Alcool e mortalità: bere poco è meglio di non bere affatto

Una ricerca pubblicata sulla rivista “Population Research and Policy Review” ha dimostrato che molte delle nostre “salubri” convinzioni, in realtà fanno acqua da tutte le parti! Ci avevano già detto che bere un bicchiere di vino a tavola, ogni giorno, previene i tumori … ma non è tutto: I ricercatori dell’Università del Colorado Boulder e dell’Università del Colorado Denver hanno scoperto che il rischio di mortalità è più alto per gli astemi che per gli individui che bevono con moderazione.

vinoI dati riportati dal “National Health Interview Survey” hanno preso in considerazione un campione di quarantunmila persone provenienti dagli Stati Uniti d’America, i quali sono stati divisi in tre categorie facenti riferimento a tre abitudini diverse: ex-bevitori, astemi e bevitori occasionali.
Le ragioni che gli astemi adducevano per la loro repulsione all’alcool erano di varia natura: c’è chi non amava il sapore dell’alcool, chi se ne asteneva per motivi religiosi, morali, famigliari o/e educativi. L’idea che il consumo di alcool potesse essere dannosa per la salute, probabilmente è una ragione troppo banale per essere ammessa:ed invece risulta che gli astenuti hanno la stessa probabilità di morte dei bevitori occasionali, attestata al 17%.

Rispetti ai bevitori moderati, gli ex bevitori o alcolisti hanno il 38% di probabilità in più di morte, coloro che consumano uno o due bicchieri al giorno, regolarmente, hanno un maggiore rischio del 9%; chi consuma dai due a tre bicchieri al giorno un 49% di probabilità, mentre, infine, le persone che assumono più di tre bicchieri al giorno accusano un maggiore rischio di morte del 58%.
Sembra dunque che “poco alcool” sia molto meglio che “niente alcool!”

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Come conservare al meglio gli alimenti nel frigorifero

La conservazione degli alimenti richiede particolare attenzione affinché il loro consumo sia il più possibile sicuro e godibile. Non basta infatti limitarsi al rispetto della data di scadenza indicata dal produttore, occorre anche che il cibo sia collocato al giusto posto per mantenersi correttamente.

frigo
La cura degli alimenti serve a mantenerne il più a lungo possibile tutte le caratteristiche di gusto, sapore e odore che le rendono appetibili, oltre naturalmente a garantire la loro idoneità al consumo. Per questo motivo è importante proteggere gli alimenti crudi con pellicole o contenitori, e mantenerli alla giusta temperatura.
Nei più recenti frigoriferi ad alta tecnologia il freddo viene ripartito in modo uniforme da diversi motori, a volte è persino possibile selezionare temperature differenti per altrettanti settori dell’apparecchio; nei più comuni elettrodomestici, invece, questo non è possibile ed è quindi estremamente importante saper collocare nel posto giusto i cibi secondo la loro tipologia. Frutta e verdura vanno riposti nei cassetti appositi situati nella parte bassa, o sul ripiano subito sopra; uova, latticini, salumi e cibi cotti devono andare nel ripiano più alto; al centro, infine, vanno stoccati carne e pesce crudi, affettati e insaccati.
Molti sono gli accorgimenti per garantire un corretto funzionamento del frigorifero e quindi la giusta conservazione degli alimenti: nulla deve toccare le pareti; le confezioni aperte e i cibi cucinati vanno sigillati con pellicola protettiva o riposti in contenitori ermetici; prima di inserire un alimento cotto occorre aspettare che si sia raffreddato completamente (potrebbe abbassare la temperatura dell’apparecchio, danneggiando l’intero contenuto); mantenere separati gli alimenti crudi da quelli cotti o precotti; pulire periodicamente l’interno del frigorifero con acqua e aceto, oppure prodotti specifici; non riempire eccessivamente i ripiani, garantendo la circolazione dell’aria tra gli alimenti; eliminare i prodotti giunti a scadenza e consumare in fretta i cibi freschi, evitando la formazione di muffe.
Nel congelatore i cibi si conservano più a lungo, secondo questi tempi: 12 mesi frutta e verdura, dai 4 ai 9 mesi carne (meno i volatili e i conigli), dai 2 agli 8 mesi pesce, molluschi e crostacei (meno questi ultimi, di più il pesce magro); dai 2 ai 4 mesi dolci e cibi precucinati. E’ opportuno mantenere il congelatore alla temperatura di 18°, verificando che non ci sia formazione di ghiaccio. Il trasporto dei cibi surgelati dal negozio a casa deve avvenire all’interno di borse termiche, per il più breve tempo possibile: è assolutamente vietato perché potenzialmente molto dannoso per la salute ricongelare un cibo scongelato. Come per il frigorifero, i cibi cotti vanno riposti solo dopo che si siano completamente raffreddati.

Obesità e diabete: ecco il perchè di questa stretta relazione

Obesità e diabete di tipo 2: da sempre, chi soffre della prima è più vulnerabile alla seconda. Ora, la relazione viene spiegata con l’abbondanza degli adipociti, le cellule del grasso, che provocano il fermo alla produzione d’insulina.
Questa la tesi sostenuta da una ricerca dell’Università di Ancora, Centro obesità, diretta dal dottor Saverio Cinti e pubblicata dal Journal of lipid research.

diabeteTramite una serie d’indagini iniziata nel 2005, gli scienziati anconetani hanno evidenziato una condizione di partenza: l’adipe favorisce una situazione d’infiammazione che porta alla morte degli adipociti e ,quindi, al diabete di tipo 2.Dopo ulteriori esami, gli esperti hanno scoperto come la presenza di grandi quantità di grasso, condizione tipica delle persone con peso in eccesso, favorisce la morte degli adipociti causa della fine della produzione d’insulina.

Secondo Cinti e colleghi, si tratta di un processo di piroptosi, cioè con una reazione vivace dell’organismo: prima, una reazione molecolare provoca infiammazione e l’attivazione dell’enzima capsail1:poi, l’enzima stimola la creazione di citochine infiammatorie, ultime responsabili della comparsa del diabete di tipo 2.
Soddisfatti gli scienziati, che ritengono come la maggiore conoscenza del sistema porterà a farmaci e procedure anti diabete più efficaci.

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Bere tanta acqua aiuta il cervello

Il corpo umano è composto per oltre l’80% di acqua, elemento indispensabile a mantenere nei corretti livelli idrici i vari organi che lo compongono e che ne determinano il giusto funzionamento.
Bere molta acqua in genere, specie nei periodi in cui le temperature sono elevate o quando si svolge un’intensa attività fisica, è molto importante perché non avendo l’organismo riserve proprie d’acqua, quella che introduciamo svolge più funzioni, non solo regola l’equilibrio elettrolitico, trasporta le varie sostanze, ma soprattutto elimina le scorie.

acquaL’assunzione costante di liquidi, fa bene a tutto il corpo in generale e a tutti gli apparati come il cuore, il sistema nervoso, i reni ed infine la pelle. L’acqua è l’elemento fondamentale per il buon funzionamento del sistema nervoso e del cervello, la carenza di essa può provocare mal di testa con cefalee ricorrenti, stanchezza fisica fino alle allucinazioni, disattenzione, perdita della concentrazione e della memoria. Essendo il cervello composto da circa 85% di acqua, è la percentuale più alta nel corpo umano, berne molta aiuta le cellule nervose a garantire una maggior efficienza a vantaggio delle prestazioni mentali.
Ma cosa accade quando assumiamo poca acqua?
L’insufficienza di liquidi provoca nel cervello una momentanea contrazione della materia grigia, con conseguente svuotamento delle aree di separazione tra i tessuti, tutto ciò va ad influire non solo sulle dimensioni dell’organo, ma soprattutto sul suo funzionamento.

Secondo studi recenti, bastano novanta minuti di sudorazione costante per ridurre la massa grigia al pari di un anno d’invecchiamento. Tale deficit per fortuna non è permanente, ma solo momentaneo, l’importante è provvedere ad una giusta reidratazione ed il nostro cervello torna alla normalità.
E’ importante ricordarsi che bere molta acqua assicura un trasporto ottimale di ossigeno al cervello, migliorando così le funzioni cognitive, inoltre è bene sapere che quando sentiamo lo stimolo della sete, siamo già disidratati.
Il problema dell’idratazione in senso generale, varia a seconda del tempo o dell’attività che si sta svolgendo, è basilare ricordarsi che ogni cellula del nostro corpo dipende dall’acqua.

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Bevendo bibite gassate aumenta il rischio dei calcoli renali

Un recente studio, condotto da ricercatori della Facoltà di Medicina e chirurgia “A.Gemelli” dell’Università di Roma in associazione a scienziati della Haward University di Boston, ha dimostrato che bere quotidianamente bibite gassate zuccherate aumenta il rischio di formazione di calcoli renali.
bibiteGli studiosi sono giunti a questa conclusione dopo otto anni di dure ricerche e dopo aver coinvolto 194 mila persone ed esaminato 20 tipi diversi di bevande con e senza zucchero, con e senza cola oltre a birra, vino, succhi di frutta, caffè decaffeinato e non, tè con e senza teina e quant’altro. Hanno stabilito che assumere un bicchiere o una lattina di queste bibite non solo favorisce l’obesità, il diabete, la cellulite e le carie ma anche i calcoli renali. L’incremento di incidenza oscillerebbe tra il 23-33% nelle persone che sorseggiano ogni giorno queste bevande ricche di zucchero e bollicine rispetto a coloro che le assumono solo una volta a settimana. Lo studio è stato condotto da Pietro Manuel Ferraro, nefrologo presso l’Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore-Complesso Integrato Columbus con il sostegno del Responsabile UOC di Nefrologia del Policlinico A. Gemelli, Giovanni Gambaro e di Gary Curhan dell’Università di Haward.
L’indagine è stata pubblicata sulla rivista “Clinical Journal of the American society of nephrology”. I ricercatori hanno sottolineato inoltre che, a differenza di quanto si era sempre sostenuto, il caffè ed il tè non avrebbero controindicazioni per coloro che soffrono di calcolosi renali ma avrebbero, al contrario, benefici effetti su questi pazienti e che pertanto la presenza di ossalato non sarebbe pericoloso per l’apparato renale. Hanno aggiunto che degustando queste bevande si ottiene una diminuzione del rischio di calcolosi. Rimane però, a loro dire, fondamentale una corretta idratazione dell’organismo allo scopo di prevenire la formazione di calcoli, una patologia in costante aumento negli ultimi anni. I medici hanno verificato ed appurato la reale correlazione tra il consumo di bevande zuccherine gassate e la formazione di calcoli tenendo sotto controllo costante un ampio campione di individui. Il risultato dei loro lungo e faticoso lavoro ha confermato che il consumo esagerato e continuo di queste bibite è il vero colpevole della calcolosi e che genera effetti diretti sui reni tenendo conto che sono anche responsabili di altre patologie prima tra tutte l’aumento eccessivo di peso ed il diabete. Sembrerebbe, a detta degli scienziati, che l’accumulo di calcoli nei reni sia dovuto all’aumento dell’eliminazione, attraverso le urine, di calcio, acido urico ed ossalato dovuto alla presenza di fruttosio nelle suddette bevande. L’analisi condotta nel confermare la relazione tra la calcolosi e le bevande zuccherate e carbonate ha preso in considerazione anche tutti gli altri fattori di rischio che potrebbero essere altrettanto responsabile della disfunzione renale.
I ricercatori consigliano di non eccedere nel consumare queste bibite, l’ideale sarebbe quello di berne una sola lattina o bicchiere a settimana. Tale raccomandazione è rivolta in particolare a coloro che soffrono di calcoli renali o hanno una predisposizione più elevata a tale malattia.

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Epatite A e frutti di bosco congelati

Con l’arrivo dell’estate aumenta il consumo di frutta e cibi surgelati ma attenzione a quegli alimenti poco controllati. L’allarme arriverebbe da alcune statistiche infettive messe a confronto con i dati degli anni precedenti. Nei primi mesi del 2013 sono aumentati i casi di Epatite A rispetto agli stessi mesi del 2012 e 2011 e il Ministero della Salute ha deciso di intervenire e fare luce sulla questione.

imagesL’aumento sarebbe di circa il 50% con punte anche maggiori in alcune regioni del nord Italia e ad accorgersi di questo incremento sarebbero stati i ricercatori del Sistema Epidemiologico Integrato dell’Epatite Virale Acuta, Seieva, che opera per l’Istituto Superiore di Sanità.
Il Ministero ha così subito attivato un gruppo di controllo nelle regioni, dove sono stati segnalati più episodi di Epatite A. Le indagini hanno portato a evidenziare un collegamento tra la malattia e l’utilizzo di frutti di bosco surgelati. In diversi casi è stato evidenziato che la fonte del contagio era proprio da ricercare in questo alimento, dal momento che un focolaio del virus è stato rintracciato proprio in alcuni lotti di frutti surgelati.

Si sa che il veicolo di trasmissione dell’epatite A sono le acque contaminate ma la maggior parte dei casi era sempre riferita a pesce e frutti di mare. Parlare di presenze virali nei frutti di bosco è un po’ una novità, anche se in altri paesi europei sono già stati documentati diversi casi. Questo particolare ceppo di virus, infatti, non risente delle temperature basse temperature con cui sono trattati i cibi e mantiene inalterata la sua carica infettiva.
Il 24 giugno il Ministero della Salute ha invitato una nota al Sistema di allerta alimentare europeo, Rasff, senza però dare notizia ai cittadini. Sono, invece, state contattate le aziende sanitarie locali di diverse regioni del nord e centro Italia per verificare specifici lotti e controllare se le aziende interessate ai controlli avessero ritirato la merce dal mercato. Contemporaneamente sono state effettuate anche delle indagini per risalire alla tracciabilità delle materie prime utilizzate per il confezionamento dei prodotti ed è emerso che si trattava di alimenti di provenienza estera per lo più dai paesi dell’est Europa.
Questa notizia troverebbe una sua conferma anche attraverso un articolo pubblicato dal sito on line La voce della Russia, la notizia farebbe riferimento a diverse partite di frutti di bosco esportate dalla Romania in Italia senza i dovuti controlli e con il forte rischio della presenza del virus.
Il pericolo per i consumatori è quindi concreto e arriva proprio dall’utilizzo che si fa di questo genere di alimenti. Soprattutto d’estate i frutti di bosco surgelati rappresentano una soluzione pratica e veloce per preparare macedonie e dolci freschi e sono consumati con maggiore frequenza e conservati in frigorifero.

Vaccino inverso contro il diabete giovanile

Il diabete giovanile è una delle forme più diffuse di diabete e, come si può intuire dal nome, colpisce i giovani.
I sintomi sono:
-la polifagia, cioè l’aumento dell’appetito,
-la poliuria, cioè aumento della necessità di uinare e in particolare la notte (nocturia),
-la comparsa di corpi chetonici nella urine.
L’unica cura che può essere adottata, affinchè questi giovani affetti da diabete possano vivere una quotidianità quasi normale, è la somministrazione di insuline diverse volte al giorno, a seconda della gravità del caso.

Diabete

Data la grande quantità di giovanissimi affetti da questo problema, la ricerca non smette mai di indagare per trovare una soluzione definitiva alla malattia. Nei giorni scorsi è giunta in forma ufficiale la notizia dell’esistenza di un vaccino contro il diabete giovanile.
Questo è il risultato di una lunga serie di indagini compiute dalla Stanford University School of Medicine e dalla sperimentazione su un gruppo di 80 pazienti di Lawrence Steinman.
In cosa consiste questo innovativo vaccino chiamato vaccino inverso?
Esso agisce direttamente alla base del problema cioè sulle cellule immunitarie dette “impazzite” che attaccano in modo anomalo le cellule del pancreas. La conseguenza di questa attività è la mancata produzione dell’insulina e quindi la necessità di effettuare l’iniezione.
La differenza tra questo nuovo vaccino e quello tradizionale risiede proprio nel bersaglio che, nei vecchi vaccini era la stimolazione del sistema immunitario verso le cellule cattive e impazzite, mentre la novità del nuovo vaccino sta nel fatto che esso agisce direttamente uccidendo le cellule immunitarie impazzite. Ai pazienti presi in esame era stato diagnosticato il diabete giovanile da 1 a 3 anni prima e il grandioso risultato riguarda l’aumento della produzione di insulina da parte del loro pancreas e la diminuzione del numero di cellule immunitarie cattive.

La sperimentazione non è ancora finita. Visti i brillanti risultati ottenuti sui primi 80 pazienti in questione, Lawrence Steinman ha affermato di voler proseguire i suoi studi, sempre su questo piano, organizzando un nuovo gruppo di pazienti, questa volta più ampio del precedente, con la speranza di ottenere risultati ancora più soddisfacenti e poter combattere in modo definitivo questa malattia.

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In Europa sono in aumento le allergie alimentari

Negli ultimi anni le allergie hanno moltiplicato la loro diffusione in tutta l’Europa, soprattutto per quanto riguarda le reazioni allergiche legate all’alimentazione, infatti dal 2003 i casi sono aumentati di sette volte e, perciò, è bene prevenire qualsiasi tipo di disturbo.

allergie alimentazione

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Proprio perché gli europei che si rivolgono ai propri medici a causa di reazioni allergiche alimentari sono in costante aumento, sono arrivate le linee guida da seguire per riuscire ad affrontare le allergie alimentari di ogni tipo. Questi consigli sono indirizzati sia ai pazienti che ai medici, ma anche per i docenti e per coloro che producono gli alimenti; inoltre, l’informazione sarà particolarmente utile per i ristoratori, dal momento che, per essi, si pensa anche ad un corso che li possa mettere in condizione di combattere una crisi allergica. L’idea ha preso piede dalla Eaaci, “European academy of allergy and clinical immunology”, a Milano nell’ambito di un congresso organizzato dalla Società europea in collaborazione con la “World allergy organization”, in cui sono stati esposti dei suggerimenti per tutti coloro che soffrono di allergie, ma anche per chi dovrà essere in in grado di intervenire.

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Le linee guida risultanti dagli studi parlano dei trattamenti, dei modi in cui prevenire le allergie e dello stile di vita da seguire; il fine ultimo è quello di creare un programma che accomuni e metta in contatto coloro che devono effettuare la prevenzione e coloro che invece devono seguire uno stile di vita che prevenga le allergie di questo genere. Uno sguardo più approfondito è stato fatto sulle donne in gravidanza, al fine di prevenire le allergie alimentari nei piccoli che nasceranno e gli esperti concordano su alcuni punti fondamentali; Maria Antonella Muraro, esperta nel campo delle allergie alimentari all’Università di Padova, ha spiegato che nonostante il latte materno sia un alimento adatto a prevenire queste allergie, non è tuttavia indispensabile evitare di ingerire determinati cibi durante la gravidanza e l’allattamento. Nel caso in cui le mamme non possano allattare, è consigliabile utilizzare del latte artificiale che abbia degli effetti ipo-allergenici, specialmente durante i primi quattro mesi di vita del bambino. Per quanto riguarda le mamme in gravidanza, esse non hanno bisogno di evitare alcuni alimenti particolari, perché non aumenterebbero il rischio di allergie e, pertanto, possono condurre una dieta normale.

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Pesce e verdura per una vita più lunga

La dieta vegetariana permette ad una persona di poter vivere più a lungo ed evitare che alcune malattie mortali possano manifestarsi improvvisamente? Secondo un recente studio condotto in California sì, è proprio uno stile di vita corretto che permette alle persone di avere una vita più lunga.

verdure

Spesso e volentieri si è molto titubanti sul fatto che una buona dieta possa permettere alle persone di avere una vita più lunga: rinunciare ad alcuni cibi saporiti, o rinunciare ai dolci e seguire un tipo di alimentazione rigida porta le persone ad ignorare questa scelta, rischiando quindi di andare incontro a malattie come ictus o infarti che purtroppo sono imprevedibili e che con molta probabilità derivano da un’alimentazione e da uno stile di vita poco corretto.
Un particolare studio svolto negli ultimi anni in California dovrebbe essere in grado di eliminare ogni dubbio riguardo una dieta corretta e uno stile di vita salutare: grazie a questi risultati quindi, scegliere una dieta, o per meglio dire un’alimentazione corretta ed un buon stile di vita, dovrebbe essere naturale e deve essere fatto con grande determinazione.
Ma lo studio su cosa si è basato? Sostanzialmente sono state presi come campione ben oltre settanta mila persone, appartenenti alla Chiesa Evangelista del Settimo Giorno, ovvero un particolare gruppo religioso che segue uno stile di vita molto corretto. Le settanta mila persone sono state divise in cinque gruppi: gli onnivori, ovvero coloro che mangiano di tutto indistintamente, i vegetariani, i vegani, ovvero coloro che non mangiano carne e i prodotti di origine animale come latte, uova e burro, i pesco vegetariani, ovvero coloro che oltre verdure mangiano il pesce ed i latto-ovo vegetariani, ovvero coloro che si cibano di verdure, uova e derivati del latte come formaggi e yogurt.
Il test, che è durato ben sei anni ha messo in mostra il fatto che coloro che mangiano pesce e verdura hanno un pericolo di mortalità per qualsiasi causa che risulta essere del venti percento inferiore rispetto gli onnivori, i vegani del quindici percento, i vegetariani del dodici percento e coloro che si cibano di uova e derivati del latte dell’otto percento: è quindi facilmente intuibile che gli onnivori sono quindi quelli che hanno un tasso di mortalità molto più elevato.
Ma non soltanto: grazie a questa particolare ricerca è risultato che i vegetariani e coloro che mangiano molto pesce oltre alle verdure hanno uno stile di vita molto più sano, in quanto tendono a fumare e bere pochissimo e praticano molta più attività fisica rispetto agli onnivori, che tendono ad avere uno stile di vita molto più sedentario e meno controllato.
Infine, sempre grazie codesta ricerca si è potuto constatare come le donne onnivore che non hanno uno stile di vita molto sano tendono ad avere un rischio mortalità più elevato rispetto ad un maschio.
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Calo obesità infantile ma situazione ancora grave

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A seguito della fotografia scattata dal sistema di sorveglianza “OKkio alla salute”, l’ Italia, è ancora protagonista dei primi posti europei, per quanto concerne la tematica dell’eccesso ponderale infantile.
All’esordio della sua terza edizione, la suddetta indagine, indica un eccesso di peso nel 32,3% dei bambini di età compresa fra gli otto e i nove anni. La situazione è in calo del 2,9% rispetto ai dati del 2008/2009, ma resta ancora grave e latente.

obesita

[sws_related_postleft showpost=”3″] [/sws_related_postleft]Tali dati, sono il risultato di una rilevazione che ha avuto come protagonisti 46.492 allievi che frequentanto la classe terza della scuola primaria. I dati sono sensibilmente diminuti. Oggi la percentuale dei bambini in sovrappeso è del 22,1% (rispetto al 23,2% dell’anno 2008), mentre la percentuale di quelli obesi è del 10,2% (rispetto al 12% del 2008). Le percentuali maggiori hanno avuto riscontri effettivi e sostanziali nelle regioni del centro sud dello Stivale.
Il punto nodale attiene, ovviamente, all’alimentazione. Anzi, oggi, dovrebbe parlarsi di un mancato insegnamento ad una corretta alimentazione, che racchiude tutti pasti: dalla colazione alla cena.
Il 31% dei bambini fa una colazione totalmente sbilanciata, mentre il 9%, addirittura salta questo pasto essenziale, che serve ad iniziare con la dovuta carica, la nuova giornata. La restante parte di percentuale è rappresentata dai bambini che, ogni mattina, praticano come stile di vita alimentare ben consolidato, un’abbondante colazione.
Il tutto è accompagnato dall’uso promiscuo e contemporaneo di bevande gassate e zuccherate. Inoltre, buona parte dei genitori dichiara consapevolmente che i propri figli non mangiano costantemente frutta e verdura.

Un ulteriore concausa dell’obesità e del sovrappeso è data dalla sedentarietà quotidiana.
E’ notevolmente scesa la percentuale dei piccoli che praticano sport almeno un’ora alla settimana.
Oggi la percentuale è del 16%, a fronte del 25% della rilevazione precedente. In sostituzione delle palestre, delle piscine e dei campi, ci sono i videogiochi. Molti bambini vi dedicano ben due ore della loro giornata.

[sws_related_postright showpost=”2″] [/sws_related_postright] La sedentarietà aumenta sempre più sotto l’occhio vigile, ma spesso non cosciente, dei genitori. Questi ultimi, infatti, non sono a conoscenza dell’alta percentuale di evoluzione di malattie degenerative. Moltre madri, non si rendono neanche conto, che il proprio figlio ha un peso maggiore, rispetto all’età e all’altezza che possiede.
Lo sport è molto importante per una sana e correta crescita; ma richiede anche dei costi, spesso mensili, da parte delle famiglie.

Il problema, senza ombra di dubbio, sussiste. La soluzione consiste nella prevenzione del fattore “diseguaglianza sociale”, con annessi costi. Ma, la vera risposta proviene dalla politica di monitoraggio, adottata dal settore della sanità pubblica. Si vigila sul modus vivendi dei bambini, e si interviene (in collaborazione di esperti e operatori pubblici) laddove è d’uopo dare informazioni e attuare piani mirati.

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