L’ortodonzia nel bambino

Si è svolta a Bergamo, precisamente nella sede della Nordental di Curno, una giornata di approfondimento di ortodonzia in età pediatrica.

Relatore il dottor Daniele Vanni, speaker ufficiale in Italia della Myofunctional Research.

L’argomento risulta di grande interesse, soprattutto per le sue implicazioni e correlazioni con numerose branche dell’odontoiatria e della medicina. Il dottor Vanni lo ha affrontato, parlando di diagnosi, terapia e rapporto medico-paziente e presentando numerosi casi clinici di terapie complesse.

bergamoCorso

È stato dato parecchio risalto al rapporto tra ortodontista e otorino, posturologo, foniatra e pediatra.

Per quanto riguarda le metodiche ortodontiche, particolare attenzione durante la conferenza è stata rivolta al trattamento con dispositivi siliconici preformati, l’ultima frontiera dell’ortodonzia precoce.

L’interesse dei corsisti è stato tale che si è reso necessario prolungare il simposio per ben due ore oltre il timing stabilito, cosa piuttosto inusuale, soprattutto di sabato pomeriggio.

Molte domande sono state poste al relatore, a conclusione della giornata, un’ulteriore prova, questa, del fatto che l’argomento è di interesse primario per gli ortodontisti.

La Myofunctional Research, che in italia ha sede presso la Isasan di Rovello (MI), ancora una volta ha fatto centro, grazie all’opera di divulgazione del relatore.

Nel mese di novembre si replicherà a Pavia, proprio per dare agli odontoiatri la possibilità di aggiornarsi sull’argomento, viste le numerose richieste.

Alla fine della giornata il relatore si è dichiarato soddisfatto e auspica che possano svolgersi ulteriori iniziative simili, per poter rendere disponibili ai colleghi e, quindi ai pazienti, queste affidabili metodiche.

Un sabato con l’ortodontista

Diapositiva1Abbiamo incontrato il dottor Daniele Vanni nel suo studio. Ci ha accolto con un sorriso cordiale e con gentilezza. Lo studio era chiuso al pubblico e ciò ci ha consentito colloquiare con calma, davanti ad un buon caffè. Nel suo ufficio, dove ci siamo accomodati, colpisce subito la mole di libri di testo (di qualcuno è anche autore) e l’ordine. Sulla sua scrivania ci sono locandine e brochure di corsi d’aggiornamento e una pila di compiti da correggere. Ci ha poi spiegato che si tratta dei test relativi agli esami di clinica odontoiatrica della scuola di osteopatia, nella quale è docente.
Da qui partiamo con il nostro colloquio.

D- Come mai un dentista insegna agli osteopati?
R- Il binomio postura-occlusione è un dato di fatto. Per noi ortodontisti, in particolare, il confronto e la collaborazione con i posturologi è diventato un must. Sia che ci si occupi di pazienti disfunzionali, sia che si trattino pazienti in fase di crescita.

 D- Un’altra cosa che si nota è la quantità di locandine di corsi d’aggiornamento nei quali è relatore. Che cosa spinge lei e altri liberi professionisti ad occuparsi di didattica?
R- Probabilmente la voglia di approfondire. Insegnando ci si deve necessariamente aggiornare. Si pone una cura maniacale nello studio dei casi clinici, della letteratura internazionale, in tutto ciò che si fa. È un grande stimolo a dare il meglio di se stessi. In fondo chi ne guadagna è il paziente, che viene curato con grande attenzione diagnostica e terapeutica. Chi insegna è portato a considerare ogni caso trattato come un ipotetico caso da pubblicare.

D- Per questo motivo collabora anche con Università ed associazioni?
R- Si. Anche se vanno fatti i dovuti distinguo. Essere docente della scuola di specializzazione in ortodonzia di Cagliari è certamente motivo di vanto. È li che è nata l’ortodonzia in Italia e, tutt’oggi proprio a Cagliari si trova una fucina di ortodontisti di caratura internazionale. Non solo i nostri colleghi docenti, sono conosciuti in Italia ed all’estero, ma anche tanti ex studenti, oggi specialisti, tengono alto il nome della scuola di Cagliari. Il nostro direttore, professor Piras, negli ultimi anni, ha compiuto un lavoro più che apprezzabile, creando quasi un club di ortodonzia d’eccellenza, oggi quanto mai necessario, vista la situazione politica europea, sempre meno generosa con le università. Per quanto riguarda la vita associativa, non posso non essere grato alla scuola di formazione della S.I.O.B. la società italiana di ortognatodonzia bioprogressiva, società che ha tante consorelle in tutto il mondo. Alla S.I.O.B. devo tantissimo, forse tutto. La mia formazione, la mia voglia di far bene e le opportunità che mi ha dato in questi venti anni di professione, di stare a contatto con alcuni dei più grandi ortodontisti del mondo. Per questo motivo è stato per me un onore essere il presidente della società per due mandati, succedendo ad ortodontisti del calibro di Franco Bruno e Francesco Caligiuri.

D- La formazione mediante corsi a chi è dedicata?
R- In genere quelli che organizziamo sono corsi post-laurea, quindi dedicati ad odontoiatri, che vogliono approfondire la conoscenza dell’ortodonzia, ma di recente ho tenuto, sempre in qualità di relatore, corsi ad osteopati, a logopediste, a fisioterapisti, a pediatri, e qualche conferenza anche in club service dove ho illustrato il mondo dell’ortodonzia a profani. Quella è un’esperienza interessante. Un opera di divulgazione che andrebbe svolta. Spesso i nostri pazienti non hanno la percezione della qualità che gli si eroga perché non conoscono l’argomento, ed è un peccato, perché in Italia vi sono ortodontisti di grandissimo spessore, che non hanno nulla da invidiare ad i colleghi d’oltralpe o a quelli americani.

D- I prossimi impegni?
R- A settembre, precisamente il 27, terrò, in qualità di relatore, un corso di ortodonzia in età precoce a Bergamo, corso che riproporrò a Pavia nel mese di novembre. Questi sono i miei impegni immediati. Da qualche anno relaziono anche con il supporto di un’azienda leader mondiale, l’australiana Myofunctional Research, che svolge un lavoro incredibile in ambito di ricerca riguardante le nuove biotecnologie in ortodonzia e che, in Italia, ha sede presso la Isasan a Rovello.  Ciò mi consente di proporre ai colleghi e, e tramite loro anche ai pazienti, sistematiche e dispositivi all’avanguardia, che fino a una decina di anni fa potevamo solo sognarci.

D- Buon lavoro allora.
R- Grazie, venite a trovarmi a Bergamo in settembre, avrete anche voi l’occasione di conoscere meglio il nostro mondo attraverso i casi che presenterò.

D- Bene, le facciamo questa promessa.

Omeopatia raffreddore

Il raffreddore è uno dei più comuni e fastidiosi disturbi tipici dei periodi freddi. I sintomi, come naso che cola, irritazione e bruciore alla gola, mal di testa e congestione nasale possono essere alleviati mediante l’omeopatia.
raffreddore

Tutti abbiamo sperimentato il malessere derivante dal raffreddore, che può avere un inizio lento oppure un esordio violento e acuto. Il raffreddore è un’infezione virale, contagiosa, dovuta principalmente al Rhinovirus, che si diffonde mediante starnuti, piccole gocce di saliva e mani. È molto importante lavarsele accuratamente e spesso, per prevenirlo. È consigliabile curare il raffreddore, almeno cercare di alleviarne i sintomi, per evitare che conduca a sinusite, bronchite o polmonite. Quando si comincia ad avvertire mal di gola, bruciori agli occhi e congestione nasale, meglio correre ai ripari immediatamente. Non esiste una vera e propria cura per il raffreddore ma si possono trovare diversi modi per alleggerire il fastidio. Tra i vari metodi, l’omeopatia si dimostra molto efficace; inoltre è priva di effetti collaterali. Si tratta di una medicina alternativa a quella convenzionale, che riconosce la capacità di autoguarigione dell’organismo. La sua azione mira a stimolare una reazione all’interno del corpo, mediante la somministrazione di principi molto diluiti, derivanti da piante, animali o minerali. L’omeopatia cura in base alla similitudine del sintomo. L’omeopata deve considerare diversi elementi nell’individuo, sia fisici sia psicologici, per fare una diagnosi e conseguente prescrizione indicata al disturbo. Le somministrazioni di granuli, globuli o gocce omeopatiche sono da sciogliere sotto la lingua, più volte al giorno, e le dosi sono espresse in CH, che indicano la diluizione centesimale del principio attivo. Quali sono le principali soluzioni omeopatiche, utili ad alleviare i sintomi del raffreddore? Eccone alcune:

• Nux vomica 30CH, per raffreddore con secrezioni abbondanti e ostruzioni nasali.

• Mercurius 30CH, in presenza di secrezioni verde-giallastre, abbondante sudorazione e lingua patinata.

• Kalium bichromicum 30CH, per raffreddore con sensazioni di pressione al naso e secrezioni filamentose.

• Allium cepa 30 CH, con secrezioni acquose abbondanti e irritazione al naso, lacrimazione degli occhi.

• Aconitum napellus 30 CH, raffreddore che si manifesta in modo violento e improvviso con tosse secca.

• Rumex crispus, per ostruzione nasale e mal di gola, starnuti frequenti e naso che cola.

Bisogna ricordare che l’omeopatia funziona meglio con piccoli accorgimenti, quali l’assunzione dei medicamenti lontano dai pasti, massima cura dell’igiene orale, evitare caffè e alcolici. Già nei due giorni successivi all’uso dei rimedi, si possono avere benefici.

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Cosa fare contro i brufoli

I brufoli rappresentano, soprattutto nell’età adolescenziale, una delle problematiche più comuni sia nelle ragazze che nei ragazzi nonché probabilmente quella più sentita in ragione del risalto che essi comportano da un punto di vista estetico e psicologico. Per contrastare i brufoli facendo in modo che scompaiano dal proprio viso in tempi piuttosto ristretti senza lasciare nessuna macchia, si possono seguire dei semplici consigli corrispondenti ad altrettanti rimedi assolutamente naturali.

 

brufoli

Il primo rimedio è quello dell’utilizzo del dentifricio che tuttavia non si rivela adatto a tutte le tipologie di pelle. Per mettere in essere tale metodo occorre bagnare la zona dove è presente il brufolo con dell’acqua calda, asciugare leggermente lasciandola inumidita e quindi adagiare un po’ di dentifricio. Dopo una quindicina di minuti si va a lavare con acqua tiepida. Si potrà notare un certo restringimento da parte del brufolo che in pratica si è asciugato. Ripetendo per tre volte al giorno questo procedimento si riuscirà ad ottenere un risultato piuttosto apprezzabile nel giro di un paio di giorni. In alternativa al dentifricio si può andare ad utilizzare con le stesse modalità un po’ di bicarbonato di sodio mescolato con un cucchiaino di acqua salata. Un altro metodo che consente di ridurre sensibilmente la vita del brufolo sul proprio viso è quello basato sull’utilizzo dell’aceto bianco. Si prende un po’ della classica ovatta, la si intinge con dell’aceto bianco e dopo aver pulito bene la zona dove è presente il brufolo, si fa ad esercitare delle leggere pressioni sul brufolo stando ben attenti a non schiacciarlo. Una sostanza che può essere usata in luogo all’aceto balsamico è il succo di limone. Naturalmente dopo che sono state effettuate queste pressioni sia nel caso dell’aceto bianco che in quello del succo di limone è necessario lavare opportunamente la zona anche in ragione dell’odore persistente su di essa. Per ridurre il brufolo è consigliabile anche applicare un po’ di ghiaccio su di esso in ragione delle sue qualità nel ridurre tutte le tipologie di gonfiore. L’applicazione dovrà essere continuativa per circa 15 – 20 minuti. Ultimo rimedio che vi vogliamo consigliare è quello di utilizzare una fettina di aglio da strofinare delicatamente sul brufolo per poi pulire il tutto dopo una mezzoretta. Naturalmente i rimedi che vi abbiamo proposto non eliminano il problema dei brufoli ma consentono soltanto di alleviare la loro presenza per cui è consigliabile rivolgersi ad un dermatologo che troverà la soluzione ottimale in base alla vostra pelle.

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Omeopatia unicista

L’omeopatia unicista, diversamente da quanto avviene per la medicina tradizionale occidentale (detta allopatica) a cui tutti siamo abituati, non utilizza un rimedio diverso per curare ogni sintomo, ma prescrive un rimedio unico per ogni paziente.
L’obiettivo è quello di curare non il singolo sintomo, ma il paziente nel suo complesso, analizzandone tutti i disturbi presenti e passati. Ciò che l’omeopata indaga non è la malattia o la malattie in realtà, ma il paziente, che viene identificato nella sua diversità rispetto agli altri pazienti, anche quando sviluppano malattie simili. Si cerca cioè di individuare i sintomi che rendono quel paziente unico e caratteristico rispetto agli altri, ed in questo modo si individuano i rimedi (prima diversi fino ad arrivare ad uno solo) che possono interessare il paziente nel suo complesso, ciò per la situazione presente, passata ma anche per alcuni aspetti ereditari.

omeopatia
L’omeopata, nell’individuare il rimedio adeguato, tiene poi conto anche di altri fattori come la presenza in misura maggiore di uno dei cosiddetti “miasmi” considerati dall’omeopatia e la relazione tra questo e gli aspetti dominanti in quel momento della vita del paziente.
La cura, anche se studiata sul singolo paziente, non è universale e non sarà valida quindi per l’intero arco della vita. Anche l’omeopatia unicista tiene conto dei cambiamenti della vita di ognuno (e dei relativi sintomi nelle malattie), e per questo motivo il rimedio viene modificato a seconda del manifestarsi di nuovi sintomi o di cambiamenti importanti nella salute del paziente.
Il trattamento omeopatico può causare l’insorgere di sintomi che prima non erano presenti (è una normale reazione dell’organismo), da segnalare e valutare attentamente con il medico omeopata.

Una precisazione: l’omeopatia unicista, come tutta l’omeopatia, è una modalità di cura che deve essere studiata prestando attenzione alle caratteristiche del singolo paziente. Si tenga sempre presente che i rimedi omeopatici, se somministrati ad un soggetto sano, sono in grado di scatenare i sintomi che si ritrovano nel soggetto a cui sono stati prescritti e per questo motivo non vanno assunti senza le precise indicazioni dell’omeopata.
Questo principio base dell’omeopatia è anche la modalità con cui nacque questa branca della medicina. Infatti nel 1700 un medico scoprì che le persone che lavoravano la china erano soggette alla cosiddetta “febbre di palude” (così era allora chiamata la malaria), una malattia che veniva curata con la stessa sostanza che essi lavoravano. Capì quindi che la sostanza era in grado di provocare la stessa malattia che poteva anche curare.
Egli applicò questo principio a se stesso ed ad altri utilizzando però un numero altissimo di sostanze, anche velenose. Iniziò degli esperimenti di diluizione che mostrarono progressivamente la scomparsa degli effetti dannosi della sostanza, per lasciare spazio ai soli effetti positivi, in grado cioè di curare le persone nel loro complesso.

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Omeopatia cos’è

Con il termine omeopatia si identifica quel processo terapeutico attuato con l’ausilio di sostanze che possono avere origine animale, vegetale o minerale.

omeopatia
Il termine fu introdotto dal professore tedesco Samuel Hoemann che nel corso dei suoi studi effettuati negli anni ‘800, dedicò parecchio tempo alla sperimentazione dei trattamenti omeopatici, il termine omeopatia deriva dal greco (omoios=simile, pathos=sofferenza).
Il trattamento risultata essere adatto a qualsiasi condizione fisica, infatti la non tossicità della terapia e la completa mancanza di effetti collaterali a fatto sì che la medicina omeopatica abbia trovato applicazione anche nei soggetti in stato di gravidanza o in individui di età avanzata.
Inoltre è stato provato che al trattamento di medicina tradizionale possa essere affiancato quello omeopatico, con il risultato di poter ridurre i dosaggi dei farmaci convenzionali.
Infatti la convinzione di molti medici è quella di riuscire a rendere la cura omeopatica il completamento di quella tradizionale detta allopatica.
Ciò viene sostenuto nonostante il fatto che il trattamento non abbia mai dato una certezza scientifica, gli studi però riescono a fornire dati interessanti riguardanti la significativa differenza che scaturisce tra i due metodi terapeutici, infatti mentre il metodo allopatico agisce tramite sostanze che contrastano il naturale evolversi di una malattia, il metodo omeopatico invece utilizza le stesse sostanze che hanno provocato la patologia, riducendo però le dosi in modo da stimolare il sistema immunitario del paziente a sviluppare agenti di autodifesa nei confronti dei patogeni che hanno dato origine alla patologia, mettendo in atto così un vero e proprio processo di prevenzione.
Il punto di forza del sistema omeopatico è quello di rispettare l’equilibrio psicofisico del paziente, spesso infatti alla cura omeopatica viene consigliato di associare esercizi come lo yoga, questo è dettato dal fatto che tale terapia deriva dalle terapie olistiche, ovvero quei tipi di trattamenti che che si pongono l’obiettivo di migliorare “corpo-mente-spirito” del paziente.
Il sistema omeopatico riscontra parecchie perplessità nel campo medico, in quanto a detta di diverse figure che operano nella ricerca scientifica, l’effetto finale a cui riconduce la terapia omeopatica è lo stesso “effetto placebo” a cui riconducono le terapie allopatiche.

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Male al tallone

Il male al tallone è di solito dovuto ad un difetto della postura.
Quando si accusa un dolore al tallone solitamente, la causa è un difetto della postura infatti si verifica un sovraccarico di peso sull’osso del tallone e sui tessuti che circondano quest’ultimo.
L’osso del tallone è importante perchè è quello più grande rispetto alle altre 26 ossa che compongono il piede.
Molte volte dopo una contusione giudicata non particolarmente importante, si cammina sul dolore e non si osserva un adeguato riposo. Ecco perchè il male al tallone tarda ad andar via.
tallone
Quali sono le altre cause del male al tallone.
Può apparire strano ma una delle tante cause del dolore al tallone, è calzare scarpe di cattiva qualità.
Il piede purtroppo, si abitua a quel determinato modo di porsi che non è naturale ed assume una postura inesatta che porta inevitabilmente a dolori a volte molto forti.

Un’altra causa del male al tallone è la cosiddetta “Spina calcaneare” in gergo definita col nome di “sperone”.
Attraverso una radiografia, si nota benissimo che l’osso del tallone ha assunto un’escrescenza ossea simile ad una spina ed è una protusione di circa un centimetro e mezzo.
A causa di questa patologia, i dolori si presentano in forma molto acuta ed a volte, non si riesce neanche a camminare anche perchè vengono interessati i rivestimenti che ricoprono l’osso del tallone.
Tale patologia è causata non solamente dalle scarpe sbagliate o troppo strette ma anche dall’obesità perchè il peso del fisico tende ad appoggiare inadeguatamente sui talloni.

L’infiammazione che interessa il tessuto connettivo fibroso che attraversa il tallone, si chiama “Fascite plantare” e le fibre corrono il rischio di strapparsi specialmente se non si adoperano scarpe speciali consigliate dall’ortopedico.
Di solito con il riposo, il dolore acuto passa ma non appena si rimettono i piedi a terra e si riprende a camminare, il male al tallone ritorna.
Affinchè l’irritazione non diventi cronica c’è bisogno di un supporto.
Tale patologia è spesso accusata da chi effettua sport come il podismo.

Anche un’eccessiva pronazione del calcagno può causare un dolore acuto.
In pratica, bisogna camminare in maniera estremamente corretta e l’arco plantare deve sufficientemente innalzarsi, per riuscire a supportare il peso del corpo.
Se ciò non avviene, si rischia di procurare una tensione eccessiva ai legamenti e ai tendini con relativa eccessiva pronazione del calcagno.
Non bisogna sottovalutare questa patologia che potrebbe portare problemi alle anche, alla schiena e alle ginocchia.

Anche una patologia come la gotta può portare il dolore al tallone. All’inizio interessa solamente le dita dei piedi, in particolare l’articolazione dell’alluce ma poi si può estendere anche al calcagno.

Anche una borsite può provocare dolore al tallone perchè qualcuna delle piccole sacche che contengono siero e che si trovano appunto sotto il tallone, potrebbero infiammarsi ed ingrossarsi ed il dolore ricalca i sintomi della spina calcaneare.

Il dolore al tallone può essere portato dall’ingrossamento dell’osso alla base del calcagno, vicino il tendine di Achille.
Questa infiammazione viene perciò definita come “tendinite di Achille” ed è una patologia che colpisce soprattutto chi tende ad effettuare molto sport tipo il podismo o la corsa ma anche chi cammina molto.
Il dolore che si accusa è dovuto ai tendini troppo tesi e alle fibre che si lacerano.
In questo caso è indicato il riposo più assoluto perchè più si sforza il tendine e più il dolore diventa insopportabile con il rischio che la patologia diventi cronica e molto difficoltosa nel curarla.

La frattura del tallone è davvero molto rara tuttavia, ci sono delle contusioni a cui tutti noi siamo soggetti.
Le contusioni del tallone sono molto dolorose perchè di solito avvengono con un urto del calcagno su di una superficie dura e i tessuti che lo ricoprono si infiammano in maniera acuta.

Quali sono le cure e le terapie per il dolore al tallone.
Innanzitutto bisogna rivolgersi all’ortopedico o al podiatra che dopo aver visionata la parte lesa, farà effettuare un esame radiografico e poi opterà o per una cura di anti infiammatori o per un adeguato esercizio fisico o per l’uso di bendaggi appositi, scarpe ortopediche o plantari specifici.

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Cosa fare in caso di infarto

Per infarto si intende la mancanza di sangue, che può essere totale o anche parziale, e che porta inevitabilmente alla morte di un tessuto dell’organismo per ischemia. L’infarto cardiaco, infatti, si manifesta a seguito della dell’ostruzione o addirittura della chiusura di una o più arterie coronarie. Sono queste, infatti, che forniscono al cuore il sangue necessario. Le cause dell’infarto possono essere diverse. Di certo influisce e non poco lo stile di vita. Una vita sedentaria, un’alimentazione non corretta o comportamenti altamente pericolosi per l’organismo, come quello di fumare, possono portare a problemi cardiaci o ad avere un vero e proprio infarto. A queste cause se ne aggiungono altre, come per esempio l’ipertensione arteriosa, che riguarda la pressione del sangue che può in alcuni casi affaticare il lavoro del cuore, o anche patologie come la colesterolemia elevata o il diabete.

infarto

Una volta individuati alcune delle principali cause che possono portare ad avere un infarto, la domanda è: cosa fare in caso di infarto? La prima cosa da fare è quella di stare molto attenti ai sintomi e cercare di capire quando sta per manifestarsi un infarto. C’è da dire che i sintomi sono molto chiari ed il principale è costituito da un forte dolore proprio al centro del torace. Il dolore può anche essere avvertito alla spalla o ad un braccio e si manifesta come una sensazione di peso e pressione. Altri sintomi sono il pallore, forti difficoltà a respirare. Riconoscere i sintomi è fondamentale perché già alla prima avvisaglie dell’infarto bisogna fare qualcosa. Nello specifico si deve chiamare senza alcun indugio il 118 ed eseguire, magari non riagganciando ma restando in contatto con l’operatore, tutte le manovre in attesa che sul posto arrivino i soccorsi. Quali sono gli accorgimenti da prendere in attesa dei soccorsi? Innanzitutto il paziente non deve compiere alcun sforzo, questo per non affaticare ulteriormente il cuore. Deve poi essere tenuto al caldo, quindi una buona soluzione è quello di coprirlo con una coperta. Se non respira, bisogna praticare la respirazione artificiale ed un massaggio cardiaco. Ovviamente tali manovra vanno eseguite se si è in grado di farlo, altrimenti meglio non azzardarsi per non rischiare di peggiorare la situazione. Una cosa che si può fare, se si pensa di guadagnare tempo, è quella di accompagnare la persona che avverte i sintomi al pronto soccorso senza chiamare e attendere che arrivi l’ambulanza. Questo perchè il tempo è fondamentale: prima si interviene e più probabilità ci sono che l’infarto faccia minori danni all’organismo.

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Male al fegato

Il male al fegato è un dolore piuttosto comune ma non sottovalutatelo.

Dolore_fegato
Molto spesso si parla di male al fegato, si accusano doloretti alle vie biliari oppure un dolore abbastanza forte localizzato alla parte destra dell’addome. Naturalmente, sono sintomi da non sottovalutare assolutamente perchè qualsiasi dolore è riconducibile ad una specifica patologia.
E’ di basilare importanza rivolgersi al proprio medico di base che vi indirizzerà da uno specialista per approfondire il malessere attraverso esami determinati e dare una cura idonea.

Quale potrebbe essere la diagnosi
Attraverso ecografie o addirittura una TAC che è un metodo radiografico non invasivo, si può risalire al problema che si ha alle vie biliari.
Nella maggior parte dei casi, il forte dolore è dato da una calcolosi che ostruisce i dotti ed infiamma la colecisti.
Il dolore alla parte destra dell’addome è dato dalla distensione del cosidetto rivestimento epatico detto anche “capsula di Glisson”.
Molte volte il mal di fegato non si limita solo alla parte destra dell’addome ma si irradia anche dietro lo sterno e risale senza però mai superarla, sotto la sesta vertebra toracica.
In tal caso, la sintomatologia diventa molto più profonda ed il dolore intenso e cupo.
Altre volte, l’aumento della capsula di Glisson indica un processo infiammatorio in atto che riconduce ad un epatite che si può rivelare cronica e asintomatica.
E’ da tener presente però che anche se di solito non si avvertono dolori, il fegato potrebbe ingrossarsi a tal punto, da interessare il peritoneo parietale che è la membrana da cui l’organo è avvolto.

In quel caso, sarà il medico curante a tener sotto controllo in maniera più assidua l’organo interessato perchè potrebbero svilupparsi cirrosi o tumori.
Queste patologie così gravi si manfestano soprattutto con altri tipi di sintomi quali l’ittero, lo scarso appetito con inerente anoressia e una forma di stanchezza persistente associata a conati di vomito.

Un lieve dolore ma insistente invece, potrebbe essere riconducibile al cosiddetto “Fegato grasso” caratteristico delle persone obese e di quelle che fanno uso spropositato di alcool.
In tal caso, il fegato si ingrossa per via del grasso che si deposita al suo interno.

Se il mal di fegato si localizza alla regione destra dell’addome ma si irradia spesso anche alla zona centrale superiore, le cause potrebbero essere di molteplice natura quali una pancreatite, l’intestino irritabile, un’ulcera pilorica o nella peggiore delle ipotesi, un tumore al pancreas.

Chiaramente, non bisogna fare supposizioni personali ma è necessario rivolgersi a professionisti competenti che valuteranno la situazione e decideranno sul da farsi.

Il mal di fegato e l’alimentazione.
Come abbiamo potuto constatare precedentemente, il fegato è un organo di fondamentale importanza e soprattutto vitale.
A tal proposito è necessario che l’alimentazione sia curata affinchè un organo così fondamentale del nostro organismo, non subisca danni.
Attraverso un’alimentazione sana ed equilibrata è possibile prevenire il mal di fegato ed alcune patologie importanti a carico di quest’organo.
Si compiono innumerevoli studi su come prevenire la formazione di calcoli che sono i principali colpevoli del dolore al fegato ed è stato accertato che, una dieta ricca di fibre e di calcio, aiuta a tenerli lontani.
Gli esperti assicurano che specialmente nei soggetti obesi, il dimagrimento è necessario e salutare.
Bisognerebbe perdere almeno 250 grammi a settimana, continuando la dieta per circa sei mesi.
Associata alla dieta poi, sarebbe necessario affiancare un’attività fisica di almeno un’ora al giorno e non necessariamente pesante o stressante.
Va benissimo anche una salutare passeggiata o una pedalata in bicicletta in modo non solo di stabilizzare il peso ma anche di abituare l’organismo ad utilizzare minori calorie.

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Male al collo

I dolori al collo colpiscono molte persone, ma spesso non sono molto gravi. Nella maggior parte dei casi sono dovuti a posture scorrette in ufficio, mentre si lavora al computer, oppure a posizioni scomode assunte durante il sonno, ma anche se si praticano sport oppure attività che richiedono un’insolita fatica.

collo
Nella maggior parte dei casi, i dolori al collo sono risolvibili a casa con semplici metodi naturali e qualche accortezza. Se il dolore persiste è necessario consultare un medico e probabilmente sottoporsi a una radiografia, che permetta di identificare l’origine del dolore.
Se ci si sveglia con un dolore al collo, molto probabilmente esso è riconducibile alla posizione scomoda assunta durante la notte: in questo caso si possono fare semplici esercizi volti a riabilitare i muscoli del nostro collo.
Ruotare lentamente il collo aiuta infatti ad allungare i muscoli contratti. All’inizio potrebbe essere doloroso, ma gradualmente la sensazione di dolore si allevierà. Per flessibilizzare il collo lo si deve muovere avanti, indietro, verso sinistra e verso destra.
Se il dolore è fastidioso, si possono assumere antiinfiammatori come paracetamolo o ibuprofene: spesso infatti si tratta di un dolore passeggero. Molto salutare non soltanto contro il dolore al collo, ma per rilassare tutti i muscoli del corpo, è una doccia tiepida di prima mattina. La sera potete optare per un bagno caldo, che aiuta a migliorare la circolazione e ad alleviare la tensione accumulata durante una giornata di lavoro. Al bagno si possono aggiungere dei sali, che danno immediatamente una sensazione di relax.
L’acqua calda stimola il flusso sanguigno, quindi durante il giorno, si può appoggiare una borsa dell’acqua calda sul collo. Se il dolore è intenso, però, è meglio del ghiaccio, che anestetizza.
Molto utili potrebbero anche essere i massaggi con degli oli essenziali, di citronella o lavanda, che hanno proprietà curative. Allo stesso modo, un balsamo alle erbe può avere un effetto analgesico.
Come abbiamo detto, nella maggior parte dei casi il dolore al collo non è preoccupante, ma in alcune situazioni è meglio consultare un medico. In particolare, è consigliabile andare immediatamente al prontosoccorso, se oltre al torcicollo, si avvertono dolori lancinanti e improvvisi alle braccia o alle spalle, se le braccia o le mani sono intorpidite o se non si riesce a toccare il petto con il mento.
Il medico normalmente è in grado di riconoscere le cause del dolore e indicare la terapia più adatta, a volte però sono necessari ulteriori esami di approfondimento: i più comuni sono la radiografia, la tomografia computerizzata (TAC) e la risonanza magnetica. Se il medico nutre il sospetto che il dolore sia causato dalla compressione di un nervo, questi prescriverà l’elettromiografia, che consiste nell’inserimento di piccoli aghi nella pelle per verificare quali nervi funzionano e quali no.
Dopo la diagnosi, il medico potrà consigliare una fisioterapia, che normalmente riesce ad eliminare il dolore. Soltanto nei casi più gravi è necessario intervenire chirurgicamente, ma questo non avviene quasi mai.
Naturalmente, anche per i dolori al collo, la cura migliore è la prevenzione: imparare ad assumere una postura corretta alla scrivania è fondamentale. Se trascorrete molto tempo alla scrivania, è importante cercare di stare diritti e non incurvarsi. Ogni ora ci si dovrebbe alzare e fare due passi. Lo stesso vale per gli automobilisti: se si è costretti a guidare per ore di seguito, è consigliabile sgranchirsi le gambe e i muscoli di tutto il corpo regolarmente.

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