cefalea con aura in gravidanza

La cefalea con aura è caratterizzata dal fatto che il dolore è sempre preceduto o accompagnato da un’aura, una sensazione di disagio a cui fa seguito un deficit visivo con scotomi scintillanti, decurtazioni immediate e temporanee di parti del campo visivo, zigzag luminosi o ideogrammi iridescenti; in altri casi si avvertono manifestazioni di tipo sensoriale, dovute alla progressione della disfunzione verso la corteccia parietale, come torpore alle mani o ai piedi, formicolii, sensazione di punture di aghi o spilli. Anche i deficit di linguaggio come afasia o disartria transitorie possono, raramente, associarsi al disturbo visivo. Tali sintomi si sviluppano gradualmente in 5-20 minuti e sono generalmente di durata inferiore ad un’ora. La cefalea si instaura durante l’aura o immediatamente dopo, in un arco di tempo solitamente inferiore a 60 minuti.

L’esordio in gravidanza è meno frequente rispetto a quello di un’emicrania senza aura e può manifestarsi in donne che già ne soffrono nel periodo pre gestazione, circa la metà di tali donne, infatti, continua ad avere questo tipo di emicrania durante la gravidanza.

É comunque un’evenienza non molto comune che di solito si manifesta nel primo trimestre con un’incidenza che riguarda il 2% delle donne gravide. Al dolore si possono associare nausea, vomito, intolleranza verso i rumori e gli odori forti, fotofobia (fastidio accentuato verso fonti di luce), vertigini e sudorazione fredda. La cefalea migliora progressivamente dopo il primo trimestre in una percentuale dell’80% dei casi e ricompare successivamente nel post partum.

Solitamente la prima terapia consigliata è quella non farmacologica, fondata su uno stile di vita sano che garantisca il maggior benessere possibile con misure comportamentali riguardanti una corretta alimentazione con integrazione di acido folico, magnesio, vitamina B2 e coenzima Q, una moderata attività fisica, l’evitare situazioni di stress psico-fisico e il rispetto del ritmo sonno-veglia. A queste misure si possono poi associare: agopuntura, esercizi di rilassamento muscolare, esercizi di rilassamento del collo, biofeedback (tecnica praticata con l’utilizzo di un’apparecchiatura elettronica la quale registra l’attività muscolare nei punti dolenti del capo ed evidenzia con un segnale acustico o luminoso se la contrazione muscolare supera un dato limite), tecniche di gestione dello stress, impacchi freddi sulle zone doloranti, yoga, meditazione, training autogeno e ipnosi.

Nel caso in cui la terapia non farmacologica non sortisca effetti e compaiano più di due episodi debilitanti al mese si può far ricorso ai farmaci, sempre sotto controllo del proprio medico e unicamente nell’eventualità in cui i vantaggi per la donna e il feto prevalgano sui rischi potenziali e, in ogni modo, utilizzando in primis i prodotti per i quali sia contemplata la minore evidenza di rischio.

Cervicale mal di testa e vomito

Il mal di testa da cervicale è un disturbo molto diffuso, a soffrirne è circa il 50% della popolazione, di età compresa tra i 20 e i 60 anni. Ad esserne colpiti maggiormente sono gli uomini che vivono in città a causa dello stile di vita più sedentario, rispetto a coloro che vivono in campagna. Basta davvero poco, un periodo particolarmente stressante, un movimento scorretto, un infortunio; e la zona cervicale, che è la zona più sensibile della colonna vertebrale, si infiamma, generando forti cefalee, senso di vertigine, vomito e sbandamenti.

Quali sono i sintomi del mal di testa da cervicale?

Il mal di testa da cervicale é ben diverso dai mal di testa comuni e chi soffre di questa patologia lo sa benissimo. Il mal di testa da cervicale interessa tutta la zona cervicale, la nuca e si estende fino alle tempie e alla zona degli occhi. In alcuni casi, il mal di testa da cervicale, colpisce maggiormente solo un lato del cranio ed è molto simile all’emicrania. Chi soffre di questa patologia, però, non deve fare i conti solo con il mal di testa, ma anche con altri disturbi che sono ad essi collegati, tra cui:
– vista offuscata;
– sensibilità alla luce;
– sensibilità ai rumori molto forti;
– formicolio a braccia e mani;
– nausea e vomito;
– capogiri e vertigini;
– labirintite;
– stipsi;
– insonnia;
– stress.

Quanto dura un mal di testa da cervicale?

La durata di un mal di testa da cervicale è molto variabile, si va da un minimo di 10 minuti ad un massimo di un paio di giorni. Anche la frequenza è molto variabile, ad alcuni questo disturbo si presenta solo qualche volta l’anno, mentre ad altri anche più volte in una settimana.

Quali sono le cause del mal di testa da cervicale?

Se i sintomi sono abbastanza comuni e facili da individuare da chi ne soffre, non possiamo dire lo stesso per quel che riguarda le cause. Le cause del mal di testa da cervicale possono essere collegati a diversi fattori, vediamo i principali:
– sedentarietà, in questo caso, i muscoli sono poco allenati e anche un movimento sbagliato può far insorgere il mal di testa da cervicale;
– postura scorretta, tenere a lungo una postura scorretta, sia nelle ore diurne che notturne, può provocare l’infiammazione della zona cervicale. Non a caso, a soffrire di questo disturbo, sono coloro che lavorano molto al pc, dormono con cuscini sbagliati, autisti, ecc;
– origine traumatica, come un colpo di frusta, strappi muscolari, contratture, ecc;
– fattori genetici, riguarda quei pazienti che hanno una malformazione alla curvature della colonna vertebrale;
– malocclusione dentale, ovvero l’arcata dentale superiore e quella inferiore non combaciano, causando un’infiammazione cervicale;
– bruxismo, il continuo sfregamento dei denti, soprattutto nel ore notturne, può provocare un’infiammazione della mascelle e della zona cervicale;
– stress.

Come avviene la diagnosi?

Se si sospetta di soffrire di questa patologia, bisogna rivolgersi ad un fisiatra che, dopo un’attenta anamnesi, sarà in grado di indicare la terapia più adatta al paziente. In alcuni casi, bisogna sottoporsi ad alcuni esami, tra cui raggi X, TAC, risonanza magnetica, ecc.

Cura

Se il mal di testa da cervicale è un episodio sporadico, si può trattare con farmaci analgesici a base di paracetamolo o ibuprufene. Per i casi più gravi si ricorre all’utilizzo di antinfiammatori, ma se il mal di testa da cervicale è piuttosto frequente, la cura a base antinfiammatori viene affiancata da massaggi e terapie fisiche.

Cefalea oftalmica rimedio tibetano

Rimedio antico ma sempre molto efficace

Contro la cefalea oftalmica uno dei rimedi migliori e naturali su cui puntare è quello tibetano. La sua storia risale al 1972, anno in cui ci fu una spedizione dell’UNESCO nei territori del Tibet. Qui fu scoperta un’antica ricetta che sembra possa fare miracoli contro la cefalea oftalmica. Addirittura la ricetta era scritta su delle tavole di argilla e risale a oltre 3800 anni fa. Il ritrovamento avvenne dove c’erano delle rovine di un vecchio monastero e la cosa faceva pensare che fosse un rimedio efficace.

Tutti i benefici del rimedio tibetano

Una cosa che è bene ricordare sono i benefici di questo rimedio naturale. A partire dalla migliore capacità di gestire e metabolizzare nell’organismo le riserve di colesterolo e trigliceridi. Senza dimenticare che è ottimo anche per contrastare l’ipertensione e la formazione di emboli. Ricordando che un suo uso regolare potrebbe essere un toccasana per il sistema immunitario, per quello renale e anche quello epatico. Il che dimostra che si tratta di una sostanza sicura e funzionante.

Cefalea oftalmica e non solo: quando usarlo

Sicuramente molti si chiedono quando bisogna utilizzare il rimedio tibetano. Bisogna ricordare che è ottimo per chi soffre di cefalea oftalmica, essendo in grado di garantire una sensazione di benessere. Ottima soluzione anche per chi soffre di reumatismi, artrosi ed anche artrite, oltre ad essere l’ideale per chi soffre spesso di emorroidi. Il rimedio tibetano va utilizzato anche da parte di chi abitualmente ha mal di testa e sinusiti, così come è utile per coloro che sono sovrappeso.

Occhio alle controindicazioni di questo rimedio

Il rimedio tibetano è molto utilizzato al giorno d’oggi. Ma è bene considerare attentamente quelle che sono le maggiori controindicazioni. Infatti è meglio che non ne facciano uso quei soggetti che hanno sofferto o soffrono di ulcere gastriche o altri problemi della digestione. Oltre a dover ricordare che il rimedio tibetano è controindicato in coloro che assumono farmaci anticoagulanti. Senza dimenticare che anche coloro che sono intolleranti all’aglio, principale ingrediente di questo rimedio, farebbero bene a tenersene lontani.

Gli ingredienti e la preparazione del rimedio tibetano

Per preparare il rimedio tibetano basta semplicemente avere a disposizione dell’aglio e un quarto di alcool per utilizzo interno a 70 gradi. Si parte dal mettere l’alcool in bottiglia di vetro con all’interno l’aglio tritato. Va lasciato per 10 giorni a riposare, dopo aver chiuso in modo ermetico la bottiglia. Successivamente si filtra e si lascia il liquido dal colore verde chiaro per altri 3 giorni a riposo. Dopo questo tempo si può iniziare ad utilizzare.

Rimedio tibetano: come va utilizzato

Nel momento in cui si sono seguite le regole per la preparazione del rimedio tibetano, esso può essere assunto. Non bisogna utilizzarlo così come è in bottiglia in quanto la concentrazione di alcool è ancora elevata. Ecco perché è bene mischiarlo con dell’acqua ed assumerlo almeno 20 minuti prima dei pasti principali quotidiani. Va seguito uno schema posologico preciso ecco perché sarebbe bene utilizzare un apposito contagocce.

Lo schema posologico del rimedio tibetano

Si parte con il primo giorno che prevede 1 goccia a colazione, 2 a pranzo e 3 a cena. Nel secondo aumentano a 4 a colazione, 5 a pranzo e 6 a cena. Un aumento che è graduale fino al quinto giorno. Dal sesto giorno si inizia a ridurre: ecco perché saranno 15 gocce a colazione, 14 a pranzo e 13 a cena. Continuando a ridurre le dosi così fino al decimo giorno. Arrivati all’undicesimo giorno vanno assunte 25 gocce per 3 volte al giorno fino a finire la bottiglia.

male al ginocchio esterno, perché colpisce i runner?

Chi corre conosce molto bene quel fastidioso dolore al ginocchio esterno che talvolta lo coglie alla sprovvista, costringendolo a limitare – se non addirittura a saltare – gli allenamenti in programma. Che si tratti di un professionista o di un atleta amatoriale, infatti, il runner non di rado è costretto a fare i conti con questo fastidioso e indubbiamente limitante problema. Il dolore al ginocchio esterno compare solitamente verso la fine dell’allenamento, e insorge quasi in sordina. Inizialmente si tratta solo di un leggero fastidio che mano a mano va intensificandosi, sino alla possibilità di doversi fermare per un periodo. Chi non ha dimestichezza con la corsa e con questo tipo di problema, non di rado si spaventa e ha paura che si tratti di qualcosa di grave e invalidante. Non è così, ma è necessario comunque prestare molta attenzione. Questa tipologia di dolore, infatti, è causato da un trauma molto comune, in particolar modo tra chi corre.

Infatti, si parla di ginocchio del corridore, ovvero di un dolore scatenato da una frizione che riguarda la bandelletta ileotibiale (fascia femorale bassa).

Perché questo disturbo è molto frequente tra i runner?

perché, in virtù delle modalità della corsa stessa, questi caricano molto sul ginocchio, soprattutto quando corrono su sterrato o con scarpe inadatte al running. Un podista in sovrappeso, poi, avrà certamente più possibilità di soffrire di questa patologia, mentre tra le cause più diffuse, oltre allo sforzo e al carico eccessivo che grava sul ginocchio, ci sono anche la postura scorretta e allenamenti sbagliati, calibrati in maniera scorretta, discontinui oppure semplicemente eccessivi.

Alla base del ginocchio da podista non di rado ci sono malformazioni muscolo-scheletriche – persino di lieve entità – che predispongono il runner verso questo disturbo.

Come comportarsi quando iniziano i primi sintomi?

è necessario correre ai ripari il prima possibile limitando gli sforzi eccessivi a carico del ginocchio. Questo vuol dire limitare gli stress derivanti magari da sforzi eccessivi effettuati su terreni irregolari, ovvero strade sterrate, accidentate o in pendenza; quando ci si allena, laddove è possibile è sempre preferibile farlo su terreni pianeggianti e regolari.

Quali possono essere gli accorgimenti utili per prevenire?

La sindrome della bandelleta ileotibiale può essere causata anche da sessioni di allenamento troppo dure e intense rispetto a quella che è la prestazione atletica del podista; in altre parole, spingere l’organismo a dare molto più di quello che è in grado di dare, pretendere da esso prestazioni nettamente superiori a quelle cui è abituato, non è mai un’idea positiva. Per essere realmente efficaci e prive di rischi, le sessioni di allenamento devono avere un’intensità crescente, e un podista, così come ogni altro atleta, deve avere sempre ben presenti i propri limiti e le modalità giuste per superarli. Affaticare troppo il ginocchio a causa di sessioni sovradimensionate e spropositate rispetto alla reale preparazione atletica sono il modo più certo per scatenare la reazione infiammatoria che determina il dolore alla parte esterna del ginocchio. Per prevenire questa patologia è necessario in primis effettuare sessioni di allenamento mirate per rafforzare le ginocchia. Inoltre è utile perdere peso e ridimensionare gli allenamenti, rendendoli il più possibile graduali. In ultimo, se il dolore insorge comunque, fermarsi e fare degli impacchi col ghiaccio.

 

 

 

Male a metà schiena in gravidanza

Il male a metà schiena in gravidanza è una costante fastidiosa per le donne ma con un po’ di prevenzione qualche semplice esercizio fisico può essere tenuto sotto controllo. Il mal di schiena durante la gestazione compare tra il quinto e il settimo mese, ma anche nel primo trimestre di una gravidanza non è difficile che una puerpera accusi fastidi, dolori e contratture piuttosto costanti. Vediamo insieme sintomi, cure e rimedi.

I sintomi del male a metà schiena in gravidanza

 

Il male a metà schiena in gravidanza è localizzato nella zona lombare oppure in quella del bacino. Spesso interessa anche le gambe e il basso ventre, presentandosi quasi come una sciatica. Nei casi più gravi arriva fino all’altezza del torace, delle spalle e delle scapole.

Le cause del male a metà schiena in gravidanza

 

Medici e posturologi sono ormai concordi nel ritenere l’aumento repentino di peso la principale causa del male a metà schiena durante una gestazione: i chili in più, localizzati quasi tutto in seno e ventre, conducono la donna ad una posizione naturalmente sbagliata. La futura mamma è costretta ad adattarsi al nuovo corpo con uno spostamento del bacino che, non di lardo, le provoca una lordosi lombare. Cambia il modo di mettere testa, gambe, ginocchia e perfino la colonna vertebrale. Questi fastidi proseguono anche dopo il parto, dovendo mantenere spesso il bambino in braccio. La buona notizia è che essendo il male a metà della schiena dovuto ad una fase temporanea e ad un atteggiamento di costrizione, si può correggere.

I rimedi per il male a metà schiena in gravidanza

 

Una buona cintura lombare può essere efficace: si tratta di una benda elastica che comprime la zona lombare, massaggiando delicatamente i muscoli e sostenendo la colonna affaticata. E’ possibile anche fare prevenzione contro il male a metà schiena in gravidanza, facendo ginnastica correttiva, chiropratica pre e post parto, passeggiate, movimenti circolatori. Non ricorrete mai, senza consiglio del medico, a farmaci e antidolorifici in gravidanza per lenire il male a metà schiena.

Esercizi utili contro il male a metà schiena in gravidanza

 

Potete fare quattro esercizi semplici per ridurre il dolore.E’ stretching base, vi aiuterà a sciogliere l’acido lattico e a combattere l’indolenzimento dei muscoli quando il male a metà schiena in gravidanza diventa più acuto.

  • mettetevi sedute, con la schiena tesa e le gambe dritte, consiste nel toccare prima un piede, poi l’altro con le punte delle dita;
  • mettetevi carponi e inarcate la schiena il più possibile verso l’alto, stendendo i muscoli per almeno quindici ripetizioni;
  • state in piedi con le ginocchia piegate e le gambe divaricate: dondolate il bacino per sgranchirvi;
  • sempre in piedi: fate dei cerchi concentrici con braccia e gambe senza muovere il busto.
E’ stretching base, vi aiuterà a sciogliere l’acido lattico e a combattere l’indolenzimento dei muscoli quando il male a metà schiena in gravidanza diventa più acuto.

Quando consultare uno specialista

 

Se i sintomi persistono e il dolore si acutizza fino a impedirvi di muovervi, è il caso di contattare il vostro ginecologo e anche un ortopedico per una visita e una terapia specifica.

Emicrania oftalmica bambini

Che cos’è l’emicrania oftalmica?

Si tratta di un comune mal di testa, che colpisce spesso i bambini e può causare delle difficoltà alla vista, con conseguente comparsa di linee o fenomeni lampeggianti nella parte centrale o periferica dell’occhio.
In particolare, nei più piccoli, i sintomi tipici dell’emicrania oftalmica consistono nella visione di flash luminosi, che non sono altro che dei riflessi di luce colorati. Quasta apparizione impedisce al bambino di vedere bene l’ambiente in cui si trova. Il più delle volte possono anche comparire dei punti neri nell’occhio. Altri sintomi consistono nel percepire nausea e anche un leggero formicolio nelle mani. Queste manifestazioni, che precedono il mal di testa, hanno una durata ben precisa, che va dai 5 ai 20 minuti. Trascorso questo tempo, questi sintomi di solito scompaiono e compare la cefalea che nei più piccoli  dura circa 4 ore.

Quali sono le cause?

Le cause dell’emicrania oftalmica nei più piccoli possono essere varie:
  • conseguenza di alcuni disturbi alla vista, che non sono stati curati correttamente, come ad esempio l’astigmatismo e la miopia;
  • troppo tempo con dispositivi quali pc, tablet, smartphone e televisore;
  • infiammazione del nervo trigemino;
  • causa ereditaria
  • diretta conseguenza di un raffreddore
  • periodi di stress o di ansia, ad esempio legati alla scuola o a situazioni alquanto problematiche in famiglia;
  • alimentazione (tra gli alimenti, che sono in grado di favorire gli attacchi di emicrania nei più piccoli, ci sono innanzitto il cioccolato e il formaggio)

Quali sono i migliori rimedi?

Esistono anche alcuni rimedi naturali abbastanza utili per questo disturbo, tra i più efficaci per i bambini:
  • infuso di camomilla, che permette al bambino di rilassarsi e calmarsi;
  • olio essenziale di menta piperita, questo rimedio, in caso di emicrania oftalmica, deve essere applicato in poche gocce sulle tempie e sulla fronte del piccolo;
  • tisana a base di fiori d’arancio è molto efficace
  • semplice massaggio sulla testa (può essere un modo giusto per alleviare il dolore)
  • limone e patata (affettare un limone e una patata e posizionare le fette ottenute sulla fronte del bambino, ciò può avere un effetto sia rilassante che antidolorifico)

Prevenzione

 

In generale, la miglior cura per questo particolare tipo di mal di testa nei più piccoli è la prevenzione. Quindi è utile controllare che i bambini non trascorrano troppo tempo con pc, smartphone, tablet e tv, non esagerino con un’intensa attività fisica e che riposino bene durante la notte.  Altro consiglio utile è di alleggerire situazioni di stress ed non permettere che i più piccoli mangino troppo cioccolato, formaggi stagionati, affettati, cibi grassi e fritti. E’ preferibile invece che i bambini si nutrano con molta frutta e verduta.