Scrocchiare la schiena: fa male?

Una delle abitudini più frequenti di molte persone è quella di far scricchiolare le articolazioni. Far fare dei veri e propri scatti alle dita, alle ginocchia, al collo e alla schiena è più comune di quanto si pensi. Questa pratica generalmente viene usata per dare sollievo dopo molte ore di fissità posturale (per esempio per chi passa per motivi professionali molte ore alla guida o per chi lavora tutto il giorno al computer, o passa molte ore in piedi), o per risolvere stati di tensione articolare.
Far scricchiolare la schiena, o le altre articolazioni, è generalmente considerata una pratica dannosa che può portare a consumare precocemente le strutture cartilaginee fino a favorire l’insorgenza di artriti nel tempo.

La domanda quindi è: far scrisciollare la schiena fa bene o fa male?
La cavitazione articolare (questo è nome scientifico di questa pratica) dona una sensazione gradevole e di alleggerimento dalle tensioni che avvertiamo alla schiena, tuttavia la prima regola da osservare è che non bisogna esagerare facendo movimenti innaturali per la spina dorsale, dato che non è mai consigliato forzarne i limiti di mobilità.

Per la verità non vi sono molti studi in materia e la letteratura medica è ancora piuttosto carente in questo senso. Gli studi scientifici sui crack delle giunture sono iniziati negli Stati Uniti nel 1947, ma solo recentemente uno studio condotto da un team di ricercatori dell’Università dell’Alberta, in Canada, ha smentito l’orientamento secondo cui la cavitazione abbia effetti dannosi per le articolazioni.
Lo studio si è basato sull’osservazione delle strutture articolari sottoposte a cavitazione mediante la risonanza magnetica. A provocare il noto crack delle giunture sarebbero delle piccole bolle gassose che si formano tra gli interstizi delle giunture stesse, osservando che tra muscoli e tendini vi sono delle cavità nelle quali ristagna il liquido sinoviale, il lubrificante biologico delle nostre giunture.
Proprio nel liquido sinoviale si formano delle bolle di idrogeno e ossigeno derivanti dall’attrito e dalla compressione indotta dalle manovre che facciamo per indurre la cavitazione, e sarebbe l’esplosione di queste bolle a provocare il caratteristico rumore.
Secondo lo studio non vi sarebbero gravi conseguenze a carico della funzionalità articolare, né rischi particolari di andare incontro a fenomeni degenerativi o lesioni delle cartilagini.
Va osservato che probabilmente in certe condizioni, dovute a patologie concomitanti o a problemi metabolici, o ancora a particolari categorie professionali, o a eventi traumatici, la struttura delle cavità o la composizione del liquido sinovale può subire delle alterazioni. Questo si verifica per esempio con le borsiti.
Naturalmente, se il senso di fastidio che ci porta a far scricchiolare la schiena persistesse nonostante i ripetuti crack, e comunque nell’ipotesi di manifestazioni dolorose nonostante lo stretching, è d’obbligo ricorrere all’ortopedico o al fisioterapista per gli esami e i trattamenti del caso.

Movimenti dolci sono certamente indispensabili per praticare correttamente qualsiasi forma di stretching, che sia muscolare o articolare, per non rischiare lesioni o pericolose torsioni che possono portare a danni a carico della colonna.
Anche la pratica del cosiddetto “abbraccio dell’orso”, che prevede che un’altra persona ci cinga in un abbraccio vigoroso facendo scricchiolare la schiena, può comportare dei seri rischi di infortunio per costole e polmoni.
Il consiglio è quello di non esagerare nello far scricchiolare la schiena troppo spesso e di ascoltare sempre i segnali del proprio corpo.
Nel caso in cui i disagi siano dovuti a posture imposte dal lavoro, è bene imporsi una piccola pausa almeno ogni due ore per cambiare posizione, anche magari facendo due passi per sgranchire le gambe, riattivare la circolazione e praticare qualche allungamento in maniera dolce.
L’esercizio fisico praticato con regolarità è la migliore medicina per le nostre articolazioni, dato che con una funzione muscolare tonica anche i carichi di lavoro sulle articolazioni sono ripartiti in modo ottimale.
Molto meglio quindi praticare ginnastica dolce o discipline come il Tai Chi, piuttosto che stressare le articolazioni, specialmente la colonna vertebrale, visto che ancora non è del tutto chiaro se queste pratiche implicheranno un prezzo da pagare negli anni a venire.

Osteopata: cosa fa?

L’osteopata:

chi è?

L’osteopata è una figura abbastanza nuova nel campo della medicina moderna. Si tratta dello specialista il cui compito è di migliorare le condizioni psicofisiche del paziente, in modo da favorire il recupero del suo stato di salute. Al giorno d’oggi è possibile notare una notevole diffidenza verso la figura dell’osteopata e il motivo principale è che questi promuove l’autoguarigione dell’organismo.

Cosa fa?

Per mezzo di massaggi vari, l’osteopata cerca di ristabilire lo stato della struttura scheletrica di sostegno. Questo dovrebbe garantire all’organismo un buon livello di benessere, poiché ogni parte del corpo è collegato all’altra. Per rimettere in moto le funzioni dell’organismo l’osteopata fa un ampio utilizzo delle proprie mani. Queste gli permettono di percepire le variazioni che spesso si verificano nelle strutture corporee, indipendentemente se si tratta di muscoli, articolazioni, ossa o visceri. Sempre con le mani l’osteopata cerca di rimuovere le limitazioni che ne impediscono il funzionamento. Il suo lavoro è molto simile a quello di un massaggiatore: con le mani egli ripristina l’integrità dell’organismo, donando alla persona il benessere.
L’osteopata, oltre ad agire localmente sul problema, agisce su tutto l’organismo del paziente. In questo modo egli è in grado di agire anche sul sistema nervoso autonomo. Quest’ultimo, a sua volta, condiziona numerosi fattori dell’organismo, tra cui la pressione sanguigna, il battito cardiaco e la frequenza respiratoria. Sebbene ogni organismo abbia delle proprie specificità e quindi sia diverso dagli altri, l’osteopata è in grado di trovare un aspetto generalizzato per riuscire nell’impresa. Le sedute di osteopatia durano, generalmente, circa 60 minuti. La fase iniziale prevede un breve colloquio. Durante quest’ultimo il paziente espone i problemi che lo affliggono. La seconda fase è quella della valutazione osteopatica. Durante quest’ultima lo specialista esegue una serie di test osservativi e di palpazione. Lo scopo di questi test è di valutare l’integrità strutturale dei tessuti molli e del sistema cranio-sacrale. La terza fase è quella di trattamento vero e proprio. L’osteopata inizia a utilizzare le mani per eseguire le manipolazioni articolari, correggendone le posizioni spaziali, o quelle viscerali, in grado di ridare la motilità di funzionamento a un organo. Dopo il trattamento, tra l’osteopata e il cliente avviene la quarta fase, quella del colloquio finale. Si parlerà di nuovo delle problematiche riscontrate, ma questa volta durante la seduta. Verranno ipotizzate le cause e forniti i suggerimenti per migliorare lo stato di benessere della persona.

Quando andarci?

All’osteopata bisogna rivolgersi quando si percepiscono dei dolori muscolari o scheletrici, oppure se si riscontrano le limitazioni di movimento. L’osteopata, però, è in grado di trattare anche le problematiche che apparentemente non hanno niente in comune con la difficoltà mobile e le limitazioni di movimento. In particolare può eliminare la stanchezza cronica, agire sulle cefalee, trattare le otiti e le sinusiti oppure ridurre i disturbi digestivi. Oltre a traumi muscolari, l’osteopata è in grado di medicare le lombargie, le cevralgie e le artrosi. Una visita dall’osteopata può essere consigliata anche per svolgere una corretta prevenzione delle malattie di postura oppure per correggere i difetti di postura e le dolenzie scheletriche. In minor misura l’osteopatia è in grado di trattare anche i mal di testa e persino i disturbi di natura psicologica, come lo stress e la depressione. Questo perché l’azione dell’osteopata su particolari punti dell’organismo del paziente è in grado di diminuire la produzione del cortisolo, ormone responsabile dei livelli dello stress e della depressione. Una seduta dall’osteopata, insomma, oltre a curare patologie, è in grado di ridare freschezza ed energie utili al lavoro o allo studio.

cervicale rimedi omeopatici

La cervicale è un disturbo che colpisce gran parte della popolazione mondiale.

Il dolore cervicale, può rappresentare se persistente, un grave ostacolo alle nostre attività quotidiane, per cui è opportuno diagnosticarlo, e fronteggiarlo attraverso delle cure idonee.

L’omeopatia, offre diverse soluzioni contro la cervicalgia, con differenti rimedi pensati per le cause di tale disturbo che può essere provocato da fattori di diversa natura; cause psicosomatiche, di errata postura, traumi da sport, o esposizione alle correnti d’aria .

Una delle terapie deputate alla cura dei dolori cervicali, è l’Hypericum perforatum una pianta sempreverde (appartenente alla famiglia delle Clusiacee), le cui sommità fiorite hanno delle proprietà sedative. Tale soluzione, particolarmente indicata per traumi delle terminazioni nervose, può portare a un acutizzarsi del dolore, quando si sollevano le braccia. In caso si accusi tale sintomatologia, un rimedio particolarmente efficace, risulta quello di sdraiarsi sull’addome. L’iperico si assume tramite capsule o compresse al mattino.
Nel caso di dolori e tensioni alla nuca, causa di traumi e spasmi muscolari derivati da una cattiva postura (ad esempio durante l’attività lavorativa), è utile cautelarsi con un rimedio omeopatico, chiamato cimicifuga. Ottenuto dalla Tintura Madre dell’ Actea Racemosa, una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Ranunculaceae, tale rimedio non garantisce subito un immediato sollievo, ma solitamente porta a dei risultati solo nell’arco di una o più settimane dal suo utilizzo, la quantità di rimedio omeopatico varia da individuo ad individuo, e cambia a seconda del tipo di preparato che si intende realizzare.
Nel caso in cui i sintomi degenerino in vera e propria artrosi cervicale, con fitte dolorose e vertigini , un rimedio particolarmente indicato è la Bryonia, una pianta erbacea perenne della famiglia delle Cucurbitaceae dalle cui radici fresche si ottiene uno dei maggiori policresti della medicina omeopatica. Tale pianta viene raccolta prima della fioritura e poi dinamizzata.Si consiglia la somministrazione di cinque gocce o tre granuli ogni ora, ma per una giusta posologia del farmaco è utile rivolgersi al vostro omeopata di fiducia.
Se accusate dolori cervicali dovuti a condizioni di umidità , la dulcamara farà sicuramente al caso vostro. Questo arbusto appartenente alla famiglia delle solanacee, noto per il sapore dolce e amaro della sue foglie è un ottimo rimedio contro la cervicalgia. Il dosaggio quotidiano è di venti gocce, da assumere tra le due o quattro volte al giorno, ma la frequenza di assunzione del farmaco può variare a seconda delle necessità del paziente. Il farmaco è altresi’ presente in compresse o granuli. Un’altro rimedio usato per la stessa sintomatologia di dolori cervicali legati all’umidità, è il Rhus Toxicodendron che deriva da un arbusto della famiglia delle Anarcadiacee. Tale prodotto omeopatico è particolarmente indicato per la cura del torcicollo, si consiglia l’assunzione di cinque granuli di Rhus Toxicodendron ogni due ore, anche se la posologia di somministrazione del farmaco varia a seconda della gravità dei dolori avvertiti dal paziente.

male al ginocchio esterno, perché colpisce i runner?

Chi corre conosce molto bene quel fastidioso dolore al ginocchio esterno che talvolta lo coglie alla sprovvista, costringendolo a limitare – se non addirittura a saltare – gli allenamenti in programma. Che si tratti di un professionista o di un atleta amatoriale, infatti, il runner non di rado è costretto a fare i conti con questo fastidioso e indubbiamente limitante problema. Il dolore al ginocchio esterno compare solitamente verso la fine dell’allenamento, e insorge quasi in sordina. Inizialmente si tratta solo di un leggero fastidio che mano a mano va intensificandosi, sino alla possibilità di doversi fermare per un periodo. Chi non ha dimestichezza con la corsa e con questo tipo di problema, non di rado si spaventa e ha paura che si tratti di qualcosa di grave e invalidante. Non è così, ma è necessario comunque prestare molta attenzione. Questa tipologia di dolore, infatti, è causato da un trauma molto comune, in particolar modo tra chi corre.

Infatti, si parla di ginocchio del corridore, ovvero di un dolore scatenato da una frizione che riguarda la bandelletta ileotibiale (fascia femorale bassa).

Perché questo disturbo è molto frequente tra i runner?

perché, in virtù delle modalità della corsa stessa, questi caricano molto sul ginocchio, soprattutto quando corrono su sterrato o con scarpe inadatte al running. Un podista in sovrappeso, poi, avrà certamente più possibilità di soffrire di questa patologia, mentre tra le cause più diffuse, oltre allo sforzo e al carico eccessivo che grava sul ginocchio, ci sono anche la postura scorretta e allenamenti sbagliati, calibrati in maniera scorretta, discontinui oppure semplicemente eccessivi.

Alla base del ginocchio da podista non di rado ci sono malformazioni muscolo-scheletriche – persino di lieve entità – che predispongono il runner verso questo disturbo.

Come comportarsi quando iniziano i primi sintomi?

è necessario correre ai ripari il prima possibile limitando gli sforzi eccessivi a carico del ginocchio. Questo vuol dire limitare gli stress derivanti magari da sforzi eccessivi effettuati su terreni irregolari, ovvero strade sterrate, accidentate o in pendenza; quando ci si allena, laddove è possibile è sempre preferibile farlo su terreni pianeggianti e regolari.

Quali possono essere gli accorgimenti utili per prevenire?

La sindrome della bandelleta ileotibiale può essere causata anche da sessioni di allenamento troppo dure e intense rispetto a quella che è la prestazione atletica del podista; in altre parole, spingere l’organismo a dare molto più di quello che è in grado di dare, pretendere da esso prestazioni nettamente superiori a quelle cui è abituato, non è mai un’idea positiva. Per essere realmente efficaci e prive di rischi, le sessioni di allenamento devono avere un’intensità crescente, e un podista, così come ogni altro atleta, deve avere sempre ben presenti i propri limiti e le modalità giuste per superarli. Affaticare troppo il ginocchio a causa di sessioni sovradimensionate e spropositate rispetto alla reale preparazione atletica sono il modo più certo per scatenare la reazione infiammatoria che determina il dolore alla parte esterna del ginocchio. Per prevenire questa patologia è necessario in primis effettuare sessioni di allenamento mirate per rafforzare le ginocchia. Inoltre è utile perdere peso e ridimensionare gli allenamenti, rendendoli il più possibile graduali. In ultimo, se il dolore insorge comunque, fermarsi e fare degli impacchi col ghiaccio.

 

 

 

Male al polso

Ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha dovuto fare i conti con quel fastidiosissimo dolore al polso che complica anche i più elementari gesti quotidiani.
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Che il male sia causato da piccoli traumi piuttosto che da patologie più serie, la diagnosi del problema non è mai semplice proprio a causa della molteplicità delle cause che spesso si presentano con sintomi molto simili.
Tuttavia, è indispensabile un accertamento preciso delle cause che provocano il dolore perché solo così è possibile intraprendere la cura più adatta che impedisca il ripetersi ciclico del disturbo.
Non tutti i dolori al polso richiedono cure mediche specifiche: nel caso di lievi distorsioni, per esempio, può essere sufficiente l’applicazione di ghiaccio sulla parte dolorante, di riposo dell’arto e, tuttalpiù, di un leggero antidolorifico.
Se al dolore si associa gonfiore allora il ricorso al medico è fondamentale in quanto una cura frettolosa può potare sì ad un beneficio temporaneo ma al contempo ad una riduzione della mobilità.
Le distorsioni, gli stiramenti e le fratture sono causate molto spesso da cadute in avanti attutite con le mani ma possono anche sopraggiungere con il ripetere costante di uno stesso movimento ovvero per uno stress dell’articolazione.
Un discorso a parte meritano invece i dolori al polso riconducibile ad artrite, una patologia rara che interessa soprattutto quei soggetti che hanno subito in passato una frattura. L’usura della cartilagine è invece foriera di osteoartrite che causa un dolore concentrato alla base del pollice,
Decisamente più nota è la sindrome del tunnel carpale, causata da una eccessiva pressione sul nervo mediano: è questa sicuramente la patologia più diffusa negli ultimi anni, generata dall’uso eccessivo di telefoni cellulari, del mouse del pc e dai moderni controller delle console di videogiochi.
Un’altra possibile causa del dolore al polso sono le cisti gangliari,tanto piccole quanto dolorose, che si localizzano nella parte superiore del polso.
In generale questi disturbi possono essere trattati con gli antidolorifici più comuni o nei casi più gravi con iniezioni di cortisone.
Se il dolore è provocato da fratture, innanzitutto si dovrà procedere con la ricomposizione della stessa e con l’opportuna ingessatura; per le slogature invece basterà un tutore di protezione.
Ci sono poi casi di rotture talmente scomposte da richiedere l’intervento di chirurgia. Ma al chirurgo bisognerà ricorrere anche in caso di sindrome di tunnel carpale.
In ogni caso, il male al poso non deve mai essere sottovalutato e prontamente reso noto al medico di base che, accordate le opportune cure, ci preserverà nel corso dal presentarsi di patologie più gravi e invalidanti.

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Alluce Valgo

Cos’è l’alluce valgo?

L’alluce valgo è un problema che affligge molte persone e che vede la punta dell’alluce avvicinarsi alle altre dita del piede mentre il primo metatarso si allontana, facendo la classica ‘cipolla’ rossa che si irrita e si infiamma a contatto con le calzature. La moda delle scarpe con tacchi alti e punta stretta di certo non aiuta a migliorare la situazione di chi ha l’alluce valgo: è importante non sottovalutare le conseguenze che può portare questo problema.

alluce valgo

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Cause dell’alluce valgo

Le cause dell’alluce valgo sono molteplici: può essere un problema congenito ma non solo. L’alluce valgo può essere dovuto anche a traumi muscolari, patologie reumatiche, infiammazioni. Anche la patologia del piede piatto sembra essere correlata al verificarsi di numerosi casi di alluce valgo: proprio per la forma del piede, appiattito al centro, si tende a caricare di più la parte anteriore del piede, causando proprio l’alluce valgo. Nonostante queste patalogie e il fattore congenito, anche il ruolo delle calzature indossate e di tendenza (come tacchi alti e punte strette) sembra essere fondamentale nel corso della patologia. Ecco perchè gli specialisti non si stancano mai di consigliare la scelta di scarpe comode, che siano adatte alla forma naturale del piede.

Conseguenze dell’alluce valgo

Oltre ad essere fastidioso per il piede, l’alluce valgo può comportare altre conseguenze tra le quali le più importanti sono: -ginocchio valgo, con la rotula tendente verso l’esterno, che porta all’affaticamento di tutta la gamba; -pericologo di lombalgia cronica, dovuta alla scorretta postura dovuta da piede e ginocchio con questo problema; -postura scorretta e affaticamento a gambe, schiena e piedi.

Cosa fare per evitare l’infiammazione dell’alluce valgo

Ecco alcuni brevi consigli per evitare i dolori fastidiosi dovuti all’infiammazione dell’alluce valgo: -indossare scarpe comode, che si adattino alla forma naturale del piede; -cercare di tenere il proprio peso forma: più siamo pesanti, più il piede è soovraccaricato; -utilizzo di strumenti adatti, per separare le dita dei piedi; -esercizi per il piede e per l’alluce, che vi indichiamo qui di seguito.

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Esercizi per l’alluce valgo

Esercizio 1:

Questo esercizio vi servirà per verificare l’equilibrio e la mobilità del piede.

Mettetevi in posizione eretta, con gambe leggermente piegate e divaricate. Oscillate in avanti e indietro delicatamente, concentrando l’attenzione sui movimenti del piede. È importante non staccare il tallone e il piede dal pavimento.

Per completare l’esercizio, prendete una pallina di gommapiuma e passatela dalla punta del piede fino al tallone, massaggiando. Poi con le dita del piede, cercate di afferrarla e fermarla, per poi continuare il massaggio. Al termine dell’esercizio (consigliamo di farlo almeno 5 volte per piede, in modo lento e tranquillo), potete procedere con un massaggio plantare.

Esercizio 2:

Questo esercizio è utile alla mobilità delle dita del piede.

Prendere il mignolo e l’alluce del piede e staccateli delicatamente dalle altre dita del piede. Incrociate le dita della mano con quelle del piede. Poi, come ultimo passaggio, cercare di massaggiare le dita come se fossero un tappo di una bottiglia che volete aprire.

Esercizio 3:

Rinforzo delle dita.

Cercate di dover prendere un oggetto con le dita del piede: in questo modo si rinforza tutta la pianta del piede e le dita.

Esercizio 4:

Stendetevi a pancia in sù e sollevate le gambe, piegando il ginocchio in modo tale da formare un angolo di 90° con la gamba. Stendete il collo del piede e poi tirate su le punte. In questo modo si esercita anche l’elasticità della caviglia.

Esercizio 5:

Con l’aiuto del manico di una scopa, saliteci sopra come se fosse la trave di una ginnasta. In questo modo l’equilibrio del piede viene messo alla prova. Poi girate il bastone e mettete il piede sopra in modo tale che la pianta del piede sia appoggiata sul bastone.

Esercizio 6:

Cercate di camminare utilizzando varie parti del piede: prima con le punte, poi con i talloni…

Esercizio 7:

Sedetevi in una sedia e appoggiate i talloni sulle gambe della stessa. Mettete in un calzino una pallina da tennis. Cercate di tirar su il calzino utilizzando l’alluce e il secondo dito del piede, utilizzando come appiglio il lembo del calzino. Sarà utile per fare un esercizio di sollevamento pesi dedicato al piede.

Esercizio 8:

Prendete un elastico di quelli utilizzati anche in palestra. Sedetevi in una sedia e stendete una gamba. Fasciate l’elastico attorno all’alluce e cerca di fletterlo senza muovere le altre dita del piede.

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La Fisiokinesiterapia

La Fisiokinesiterapia è un’innovativa tipologia di fisioterapia: come quest’ultima, serve a recuperare le funzionalità dell’organismo perse in seguito a incidenti oppure a malattie invalidanti. La Fisiokinesiterapia si basa interamente sul movimento; si tratta di un particolare tipo di ginnastica che funge da terapia consentendo al corpo di prevenire e curare le più diffuse patologie inerenti muscoli, ossa e scheletro.

Fisiokinesiterapia[sws_related_postleft showpost=”3″] [/sws_related_postleft] La Fisiokinesiterapia, infatti, aiuta a non sviluppare questo genere di disturbi o, se precedentemente sviluppati, aiuta a combatterli. Per questi motivi negli ultimi anni si è affermata come una branca importante della riabilitazione: i medici consigliano di effettuare sedute di Fisiokinesiterapia dopo le operazioni o dopo aver subito traumi di diverso tipo. La Fisiokinesiterapia si basa su movimenti particolari che educano – o rieducano – al mantenimento di una postura corretta. Il paziente apprende così esercizi molto semplici che lo aiutano a mantenere i muscoli in allenamento e a sentire meno il dolore post-operatorio, recuperando in breve la funzionalità degli arti. [sws_related_postright showpost=”2″] [/sws_related_postright] La Fisiokinesiterapia può essere utilizzata per curare patologie diverse, come problemi ortopedici (scoliosi, cifosi, distorsioni, fratture, infiammazioni, lussazioni), patologie neurologiche (sclerosi multipla, ictus, paralisi infantili), disturbi cardiovascolari e respiratori, problemi reumatologici (artriti e reumatismi). [author] [sws_related_post]