Brufoli sul mento, solo colpa del ciclo?

 

I brufoli sul mento colpiscono donne di qualsiasi età, non solo le adolescenti. Questo inestetismo cutaneo crea disagio perché appare su una parte del viso subito visibile. Compare con maggiori frequenza in concomitanza dell’ovulazione e del ciclo mestruale aggiungendo malessere a malessere. Nelle forme più virulente, i brufoli provocano anche dolore.

Le cause dei brufoli sul mento

Una delle cause principali dei brufoli sul mento è la cd. “fluttuazione ormonale”. Gli ormoni regolano il ciclo femminile e nella fase iniziale producono più estrogeni e progesterone. Questo innalzamento ormonale si manifesta con ritenzione idrica e gonfiore, tipiche del periodo premestruale e mestruale. Per ritrovare il suo equilibrio, il corpo produce più testosterone. Maggior testosterone porta all’aumento di sebo. Le secrezioni delle ghiandole sebacee unite alle cellule morte e alla sporcizia che si deposita ogni giorno sulla pelle causano l’otturazione dei bulbi piliferi. Il risultato è la formazione di brufoletti e punti neri sul mento. Questo processo è assolutamente individuale e soggettivo: non colpisce tutte le donne allo stesso modo. Alcune vedono spuntare gli odiosi inestetismi 7-10 giorni prima del ciclo, altre vedono i capelli più grassi, altre ancora sono maggiormente irritabili. Le donne più fortunate avvertono solo un’aumentata sudorazione.

La fluttuazione ormonale si manifesta con il ciclo, ma anche durante la gravidanza e durante la delicata fase della premenopausa. Finite le mestruazioni la situazione si normalizza.

Esistono anche altri fattori per i brufoli sul mento: una pelle grassa, una predisposizione genetica, intolleranze a cosmetici o l’uso prolungato di farmaci, periodi di forte stress e una dieta alimentare squilibrata.

I rimedi naturali per i brufoli sul mento

La famosa dermatologa Renée Rouleau, grazie a un’esperienza lunga 25 anni, ha capito che bisogna puntare sulla prevenzione e su prodotti specifici per ognuno dei 9 tipi di pelle delle donne. La prevenzione inizia a tavola: 2 litri di acqua al giorno, verdura, frutta e alimenti con Omega 3 e 6 come il pesce e la frutta secca, pochi grassi e zuccheri. La parola d’ordine è un’alimentazione sana ed equilibrata.

Il passo successivo è praticare una “skincare routine” nei 7 giorni che precedono il ciclo usando prodotti antibatterici e lenitivi. Vediamo alcune soluzioni.

L’acido salicilico è perfetto per aiutare l’eliminazione dei batteri e dei residui di sporcizia che formano non solo i brufoli, ma anche i punti neri. Detergenti, sieri e maschere a base di acido salicilico sono un cura costante, ma vanno applicati solo nelle zone con brufoli perché l’acido salicilico tende a seccare la pelle.

L’argilla arricchita in eucalipto è un’ottima maschera purificante da applicare nelle zone a rischio (mento, collo e naso). Restringe i pori e non rende arida la pelle.

Il Tea Tree Oil si può applicare prima e durante le mestruazioni in modo da limitare il più possibile la comparsa dei brufoli sul mento. Si puo’ utilizzare da solo su un batuffolo imbevuto da passare sui brufoli o mescolato al tonico quotidiano in modo da creare un film protettivo sulla pelle per 24 ore.

L’Aceto di sidro di mela è ottimo per la prevenzione. Una settimana prima delle mestruazioni, passate sul viso un dischetto di cotone bagnato con l’aceto di sidro di mele. Lasciate asciugare e applicate un olio leggero. L’Aceto aiuta a conservare il manto acido della pelle che prima del ciclo tende a rompersi diventando terreno fertile per i brufoli.

Tra i consigli, quello di non stuzzicare o spremere i brufoli sul mento perché il pus dà luogo a infezioni e soprattutto recidive. Se i brufoli sul mento sono grossi e dolorosi è preferibile utilizzare creme specifiche a base di cortisone o antibiotici.

Questi sono suggerimenti utili, ma per approfondire problematiche più serie è opportuno rivolgersi al dermatologo o al ginecologo di fiducia che prescriveranno un tratamento specifico.

Dolore al seno destro vicino al capezzolo

Il seno rappresenta per la donna un organo fondamentale, sia per la sua funzione estetica, sia per quella legata all’allattamento. La ghiandola mammaria, però, presenta anche una serie di patologie che allarmano moltissimo le appartenenti al sesso femminile.
Caso molto frequente, date anche le cicliche modificazioni ormonali, è quello di una sintomatologia dolorosa che riguarda uno o entrambi i seni.
Le cause possono essere molteplici, non necessariamente gravi ma degne comunque di un approfondimento e di un inquadramento diagnostico preciso.
Se si avverte dolore al seno destro vicino al capezzolo, innanzitutto si deve verificare in che fase del ciclo mestruale ci si trova: infatti, spesso il dolore è determinato dall’assetto ormonale premestruale, che determina tensione mammaria, più evidente in corrispondenza del seno destro che generalmente è più voluminoso del sinistro. In questo caso il dolore si attenuerà fino a sparire con la comparsa delle mestruazioni. In fase di allattamento, invece, il dolore al seno destro vicino al capezzolo può indicare un accumulo di latte nei dotti, soprattutto se si tende ad attaccare il neonato solo al seno controlaterale per comodità o per la presenza, a destra, di ragadi mammarie fastidiose. Sempre durante l’allattamento, una sintomatologia dolorosa monolaterale, a partenza dall’area periareolare, si riscontra anche all’insorgere della mastite (malattia infiammatoria della mammella, particolarmente diffusa proprio in fase di lattazione).
Non è infrequente, inoltre, il riscontro di un calcolo nei dotti galattofori, anche se non si sta allattando. In questo caso la localizzazione del calcolo determina un dolore trafittivo, monolaterale, proprio a livello del seno interessato, vicino al capezzolo. La principale causa di dolore mammario monolaterale è la presenza di un fibroadenoma.
Si tratta di una formazione nodulare, benigna, di ordinario riscontro in sede di mammografia o ecografia mammaria, spesso palpabile. I fibroadenomi, soprattutto quelli di grandi dimensioni o particolarmente densi, qualora siano localizzati in prossimità del capezzolo determinano un dolore pungente o sordo in questa sede, soprattutto se vi si esercita una certa pressione. Poiché i fibroadenomi sono fortemente ormono-sensibili, la sintomatologia, in questi casi, è tendenzialmente di tipo intermittente e correlata alle fluttuazioni ormonali.
Altra causa possibile di dolore al seno destro vicino al capezzolo è la presenza di cisti mammarie in sede sotto areolare. In questo caso il dolore tende ad essere più sordo e sfumato. Se si avverte un dolore di tipo urente, accentuato dallo sfregamento, con molta probabilità si è in presenza di una ragade del capezzolo o dell’areola. Questo disturbo, del tutto innocuo, oltre che le donne in allattamento, colpisce con una certa frequenza anche nel periodo della menopausa. Il motivo più serio di dolore al seno è sicuramente rappresentato dalla presenza di un carcinoma maligno. Nel caso di dolore a un solo seno, vicino al capezzolo, in casi estremi si potrebbe trattare di carcinoma duttale a partenza, appunto, dai dotti galattofori. Un dolore monolaterale al seno destro vicino al capezzolo può essere ascrivibile anche a cause indipendenti da patologie mammarie. A titolo esemplificativo, potrebbe essere correlato a problemi che coinvolgano i muscoli della spalla o i pettorali, a patologie polmonari, dolori intercostali o fratture delle costole, artrosi cervicale o problematiche vertebrali. In casi particolari anche alcune patologie cardiache sono in grado di determinare dolore mammario monolaterale destro. Qualora si presenti una sintomatologia dolorosa ad un solo seno risulta necessario monitorarne l’andamento e rivolgersi al proprio medico. Questi, oltre a dare le opportune rassicurazioni, provvederà a prescrivere eventuali ulteriori accertamenti e a fornire una diagnosi precisa, nonché la terapia più indicata per risolvere il problema.

Male a metà schiena in gravidanza

Il male a metà schiena in gravidanza è una costante fastidiosa per le donne ma con un po’ di prevenzione qualche semplice esercizio fisico può essere tenuto sotto controllo. Il mal di schiena durante la gestazione compare tra il quinto e il settimo mese, ma anche nel primo trimestre di una gravidanza non è difficile che una puerpera accusi fastidi, dolori e contratture piuttosto costanti. Vediamo insieme sintomi, cure e rimedi.

I sintomi del male a metà schiena in gravidanza

 

Il male a metà schiena in gravidanza è localizzato nella zona lombare oppure in quella del bacino. Spesso interessa anche le gambe e il basso ventre, presentandosi quasi come una sciatica. Nei casi più gravi arriva fino all’altezza del torace, delle spalle e delle scapole.

Le cause del male a metà schiena in gravidanza

 

Medici e posturologi sono ormai concordi nel ritenere l’aumento repentino di peso la principale causa del male a metà schiena durante una gestazione: i chili in più, localizzati quasi tutto in seno e ventre, conducono la donna ad una posizione naturalmente sbagliata. La futura mamma è costretta ad adattarsi al nuovo corpo con uno spostamento del bacino che, non di lardo, le provoca una lordosi lombare. Cambia il modo di mettere testa, gambe, ginocchia e perfino la colonna vertebrale. Questi fastidi proseguono anche dopo il parto, dovendo mantenere spesso il bambino in braccio. La buona notizia è che essendo il male a metà della schiena dovuto ad una fase temporanea e ad un atteggiamento di costrizione, si può correggere.

I rimedi per il male a metà schiena in gravidanza

 

Una buona cintura lombare può essere efficace: si tratta di una benda elastica che comprime la zona lombare, massaggiando delicatamente i muscoli e sostenendo la colonna affaticata. E’ possibile anche fare prevenzione contro il male a metà schiena in gravidanza, facendo ginnastica correttiva, chiropratica pre e post parto, passeggiate, movimenti circolatori. Non ricorrete mai, senza consiglio del medico, a farmaci e antidolorifici in gravidanza per lenire il male a metà schiena.

Esercizi utili contro il male a metà schiena in gravidanza

 

Potete fare quattro esercizi semplici per ridurre il dolore.E’ stretching base, vi aiuterà a sciogliere l’acido lattico e a combattere l’indolenzimento dei muscoli quando il male a metà schiena in gravidanza diventa più acuto.

  • mettetevi sedute, con la schiena tesa e le gambe dritte, consiste nel toccare prima un piede, poi l’altro con le punte delle dita;
  • mettetevi carponi e inarcate la schiena il più possibile verso l’alto, stendendo i muscoli per almeno quindici ripetizioni;
  • state in piedi con le ginocchia piegate e le gambe divaricate: dondolate il bacino per sgranchirvi;
  • sempre in piedi: fate dei cerchi concentrici con braccia e gambe senza muovere il busto.
E’ stretching base, vi aiuterà a sciogliere l’acido lattico e a combattere l’indolenzimento dei muscoli quando il male a metà schiena in gravidanza diventa più acuto.

Quando consultare uno specialista

 

Se i sintomi persistono e il dolore si acutizza fino a impedirvi di muovervi, è il caso di contattare il vostro ginecologo e anche un ortopedico per una visita e una terapia specifica.

Omeopatia in gravidanza

La gravidanza è un momento della vita di una donna che genera numerose preoccupazioni. La medicina allopatica consiglia di assumere farmaci solo sotto la stretta vigilanza medica per evitare possibili conseguenze negative sulla salute del nascituro.
Ma l’omeopatia? Anche l’omeopatia tiene ovviamente in considerazione la gravidanza della donna e la salute del bambino, ma diversamente da quanto avviene nella medicina che cura solo i sintomi, non impone limitazioni nell’utilizzo dei rimedi omeopatici.

omeopatia
Spesso anche i medici non omeopati (come i ginecologi, che in numero sempre maggiore consigliano questo tipo di approccio), suggeriscono di utilizzare l’omeopatia per contrastare diversi disturbi comuni o specifici della gravidanza stessa.
L’altissima diluizione dei prodotti omeopatici consente che essi non attraversino la placenta e non siano trasmessi quindi al bambino; inoltre non sono composti da sostanze potenzialmente tossiche o con controindicazioni come i farmaci tradizionalmente intesi, e per questo motivo possono essere somministrati anche nelle fasi successive al parto, e non presentano rischi nemmeno durante l’allattamento.
Tra i tanti sintomi caratteristici della gravidanza, sono stati riscontrati notevoli benefici nel trattamento con rimedi omeopatici di stipsi, problemi legati all’apparato circolatorio come ipotensione, emorroidi o gonfiore agli arti soprattutto inferiori, ma anche a disturbi dell’apparato digerente, come ad esempio il reflusso gastrico, l’acidità o la scialorrea. L’omeopatia si è dimostrata molto efficace anche contro la nausea e per contrastare problemi dermatologici tipici della gravidanza, come la comparsa di macchie brunastre sulla pelle.
Anche la preparazione al parto può essere effettuata con l’aiuto di un medico omeopata che solitamente prescrive un ciclo di cura che copre l’ultimo mese della gravidanza stessa. I rimedi vengono assunti con più frequenza durante il travaglio secondo quanto indicato dall’omeopata. I vantaggi maggiori dell’assunzione di rimedi omeopatici durante il travaglio sono nell amaggior parte dei casi: riduzione dello stato di ansia della partoriente, maggior presenza di contrazioni e miglioramento dell’efficacia delle spinte, minor percezione del dolore e maggior contrattilità dell’utero con conseguente riduzione del rischio di emorragie ad esso correlate).
Anche la fase successiva al parto può essere resa più semplice e meno dolorosa con i rimedi omeopatici. Solitamente vengono somministrati rimedi per favorire la cicatrizzazione e per ridurre la debolezza post-partum. Inoltre alcuni rimedi omeopatici sono in grado di favorire l’allattamento e di ridurre le patologie ad esso correlate, come ad esempio le mastiti.
L’omeopatia è utilizzata anche nei casi di depressione post-partum, con il vantaggio di utilizzare sostanze che, diversamente dagli psicofarmaci, non si trasmettono nel latte assunto dal bambino.

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Cosa fare per rimanere incinta

Per alcune donne restare incinta è cosa facile, per altre assolutamente no.
Su 100 coppie che cercano di avere un bambino, 80-90 ci riescono entro un anno (al massimo entro due). Il resto ha bisogno di qualche aiuto e tanta pazienza. Le donne giovani sono più fertili.
Il ciclo mestruale è un periodo che dura in media 28 giorni. Si conta dal primo giorno.
Intorno al 12°/14° giorno avviene l’ovulazione (il rilascio dell’ovulo dalle ovaie).
La temperatura corporea cambia, aumenta.
In commercio si trovano test per ovulazione (calcolano la concentrazione di ormoni attraverso l’urina espulsa). Non sono attendibili al 100%, ma quasi.

incinta
E’ questo il momento giusto per provarci!
Un ovulo vive dalle 12 alle 24 ore. Gli spermatozoi non resistono più di 3 giorni.
Per avere maggiori possibilità di concepimento, è opportuno avere rapporti sessuali ogni 2 giorni.
In questo modo si ha certezza che qualche spermatozoo è sempre pronto per la fecondazione, a ogni rilascio dell’ovulo.
Di seguito, alcuni semplici e pratici consigli.
Seguire una dieta alimentare equilibrata e uno stile di vita sano, è fondamentale.
La frutta fresca e la verdura di stagione garantiscono il giusto apporto di vitamine, sali minerali, fibre: mirtilli, lamponi, peperoni rossi, pomodori e verdure a foglia verde.
Broccoli e spinaci sono ricchi di acido folico, vitamina importante per la salute della donna.
Latticini, frutta, verdure, carne, pesce sono alimenti che devono essere ben distribuiti nell’arco della settimana, al fine di trarne benefici.
Le ostriche, ad esempio, sono ricche di zinco. Purtroppo non piacciono a tutte.
Essere in sovrappeso o sottopeso, non fa bene alla salute e pregiudica i tentativi di concepimento.
Non tentate di perdere peso in un nano secondo! Così come non cercate di guadagnarne mangiando di tutto!
L’alimentazione deve essere sempre e comunque bilanciata. Un esperto nutrizionista può essere utile alla vostra causa.
Da evitare l’alcol, il fumo, il caffè (questo vale sia per lui sia per lei).
Bere un bicchiere di vino con i pasti, non fa male; ciò che danneggia, è abusarne.
Consultate il vostro medico, al fine di eseguire un controllo completo dello stato di salute di entrambi.
Voi e il vostro compagno dovete evitare lo stress. Niente pressioni! L’equilibrio psicologico è fondamentale. Utile è fare esercizio fisico quotidianamente.

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Cosa fare in gravidanza

La gravidanza, sia dal punto di vista fisiologico che psicologico, comporta una serie di cambiamenti dovuti all’alterazione dell’equilibrio ormonale. L’emozionante viaggio di 40 settimane, ha inizio per mezzo dell’incontro di due cellule, una maschile (lo spermatozoo) e una femminile (l’ovulo), le quali generano un’unica cellula, detta zigote che, dopo circa una settimana, annidandosi nell’utero, da vita al processo di sviluppo embrionale.
In genere, la scoperta avviene dopo un ritardo del ciclo mestruale, si ricorre al classico test di gravidanza; in realtà, già nelle settimane precedenti, alcuni segnali d’allarme, preannunciano l’avvenuta fecondazione: nausea, stanchezza, sensibilità al seno; sintomi tuttavia troppo simili a quelli pre-mestruali, tanto da passare inosservati!

gravidanza

Dopo una prima fase di gioia e di entusiasmo, le future mamme, iniziano a porsi tante domande; è importante non lasciarsi sopraffare dallo stress, e seguire i consigli giusti per attraversare con maggiore serenità questo periodo.

La prima cosa da fare è contattare il proprio ginecologo, il quale prescriverà gli esami del sangue che dovranno essere presentati quando sarà fissata la prima visita ginecologica, che quasi sempre coincide anche con la prima ecografia. Il medico potrebbe richiedere indagini approfondite, quali la traslucenza nucale, l’amniocentesi e la villocentesi, per verificare se il feto ha malformazioni o alterazioni cromosomiche.

Una buona abitudine è quella di assumere acido folico, la preziosissima vitamina B9, essenziale per combattere l’anemia e prevenire malformazioni congenite, già durante la primissima fase della gravidanza ( anche se gli esperti consigliano di assumerla già un mese prima della gravidanza, durante il concepimento) e almeno fino al terzo mese. L’acido folico si trova nelle verdure a foglia verde, nelle uova, nei legumi, oppure sottoforma di integratore.

L’apporto calorico, durante la gestazione, deve aumentare di 70 calorie nel primo trimestre, di 260 nei successivi tre mesi, mentre nell’ultimo trimestre di circa 500. Si consiglia un’alimentazione sana; no ai cibi troppo grassi e ipercalorici in quanto il bambino potrebbe seguire in futuro quelle tendenze alimentari. Si invece all’uovo, considerato un ottimo alimento per la presenza nel tuorlo della colina, una vitamina importante per lo sviluppo del sistema nervoso centrale del bambino.

Infine, si consiglia di abbandonare subito le cattive abitudini come fumare o bere alcolici, e di non assumere farmaci, ad eccezione del paracetamolo. Seguire uno stile di vita sano prendosi cura di sè, è la regola principale per garantire uno stato di buona salute al nascituro.

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Male alle ovaie

Sono tante le donne che lamentano il male alle ovaie e le cause potrebbero essere innumerevoli.
Quasi tutte le donne almeno una volta nella vita, hanno accusato una sorta di fitta dolorosa e di solito unilaterale, al basso ventre in corrispondenza delle ovaie.
Di solito sono sintomi di cui non preoccuparsi a meno che non siano associati con altri disturbi tipo un mal di schiena persistente, una forte presenza di muco nelle secrezioni vaginali e dolori ai reni.
In tal caso è importantissimo parlarne con il ginecologo di fiducia.
ovaie

Quali potrebbero essere le cause del male alle ovaie.

Innanzitutto è da escludere un tumore anche se potrebbero esserci patologie gravi.
Qualsiasi donna accusi male alle ovaie per più di tre settimane consecutive, deve necessariamente rivolgersi al ginecologo che dopo alcuni approfonditi esami, saprà sicuramente individuare la causa.
Nella maggior parte dei casi si potrebbe trattare di un ovaio policistico, di una cisti ovarica o di un’endometriosi ma il male alle ovaie è riconducibile anche ad una patologia denominata PID che è un’infiammazione pelvica, provocata dalla Clamidia o dal batterio della gonorrea.
Questa malattia si trasmette generalmente per via sessuale attraverso rapporti non protetti con persone infette.
Naturalmente a tutto c’è rimedio, ecco perchè è necessaria la visita da un ginecologo che dopo un’ecografia pelvica ed un tampone vaginale, riuscirà a diagnosticare la causa e la relativa cura adatta al caso.

Avere il male alle ovaie potrebbe essere sintomo di gravidanza, questo doloretto infatti è proprio uno dei primi sintomi che si presenta quando una donna è incinta.
Bisogna però fare estrema attenzione al perdurare di questo sintomo che se si prolunga potrebbe indicare una gravidanza extrauterina.
Quest’ultima patologia è una condizione impossibile per la sopravvivenza del feto ed è anche pericolosa per la futura madre.
Solitamente però, la gravidanza extrauterina si associa ad altre avvisaglie tipo il sanguinamento uterino.
In ogni caso ogni qualvolta si ha il presentimento che qualcosa non proceda alla perfezione, bisogna rivolgersi ad un ginecologo per gli esami del caso e le relative cure.

Il male alle ovaie è tipico del prima e durante la fase mestruale: moltissime donne soffrono di male alle ovaie poco prima delle mestruazione e durante il ciclo mestruale ma sono sintomi che una volta passato il ciclo, scompaiono spontaneamente.
Associati al dolore alle ovaie ci sono anche altri tipi di patologie come il mal di testa, il gonfiore addominale e la nausea.
I sintomi pre-mestruali iniziano durante la fase dell’ovulazione e per alcune donne sono davvero insopportabili tanto da interferire con le proprie abitudini quotidiane e sulle attività lavorative.
Anche in questo caso, deve intervenire un valido ginecologo che attraverso la prescrizione di una pillola anticoncezionale, riuscirà a limitare i problemi causati da questi fastidiosi malesseri.
E’ chiaro che se i dolori alle ovaie risultano sopportabili, si possono assumere blandi anti infiammatori che riducono gli spasmi muscolari o si può ricorrere all’utilizzo di una borsa di acqua calda da applicare sulla parte dolente mentre è rigorosamente da evitare il ghiaccio.
Esistono alcune teorie sui dolori alle ovaie in fase di ovulazione e cioè che il dolore sia provocato da un follicolo emergente che deve espandersi dalla membrana dell’ovaio o la rottura del follicolo che una volta che l’uovo è maturo, scoppia.

Che cosa fare quando si presenta il dolore.
Per prima cosa, bisogna interpellare il medico telefonicamente e solo se egli ritiene che non ci siano cause importanti, si può procedere all’assunzione di blandi anti infiammatori.
E’ fondamentale tenere sempre al corrente il medico se il male alle ovaie si prolunga per più di tre giorni e se ci sono sanguinamenti vaginali.
Potrebbe accadere infatti, che il dolore non sia un dolore ovarico ma dipendi dall’intestino.

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Attenzione al sovrapeso: per le donne rischio sordità

Il sovrappeso è un problema, anzi un patologia che interessa tutti indistintamente, dai bambini agli adulti ed è una delle malattie maggiormente diffuse nella nostra moderna società. Tuttavia, da una recente ricerca americana, si è evidenziata una relazione fra il sovrappeso femminile ed i problemi legati alla sordità. Quindi, il sovrappeso non è più solo un problema estetico, con cui le donne sono solite combattere, ma è anche un vero e proprio problema di salute che, a quanto pare, va ad influenzare anche l’apparato uditivo. Ma prima si soffermarci sulla ricerca, spieghiamo brevemente cosa si intende per sovrappeso e quanto ciò influenzi la vita di chi ne soffre.

Orecchio
Quando parliamo di obesità ci riferiamo ad un accumulo di grasso in maniera anomala e sproporzionata, che comporta grossi rischi per la salute umana, la cui causa è dovuta ad un accumulo eccessivo di calorie che non vengono smaltite dall’organismo. Sovrappeso ed obesità sono influenzati da una serie di fattori fra cui la predisposizione ereditaria, ma anche fattori ambientali e comportamentali come lo può essere una gravidanza. Ma fondamentale alla base di tutto è l’introduzione di cibi dannosi per la salute e il poco movimento fisico.
Secondo al ricerca effettuata da uno studio americano e pubblicato poi sull’American journal of medicine, di Boston, pare che le donne obese siano maggiormente a rischio di sordità. L’indagine effettuata su un maxi campione di 68 mila donne, è emerso che dal 22 al 25% di esse rischiano di diventare sorde, mentre per le donne con un girovita maggiore di 87 cm, il rischio di sordità aumenta fino al 27% in più rispetto a quelle con un girovita di 71 cm.
Ma come mai esiste questo legame fra grasso accumulato e sordità? Cosa c’è in comune fra i due elementi? Il motivo è legato al fatto che l’obesità non fa defluire il sangue e quindi ne ostacola il passaggio anche alle orecchie, che sono una zona del nostro corpo, ricca di vasi sanguigni. In secondo luogo, l’obesità provoca l’ipertensione che a sua volta ostacola la circolazione sanguigna.
Sicuramente un modo per evitare di incorrere in certe situazioni esiste e, secondo il parere dei medici dipende esclusivamente dalla possibilità di fare dello sport, che ridurrebbe il rischio di sordità del 15%.
E’ ovvio che, anche la dieta è importante per poter evitare il rischio di obesità, ma le diete miracolose non esistono. Inoltre le diete che escludono o limitano l’uso di certi alimenti a favore esclusivamente di altri, non sono consigliabili in quanto mancano di alcuni nutrienti importanti, che sono fondamentali per l’organismo. E per giunta, creano il classico effetto yo-yo, con il rischio di forti diminuzioni di peso e poi aumenti eccessivi anche del doppio.
Insomma è importante mantenere uno stile di vita sano, con una giusta alimentazione e con l’ausilio di un’ attività sportiva adeguata. Solo così sarà possibile scongiurare il rischio di qualsiasi patologia, fra cui anche della sordità delle donne.

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Le difficoltà psicologiche delle malate di tumore al seno

La diagnosi di un tumore al seno è uno degli eventi che rivoluziona la vita di ogni donna. In Italia sono molte le donne affette da tale patologia e, proprio a causa di questa massiccia percentuale, sono state intraprese attività volte a sostenere ed aiutare fisicamente e psicologicamente le donne colpite dalla neoplasia.

tumore-seno
Il cammino che ogni donna intraprende, nel momento in cui le viene diagnosticato un carcinoma alla mammella, comporta ansia, stress, depressione, rabbia, angoscia e sconforto. Tutto ciò determina un forte condizionamento non solo sullo stato psicologico, provocando stress rabbia e le altre difficoltà psicologiche poc’anzi elencate, ma influenza il soggetto malato anche dal punto di vista fisico, conducendo ogni paziente a far ruotare la propria vita intorno alla malattia.
La diagnosi, l’intervento e la terapia sono i momenti di un iter che destabilizza e trasforma l’equilibrio di una donna malata, la quale si troverà a fare i conti con uno degli eventi più drammatici: l’asportazione della mammella.
E’ opportuno precisare che tale intervento dipende dallo stato di avanzamento della patologia tumorale: tale intervento ha effetti devastanti sulla psicologia di una donna, poiché l’asportazione comporta la rimozione del seno, parte del corpo che custodisce il segreto della femminilità.
Colei che si trova privata della sua femminilità, avverte un senso di diversità nei confronti delle altre donne e quindi una difficoltà ad adattarsi, ad accettarsi, a prendere atto della situazione attuale e superarla.
Ulteriori difficoltà psicologiche scaturiscono dalla chemioterapia, il trattamento terapeutico usato per curare il cancro, che ha un effetto molto invasivo. Comporta infatti la perdita dei capelli, difficoltà nei gesti quotidiani anche più semplici, un senso di stanchezza, disturbi all’apparato digerente, reazioni cutanee e soprattutto alterazioni nervose.
Questi effetti collaterali acuiscono il senso di diversità e la difficoltà ad adattarsi, oltre ad incidere drasticamente sul piano psicologico delle pazienti, perseguitate dalla paura di morire e di non piacere.
Le difficoltà psicologiche, a cui vanno incontro le donne affette dalla patologia tumorale, possono variare di soggetto in soggetto e possono raggiungere gradi d’intensità diversi.

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Madri tutor a supporto delle vittime di violenza domestica

La violenza domestica rappresenta uno dei principali problemi del mondo femminile, per questo sono nate molte associazione, come Donne in Rete, la Cooperativa Sociale Cerchi d’Acqua, numerose case e centri di accoglienza, volti a tutelare la sicurezza delle donne che hanno subito maltrattamenti.

madri tutor
I dati rivelano che la maggior parte delle donne subisce maltrattamenti psicologici e fisici, causati soprattutto dai rispettivi coniugi o dai partner, provocando gravi danni allo stato di salute delle vittime, oltre a favorire la caduta in uno stato depressivo e d’isolamento.
Per tale motivo, grazie ad uno studio olandese, è stato stabilito un programma volto a dare un sostegno alle donne maltrattate, facendole affiancare a madri tutor, ossia donne addestrate in modo professionale per garantire un supporto esterno.
Le madri tutor imparano come preparare le vittime su temi quali la depressione, la presenza dei figli durante il maltrattamento e, soprattutto, a difendersi.
Il loro campo d’azione non è lo sterile studio medico; infatti le madri tutor garantiscono il loro supporto a domicilio ed è proprio questo elemento che ha reso efficace il loro intervento, aiutando molte donne ad accettare un aiuto esterno e ridurre, o addirittura eliminare, il livello di violenze subite.

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