nel bambino.

La giornata di approfondimento era inserita in una serie di quattro eventi che hanno trattato le varie discipline odontostomatologiche e forniscono 43 crediti ecm ai partecipanti.

La bellissima sede, scelta dal presidente del cenacolo Giulio Leardi per tutti gli eventi è la “Cà de Passeri” di San Genesio ed Uniti, sede che si avvale di una capiente e maestosa sala convegni.

Il dottor Vanni ha sapientemente condotto i corsisti pavesi in un cammino che, partendo dalla diagnosi, porta al trattamento dei casi ortodontici, anche i più complessi, consentendo di approcciarli con successo in fase precoce.

Sono stati presentati numerosi casi di malocclusioni trattate per lo più con dispositivi siliconici preformati prodotti dalla Myofunctional Reserch.

La giornata ortodontica ha avuto un grande successo e i corsisti hanno palesato la loro soddisfazione, trattenendosi col dottor Vanni anche dopo il corso, per approfondire ulteriormente l’argomento trattato.

Un ringraziamento va all’organizzazione nella figura di Franco Carenzio della Ciesse Pavia, che avvalendosi del supporto della Isasan ha curato tutti i dettagli logistici e clinici dell’evento.

Il relatore si è detto soddisfatto e ci aspetta per un evento analogo venerdì 6 novembre a Limena (Padova), presso la sede della dental-club.

Attenzione ai rischi del filler

Fissate con l’aspetto estetico, dipendenti dal ritocchino, facilmente seducibili dai meravigliosi effetti del botulino: donne attenzione!!! Alcuni dei dermatologi più illustri in Europa metto sotto accusa i filler e tutte le sostanze iniettate sotto pelle per ottenere pelli levigate e seducenti. Al congresso dell’Eurpean Academy of Dermatology and Venereology, infatti, svoltosi nella prima settimana di ottobre ad Istandul, i dermatologi riuniti per l’occasione hanno puntato il dito contro tutte quelle sostanze che quotidianamente vengono utilizzate come riempitivi sottocutanei, finalizzati all’eliminazione delle rughe ed al ridimensionamento di bocca e zigomi.
filler1
I rischi imputabili a queste sostanze sono numerosi quanto spaventosi: si parte dai granulomi ed alla comparsa di microorganismi definiti biofilm al di sotto dei primi strati della pelle, per finire alla comparsa di noduli che potrebbero trasformarsi in tumori. A questi si sommano le alte percentuali di presenze di infezioni e cicatrici, soprattutto nei casi di interventi frequenti e ravvicinati. Nella zona della bocca, infine, è possibile assistere alla creazione di veri e propri solchi capaci di far scivolare la bocca realizzando sul volto della paziente la formazione di creste inverosimili, antiestetiche e grottesche.
Una vera e propria guerra, quindi, quella iniziata dai dermatologi del congresso contro l’iniezione di sostanze riempitive e leviganti, nell’ambito di una chirurgia estetica definita soft, ma assolutamente non priva di rischi, al pari di interventi più complessi e particolareggiati. Proprio per questo gli esponenti della dermatologia prendono una netta distanza da questa definizione, che rischia di indurre il paziente a richiedere interventi spesso pericoli a cuor leggero.
Ilaria Ghersetich, docente di dermatologia estetica presso la sede universitaria di Firenze, dà conto circa l’esistenza di più di cento tipologie differenti di riempitivi venduti ed utilizzati in Europa. Molti di questi, pur essendo commercializzati, non garantiscono una qualità ottimale ed entrano facilmente nel commercio per scomparire dopo pochi mesi. Il danno compiuto in questo breve periodo, però, può recare serie conseguenze ai pazienti sui quali sono stati iniettati i prodotti, oltre che all’immagine della dermatologia estetica europa nel resto del mondo.
I rischi legati a queste sostanze sono generalmente rari, soprattutto per quelle finalizzate al riassorbimento all’interno dell’organismo. Lo stesso rischio tende ad aumentare e ad aggravarsi nel momento in cui si preferisce utilizzare sostanze di origine sintetica, che impiegano più tempo ad essere assorbite e, quindi, rimangono per più tempo all’interno del tessuto. Pertanto è opportuno e quanto mai necessario stipulare e far rispettare adeguati protocolli d’intesa fra i vari esponenti di questa branca della medicina, al fine di garantire ai pazienti la possibilità di affidarsi a mani esperte e seriamente preparate.

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Combattere l’obesità eliminando lo stress

L’obesità è il male dell’occidente, cattive abitudini alimentari hanno infatti portato questa patologia ad essere tra le prime cause di morte nel mondo “ricco”. Quali le cause e i rimedi?

obesità

Proprio perché un problema frequente che porta anche a spese per il sistema sanitario, molti Paesi stanno cercando di porvi rimedio e quindi gli studi in materia abbondano. E’ bene sottolineare che spesso si parla di obesità in modo improprio, si verifica la condizione clinica di obesità quando il peso è il 60% più elevato rispetto al peso forma, nel caso di un 100% abbiamo obesità grave. In Italia vi sono circa sei milioni di obesi e tra essi la maggioranza è di sesso maschile.
Una delle ricerche portate avanti per molto tempo ha riguardato il fattore genetico, ma ad oggi si è rilevato come questo abbia un’incidenza solo del 5% dei casi di obesità e si tratta soprattutto di disfunzioni ormonali, il fatto che si possono notare più persone di una stessa famiglia obese è legato alla trasmissione negli stessi nuclei di cattive abitudini alimentari.
La strada molto percorsa di recente nello studio dell’obesità è legata invece al fattore stress.
Lo psicoterapeuta Giovanni Porta afferma che nell’obesità c’è una forte incidenza di fattori psicologici che portano a sviluppare una vera e propria dipendenza dal cibo. Questa dipendenza diventa poi una specie di vortice in cui gli obesi vengono risucchiati perché inizia una sorta di reazione a catena. Stress e frustazioni varie portano all’obesità, questa a sua volta porta ad insoddisfazione di sé, insicurezze e quindi ad una vita relazionale poco gratificante. Proprio per questi motivi gli obesi tendono ad isolarsi e questo diventa un’ulteriore causa di stress ed aumenta la dipendenza dal cibo. Qual è la soluzione?
Secondo lo psicoterapeuta Giovanni Porta la concomitanza tra l’aiuto di uno psicoterapeuta e un nutrizionista può aiutare a recuperare l’equilibrio e perdere peso. Lo psicoterapeuta deve aiutare a rompere il circolo vizioso, ovvero ad entrare in contatto con le proprie emozioni e a condividerle per evitare di trovare risposta ai propri bisogni emotivi nel cibo. D’altronde il sollievo offerto dal cibo è effimero e di breve durata e ciò induce ad una continua ricerca di cibi dolci e gratificanti.
Non è questo l’unico studio che associa l’obesità allo stress, infatti, gli scienziati della Rockfeller University a New York hanno ipotizzato che in tale meccanismo sia coinvolto anche il cervello perché, subendo stress eccessivo, si restringe l’ippocampo, l’area del cervello dedicata alla memoria, e quindi vengono dimenticate le buone regole legate ad una sana alimentazione e alla necessità di fare movimento. Ciò comporta una maggiore produzione di cortisolo, un abbassamento delle difese immunitarie ed occlusione delle arterie.

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Chi è depresso rischia di più il morbo di parkinson

La depressione è la malattia del nuovo millennio. Dichiarata da più fonti attendibili come il male da sconfiggere, rende l’individuo inerme a qualsiasi reazione. La perdita di interesse o di piacere nelle attività normalmente piacevoli , o la perdita di autostima, sono alla base di questa dannosa patologia.

depressione
In particolar modo si pone l’attenzione sull’impatto che ha la depressione con la malattia denominata morbo di Parkinson. Dalle ultime ricerche effettuate, sia negli Stati Uniti D’America presso l’Università della Florida a Gainesville, che al General Hospital di Taipei a Taiwan, escono dei dati allarmanti. L’impatto della malattia depressiva nel morbo di Parkinson raddoppia rispetto a quello dei problemi di movimento e motori articolari. Come afferma lo studioso americano Michael S. Okun, direttore medico del National Parkinson Foundation, circa il 50% delle persone che hanno il Parkinson soffrono di depressione. I ricercatori universitari dell’università della Florida infatti, hanno condotto una ricerca accurata su circa 5.500 pazienti, di età compresa tra i 25 e i 95 anni. Si sono recati in 20 centri specialistici in Canada, negli Stati Uniti, in Israele e nei Paesi Bassi. Sono state eseguite circa 9.000 visite cliniche; e hanno esaminato le informazioni sui farmaci, i tassi di depressione e ansia, ed altre informazioni. Si è giunti, dopo anni di ricerca, alla conclusione che il legame fra le due malattie è di elevatissima incidenza. Gli studi, a detta del direttore del centro Michael Okun, continueranno in maniera meticolosa e specifica, ponendo in tal modo le basi ad una possibile cura parziale e successivamente definitiva.
Come detto, lo studio in oggetto è stato condotto anche nel centro specialistico del Veterans General Hospital di Taipei a Taiwan. Come per la precedente ricerca effettuata negli Stati Uniti, anche qui i ricercatori sono giunti alla conclusione che, un soggetto depresso , ha un rischio decisamente elevato di sviluppare la malattia neuro degenerativa di Parkinson. Si può addirittura arrivare ad un rischio tre o quattro volte superiore rispetto a pazienti che non sembrano avere perdita di autostima e di consapevolezza dei propri mezzi. Gli studiosi cinesi, hanno utilizzato un percorso di analisi e ricerca durato ben 10 anni. Anche in questo studio specifico sono stati utilizzati pazienti affetti e non da depressione, e si è giunti alla conclusione che l’incidenza del morbo depressivo ha un influenza enorme sulle probabilità di un futuro anomalo e del rischio di poter esser affetti dalla degenerazione motoria derivante da Parkinson. Una soluzione che comunque potrebbe alleviare questa pena, secondo i medici del General Hospital di Taipei, e dell’ Università della Florida, è il continuo esercizio fisico giornaliero. 2 ore circa di allenamento motorio ogni giorno, ridurrebbe parzialmente questa degenerazione neurale e porterebbe la fase depressiva in netto calo.

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Ipoglicemia neonatale: con un massaggio si può sconfiggere

Dai risultati dei ricercatori dell’Università di Auckland, in Nuova Zelanda, emerge che l’ipoglicemia neonatale è possibile debellarla con un massaggio alle guance.

bambino

La causa dell’ipoglicemia è dovuta ad un basso livello di zuccheri (glucosio) nel sangue.
Essa può provocare uno scarso afflusso di glucosio al cervello, riducendone le funzionalità e in gergo medico è chiamata neuroglicopenia.
La diminuzione della funzione celebrare è in grado di creare: un vago senso di malessere, coma e, in certi avvenimenti sporadici, può portare alla morte.
All’ipoglicemia si è soggetti a qualsiasi età e le sue radici possono assumere cause diverse.
La neonatologa e coautrice dell’articolo apparso su The Lancet, Jane Harding, racconta che l’ipoglicemia neonatale colpisce fino al 15% dei bambini ed una causa evitabile di danno celebrale.
Grazie agli studi fatti dai ricercatori neozelandesi, risulta che con un gel di destrosio, da tempo utilizzato contro l’ipoglicemia dei diabetici, è possibile, massaggiando prudentemente all’interno delle guance del neonato, ottenere ottimi risultati per la terapia di questa patologia.
Fino ad oggi, l’alimentazione integrativa prescritta sulla base degli esami della glicemia, a volte, risulta poco efficace in quanto subentra la necessità di ricovero in terapia intensiva, con trattamento di glucosio endovena.
Il primo studio denominato Sugar Babies Study, ha dato prova che il massaggio in bocca con il gel, oltre ad essere privo di pericolo e il suo utilizzo è assolutamente semplice, ha maggiore efficacia rispetto all’alimentazione integrativa per curare l’ipoglicemia neonatale.
Da non sottovalutare, che la cura ha un costo di solo due dollari (circa 1,45 di euro) a bambino, quindi si limitano considerevolmente i costi sanitari.
Sono 242, i bambini ipoglicemici che si sono sottoposti a questo tipo di trattamento con destrosio, è il suo risultato è stato ottimo in quanto ha normalizzato lo zucchero nel sangue in tempi rapidissimi, senza conseguenze negative, limitando notevolmente il ricovero in terapia intensiva.
Anche se un semplice grazie non ripaga adeguatamente tutti gli sforzi che i ricercatori fanno attraverso gli studi e le ricerche effettuate per ore ed ore nei laboratori, tramite ad essi possono ridonare un sorriso ai bambini e ai loro famigliari, dandogli la possibilità di una vita serena.

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