Ipnosi come anestesia

Approfondimento articolo: Ipnosi e interventi chirurgici

ipnosi

Chi di noi non ha mai sperimentato un’esperienza di dolore?

Tutti sappiamo che il dolore può essere fonte di sofferenza fisica e mentale, tanto da ridurre drasticamente la qualità della vita, e talvolta può rendere difficile mantenere un lavoro, una vita sociale e affettiva.
La scienza e la clinica dimostrano ampiamente come due dei fenomeni che possono manifestarsi in trance sono proprio quello dell’anestesia e quello dell’analgesia: la prima è caratterizzata dalla mancanza totale della sensibilità allo stimolo in una determinata parte del corpo, la seconda è caratterizzata dalla permanenza della sensibilità, ma privata della componente dolorosa, per cui gli stimoli si avvertono ma il dolore no.

Questa capacità trova moltissime applicazioni:
– Dolore ai denti
l’ipnosi permette di sottoporsi a piccoli interventi, per esempio dal dentista, che spesso è causa di grande ansia e angoscia;

– Dolore da parto
per cui una donna può scegliere di svolgere il training di preparazione in modo da saper gestire al meglio il dolore del parto e l’ansia che questo può creare;

– Dolore Post intervento
nel recupero da infortuni o interventi chirurgici;

– Dolore cronico
che può essere causato da malattie organiche di vario genere (mal di schiena, artrosi, artriti, cervicalgie, fibromialgia; etc.)

– Dolore oncologico

– Mal di pancia:
colite, gastrite, ulcera, reflusso gastroesofageo

– Mal di testa
cefalee;
etc.

Nelle situazioni sopracitate l’ipnosi non è utile soltanto nella gestione del dolore, ma anche per ridurre gli altri sintomi che possono esservi associati (nausea, vomito, prurito), oltre che per favorire la cicatrizzazione delle ferite e quindi velocizzare il processo di guarigione e migliorare l’assorbimento dei farmaci.

Qui di seguito un interessante video relativo all’utilizzo dell’ipnosi come alternativa all’utilizzo di un’anestesia farmacologica:


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Alcune ricerche hanno dimostrato che l’effetto analgesico dell’ipnosi non è riconducibile nè all’effetto placebo, nè alla paura, nè alla suggestione, ma è un effetto specifico che si manifesta durante lo stato di trance, durante il quale avviene una modulazione di alcuni sistemi sensoriali afferenti che comporta una attivazione normale degli indicatori involontari del dolore quali la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa, la frequenza respiratoria, la sudorazione, ecc.

La nostra mente possiede, dunque, la capacità di controllare il dolore e attraverso l’ipnosi le persone possono sviluppare questa potenzialità, in misura variabile da soggetto a soggetto, in modo da poterla utilizzare all’occorrenza.

L’ipnosi, così come dimostra la scienza e l’esperienza clinica sul campo, è uno straordinario strumento, che permette di sviluppare molte delle potenzialità della nostra mente e insieme ad altri strumenti può certamente migliorare la qualità di vita e il benessere di ciascuno di noi.

Per maggiori informazioni e approfondimenti:
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Omeopatia raffreddore

Il raffreddore è uno dei più comuni e fastidiosi disturbi tipici dei periodi freddi. I sintomi, come naso che cola, irritazione e bruciore alla gola, mal di testa e congestione nasale possono essere alleviati mediante l’omeopatia.
raffreddore

Tutti abbiamo sperimentato il malessere derivante dal raffreddore, che può avere un inizio lento oppure un esordio violento e acuto. Il raffreddore è un’infezione virale, contagiosa, dovuta principalmente al Rhinovirus, che si diffonde mediante starnuti, piccole gocce di saliva e mani. È molto importante lavarsele accuratamente e spesso, per prevenirlo. È consigliabile curare il raffreddore, almeno cercare di alleviarne i sintomi, per evitare che conduca a sinusite, bronchite o polmonite. Quando si comincia ad avvertire mal di gola, bruciori agli occhi e congestione nasale, meglio correre ai ripari immediatamente. Non esiste una vera e propria cura per il raffreddore ma si possono trovare diversi modi per alleggerire il fastidio. Tra i vari metodi, l’omeopatia si dimostra molto efficace; inoltre è priva di effetti collaterali. Si tratta di una medicina alternativa a quella convenzionale, che riconosce la capacità di autoguarigione dell’organismo. La sua azione mira a stimolare una reazione all’interno del corpo, mediante la somministrazione di principi molto diluiti, derivanti da piante, animali o minerali. L’omeopatia cura in base alla similitudine del sintomo. L’omeopata deve considerare diversi elementi nell’individuo, sia fisici sia psicologici, per fare una diagnosi e conseguente prescrizione indicata al disturbo. Le somministrazioni di granuli, globuli o gocce omeopatiche sono da sciogliere sotto la lingua, più volte al giorno, e le dosi sono espresse in CH, che indicano la diluizione centesimale del principio attivo. Quali sono le principali soluzioni omeopatiche, utili ad alleviare i sintomi del raffreddore? Eccone alcune:

• Nux vomica 30CH, per raffreddore con secrezioni abbondanti e ostruzioni nasali.

• Mercurius 30CH, in presenza di secrezioni verde-giallastre, abbondante sudorazione e lingua patinata.

• Kalium bichromicum 30CH, per raffreddore con sensazioni di pressione al naso e secrezioni filamentose.

• Allium cepa 30 CH, con secrezioni acquose abbondanti e irritazione al naso, lacrimazione degli occhi.

• Aconitum napellus 30 CH, raffreddore che si manifesta in modo violento e improvviso con tosse secca.

• Rumex crispus, per ostruzione nasale e mal di gola, starnuti frequenti e naso che cola.

Bisogna ricordare che l’omeopatia funziona meglio con piccoli accorgimenti, quali l’assunzione dei medicamenti lontano dai pasti, massima cura dell’igiene orale, evitare caffè e alcolici. Già nei due giorni successivi all’uso dei rimedi, si possono avere benefici.

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Omeopatia in gravidanza

La gravidanza è un momento della vita di una donna che genera numerose preoccupazioni. La medicina allopatica consiglia di assumere farmaci solo sotto la stretta vigilanza medica per evitare possibili conseguenze negative sulla salute del nascituro.
Ma l’omeopatia? Anche l’omeopatia tiene ovviamente in considerazione la gravidanza della donna e la salute del bambino, ma diversamente da quanto avviene nella medicina che cura solo i sintomi, non impone limitazioni nell’utilizzo dei rimedi omeopatici.

omeopatia
Spesso anche i medici non omeopati (come i ginecologi, che in numero sempre maggiore consigliano questo tipo di approccio), suggeriscono di utilizzare l’omeopatia per contrastare diversi disturbi comuni o specifici della gravidanza stessa.
L’altissima diluizione dei prodotti omeopatici consente che essi non attraversino la placenta e non siano trasmessi quindi al bambino; inoltre non sono composti da sostanze potenzialmente tossiche o con controindicazioni come i farmaci tradizionalmente intesi, e per questo motivo possono essere somministrati anche nelle fasi successive al parto, e non presentano rischi nemmeno durante l’allattamento.
Tra i tanti sintomi caratteristici della gravidanza, sono stati riscontrati notevoli benefici nel trattamento con rimedi omeopatici di stipsi, problemi legati all’apparato circolatorio come ipotensione, emorroidi o gonfiore agli arti soprattutto inferiori, ma anche a disturbi dell’apparato digerente, come ad esempio il reflusso gastrico, l’acidità o la scialorrea. L’omeopatia si è dimostrata molto efficace anche contro la nausea e per contrastare problemi dermatologici tipici della gravidanza, come la comparsa di macchie brunastre sulla pelle.
Anche la preparazione al parto può essere effettuata con l’aiuto di un medico omeopata che solitamente prescrive un ciclo di cura che copre l’ultimo mese della gravidanza stessa. I rimedi vengono assunti con più frequenza durante il travaglio secondo quanto indicato dall’omeopata. I vantaggi maggiori dell’assunzione di rimedi omeopatici durante il travaglio sono nell amaggior parte dei casi: riduzione dello stato di ansia della partoriente, maggior presenza di contrazioni e miglioramento dell’efficacia delle spinte, minor percezione del dolore e maggior contrattilità dell’utero con conseguente riduzione del rischio di emorragie ad esso correlate).
Anche la fase successiva al parto può essere resa più semplice e meno dolorosa con i rimedi omeopatici. Solitamente vengono somministrati rimedi per favorire la cicatrizzazione e per ridurre la debolezza post-partum. Inoltre alcuni rimedi omeopatici sono in grado di favorire l’allattamento e di ridurre le patologie ad esso correlate, come ad esempio le mastiti.
L’omeopatia è utilizzata anche nei casi di depressione post-partum, con il vantaggio di utilizzare sostanze che, diversamente dagli psicofarmaci, non si trasmettono nel latte assunto dal bambino.

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Cosa fare contro i brufoli

I brufoli rappresentano, soprattutto nell’età adolescenziale, una delle problematiche più comuni sia nelle ragazze che nei ragazzi nonché probabilmente quella più sentita in ragione del risalto che essi comportano da un punto di vista estetico e psicologico. Per contrastare i brufoli facendo in modo che scompaiano dal proprio viso in tempi piuttosto ristretti senza lasciare nessuna macchia, si possono seguire dei semplici consigli corrispondenti ad altrettanti rimedi assolutamente naturali.

 

brufoli

Il primo rimedio è quello dell’utilizzo del dentifricio che tuttavia non si rivela adatto a tutte le tipologie di pelle. Per mettere in essere tale metodo occorre bagnare la zona dove è presente il brufolo con dell’acqua calda, asciugare leggermente lasciandola inumidita e quindi adagiare un po’ di dentifricio. Dopo una quindicina di minuti si va a lavare con acqua tiepida. Si potrà notare un certo restringimento da parte del brufolo che in pratica si è asciugato. Ripetendo per tre volte al giorno questo procedimento si riuscirà ad ottenere un risultato piuttosto apprezzabile nel giro di un paio di giorni. In alternativa al dentifricio si può andare ad utilizzare con le stesse modalità un po’ di bicarbonato di sodio mescolato con un cucchiaino di acqua salata. Un altro metodo che consente di ridurre sensibilmente la vita del brufolo sul proprio viso è quello basato sull’utilizzo dell’aceto bianco. Si prende un po’ della classica ovatta, la si intinge con dell’aceto bianco e dopo aver pulito bene la zona dove è presente il brufolo, si fa ad esercitare delle leggere pressioni sul brufolo stando ben attenti a non schiacciarlo. Una sostanza che può essere usata in luogo all’aceto balsamico è il succo di limone. Naturalmente dopo che sono state effettuate queste pressioni sia nel caso dell’aceto bianco che in quello del succo di limone è necessario lavare opportunamente la zona anche in ragione dell’odore persistente su di essa. Per ridurre il brufolo è consigliabile anche applicare un po’ di ghiaccio su di esso in ragione delle sue qualità nel ridurre tutte le tipologie di gonfiore. L’applicazione dovrà essere continuativa per circa 15 – 20 minuti. Ultimo rimedio che vi vogliamo consigliare è quello di utilizzare una fettina di aglio da strofinare delicatamente sul brufolo per poi pulire il tutto dopo una mezzoretta. Naturalmente i rimedi che vi abbiamo proposto non eliminano il problema dei brufoli ma consentono soltanto di alleviare la loro presenza per cui è consigliabile rivolgersi ad un dermatologo che troverà la soluzione ottimale in base alla vostra pelle.

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Omeopatia unicista

L’omeopatia unicista, diversamente da quanto avviene per la medicina tradizionale occidentale (detta allopatica) a cui tutti siamo abituati, non utilizza un rimedio diverso per curare ogni sintomo, ma prescrive un rimedio unico per ogni paziente.
L’obiettivo è quello di curare non il singolo sintomo, ma il paziente nel suo complesso, analizzandone tutti i disturbi presenti e passati. Ciò che l’omeopata indaga non è la malattia o la malattie in realtà, ma il paziente, che viene identificato nella sua diversità rispetto agli altri pazienti, anche quando sviluppano malattie simili. Si cerca cioè di individuare i sintomi che rendono quel paziente unico e caratteristico rispetto agli altri, ed in questo modo si individuano i rimedi (prima diversi fino ad arrivare ad uno solo) che possono interessare il paziente nel suo complesso, ciò per la situazione presente, passata ma anche per alcuni aspetti ereditari.

omeopatia
L’omeopata, nell’individuare il rimedio adeguato, tiene poi conto anche di altri fattori come la presenza in misura maggiore di uno dei cosiddetti “miasmi” considerati dall’omeopatia e la relazione tra questo e gli aspetti dominanti in quel momento della vita del paziente.
La cura, anche se studiata sul singolo paziente, non è universale e non sarà valida quindi per l’intero arco della vita. Anche l’omeopatia unicista tiene conto dei cambiamenti della vita di ognuno (e dei relativi sintomi nelle malattie), e per questo motivo il rimedio viene modificato a seconda del manifestarsi di nuovi sintomi o di cambiamenti importanti nella salute del paziente.
Il trattamento omeopatico può causare l’insorgere di sintomi che prima non erano presenti (è una normale reazione dell’organismo), da segnalare e valutare attentamente con il medico omeopata.

Una precisazione: l’omeopatia unicista, come tutta l’omeopatia, è una modalità di cura che deve essere studiata prestando attenzione alle caratteristiche del singolo paziente. Si tenga sempre presente che i rimedi omeopatici, se somministrati ad un soggetto sano, sono in grado di scatenare i sintomi che si ritrovano nel soggetto a cui sono stati prescritti e per questo motivo non vanno assunti senza le precise indicazioni dell’omeopata.
Questo principio base dell’omeopatia è anche la modalità con cui nacque questa branca della medicina. Infatti nel 1700 un medico scoprì che le persone che lavoravano la china erano soggette alla cosiddetta “febbre di palude” (così era allora chiamata la malaria), una malattia che veniva curata con la stessa sostanza che essi lavoravano. Capì quindi che la sostanza era in grado di provocare la stessa malattia che poteva anche curare.
Egli applicò questo principio a se stesso ed ad altri utilizzando però un numero altissimo di sostanze, anche velenose. Iniziò degli esperimenti di diluizione che mostrarono progressivamente la scomparsa degli effetti dannosi della sostanza, per lasciare spazio ai soli effetti positivi, in grado cioè di curare le persone nel loro complesso.

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Cosa fare per rimanere incinta

Per alcune donne restare incinta è cosa facile, per altre assolutamente no.
Su 100 coppie che cercano di avere un bambino, 80-90 ci riescono entro un anno (al massimo entro due). Il resto ha bisogno di qualche aiuto e tanta pazienza. Le donne giovani sono più fertili.
Il ciclo mestruale è un periodo che dura in media 28 giorni. Si conta dal primo giorno.
Intorno al 12°/14° giorno avviene l’ovulazione (il rilascio dell’ovulo dalle ovaie).
La temperatura corporea cambia, aumenta.
In commercio si trovano test per ovulazione (calcolano la concentrazione di ormoni attraverso l’urina espulsa). Non sono attendibili al 100%, ma quasi.

incinta
E’ questo il momento giusto per provarci!
Un ovulo vive dalle 12 alle 24 ore. Gli spermatozoi non resistono più di 3 giorni.
Per avere maggiori possibilità di concepimento, è opportuno avere rapporti sessuali ogni 2 giorni.
In questo modo si ha certezza che qualche spermatozoo è sempre pronto per la fecondazione, a ogni rilascio dell’ovulo.
Di seguito, alcuni semplici e pratici consigli.
Seguire una dieta alimentare equilibrata e uno stile di vita sano, è fondamentale.
La frutta fresca e la verdura di stagione garantiscono il giusto apporto di vitamine, sali minerali, fibre: mirtilli, lamponi, peperoni rossi, pomodori e verdure a foglia verde.
Broccoli e spinaci sono ricchi di acido folico, vitamina importante per la salute della donna.
Latticini, frutta, verdure, carne, pesce sono alimenti che devono essere ben distribuiti nell’arco della settimana, al fine di trarne benefici.
Le ostriche, ad esempio, sono ricche di zinco. Purtroppo non piacciono a tutte.
Essere in sovrappeso o sottopeso, non fa bene alla salute e pregiudica i tentativi di concepimento.
Non tentate di perdere peso in un nano secondo! Così come non cercate di guadagnarne mangiando di tutto!
L’alimentazione deve essere sempre e comunque bilanciata. Un esperto nutrizionista può essere utile alla vostra causa.
Da evitare l’alcol, il fumo, il caffè (questo vale sia per lui sia per lei).
Bere un bicchiere di vino con i pasti, non fa male; ciò che danneggia, è abusarne.
Consultate il vostro medico, al fine di eseguire un controllo completo dello stato di salute di entrambi.
Voi e il vostro compagno dovete evitare lo stress. Niente pressioni! L’equilibrio psicologico è fondamentale. Utile è fare esercizio fisico quotidianamente.

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Cosa fare in gravidanza

La gravidanza, sia dal punto di vista fisiologico che psicologico, comporta una serie di cambiamenti dovuti all’alterazione dell’equilibrio ormonale. L’emozionante viaggio di 40 settimane, ha inizio per mezzo dell’incontro di due cellule, una maschile (lo spermatozoo) e una femminile (l’ovulo), le quali generano un’unica cellula, detta zigote che, dopo circa una settimana, annidandosi nell’utero, da vita al processo di sviluppo embrionale.
In genere, la scoperta avviene dopo un ritardo del ciclo mestruale, si ricorre al classico test di gravidanza; in realtà, già nelle settimane precedenti, alcuni segnali d’allarme, preannunciano l’avvenuta fecondazione: nausea, stanchezza, sensibilità al seno; sintomi tuttavia troppo simili a quelli pre-mestruali, tanto da passare inosservati!

gravidanza

Dopo una prima fase di gioia e di entusiasmo, le future mamme, iniziano a porsi tante domande; è importante non lasciarsi sopraffare dallo stress, e seguire i consigli giusti per attraversare con maggiore serenità questo periodo.

La prima cosa da fare è contattare il proprio ginecologo, il quale prescriverà gli esami del sangue che dovranno essere presentati quando sarà fissata la prima visita ginecologica, che quasi sempre coincide anche con la prima ecografia. Il medico potrebbe richiedere indagini approfondite, quali la traslucenza nucale, l’amniocentesi e la villocentesi, per verificare se il feto ha malformazioni o alterazioni cromosomiche.

Una buona abitudine è quella di assumere acido folico, la preziosissima vitamina B9, essenziale per combattere l’anemia e prevenire malformazioni congenite, già durante la primissima fase della gravidanza ( anche se gli esperti consigliano di assumerla già un mese prima della gravidanza, durante il concepimento) e almeno fino al terzo mese. L’acido folico si trova nelle verdure a foglia verde, nelle uova, nei legumi, oppure sottoforma di integratore.

L’apporto calorico, durante la gestazione, deve aumentare di 70 calorie nel primo trimestre, di 260 nei successivi tre mesi, mentre nell’ultimo trimestre di circa 500. Si consiglia un’alimentazione sana; no ai cibi troppo grassi e ipercalorici in quanto il bambino potrebbe seguire in futuro quelle tendenze alimentari. Si invece all’uovo, considerato un ottimo alimento per la presenza nel tuorlo della colina, una vitamina importante per lo sviluppo del sistema nervoso centrale del bambino.

Infine, si consiglia di abbandonare subito le cattive abitudini come fumare o bere alcolici, e di non assumere farmaci, ad eccezione del paracetamolo. Seguire uno stile di vita sano prendosi cura di sè, è la regola principale per garantire uno stato di buona salute al nascituro.

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Omeopatia cos’è

Con il termine omeopatia si identifica quel processo terapeutico attuato con l’ausilio di sostanze che possono avere origine animale, vegetale o minerale.

omeopatia
Il termine fu introdotto dal professore tedesco Samuel Hoemann che nel corso dei suoi studi effettuati negli anni ‘800, dedicò parecchio tempo alla sperimentazione dei trattamenti omeopatici, il termine omeopatia deriva dal greco (omoios=simile, pathos=sofferenza).
Il trattamento risultata essere adatto a qualsiasi condizione fisica, infatti la non tossicità della terapia e la completa mancanza di effetti collaterali a fatto sì che la medicina omeopatica abbia trovato applicazione anche nei soggetti in stato di gravidanza o in individui di età avanzata.
Inoltre è stato provato che al trattamento di medicina tradizionale possa essere affiancato quello omeopatico, con il risultato di poter ridurre i dosaggi dei farmaci convenzionali.
Infatti la convinzione di molti medici è quella di riuscire a rendere la cura omeopatica il completamento di quella tradizionale detta allopatica.
Ciò viene sostenuto nonostante il fatto che il trattamento non abbia mai dato una certezza scientifica, gli studi però riescono a fornire dati interessanti riguardanti la significativa differenza che scaturisce tra i due metodi terapeutici, infatti mentre il metodo allopatico agisce tramite sostanze che contrastano il naturale evolversi di una malattia, il metodo omeopatico invece utilizza le stesse sostanze che hanno provocato la patologia, riducendo però le dosi in modo da stimolare il sistema immunitario del paziente a sviluppare agenti di autodifesa nei confronti dei patogeni che hanno dato origine alla patologia, mettendo in atto così un vero e proprio processo di prevenzione.
Il punto di forza del sistema omeopatico è quello di rispettare l’equilibrio psicofisico del paziente, spesso infatti alla cura omeopatica viene consigliato di associare esercizi come lo yoga, questo è dettato dal fatto che tale terapia deriva dalle terapie olistiche, ovvero quei tipi di trattamenti che che si pongono l’obiettivo di migliorare “corpo-mente-spirito” del paziente.
Il sistema omeopatico riscontra parecchie perplessità nel campo medico, in quanto a detta di diverse figure che operano nella ricerca scientifica, l’effetto finale a cui riconduce la terapia omeopatica è lo stesso “effetto placebo” a cui riconducono le terapie allopatiche.

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Male al tallone

Il male al tallone è di solito dovuto ad un difetto della postura.
Quando si accusa un dolore al tallone solitamente, la causa è un difetto della postura infatti si verifica un sovraccarico di peso sull’osso del tallone e sui tessuti che circondano quest’ultimo.
L’osso del tallone è importante perchè è quello più grande rispetto alle altre 26 ossa che compongono il piede.
Molte volte dopo una contusione giudicata non particolarmente importante, si cammina sul dolore e non si osserva un adeguato riposo. Ecco perchè il male al tallone tarda ad andar via.
tallone
Quali sono le altre cause del male al tallone.
Può apparire strano ma una delle tante cause del dolore al tallone, è calzare scarpe di cattiva qualità.
Il piede purtroppo, si abitua a quel determinato modo di porsi che non è naturale ed assume una postura inesatta che porta inevitabilmente a dolori a volte molto forti.

Un’altra causa del male al tallone è la cosiddetta “Spina calcaneare” in gergo definita col nome di “sperone”.
Attraverso una radiografia, si nota benissimo che l’osso del tallone ha assunto un’escrescenza ossea simile ad una spina ed è una protusione di circa un centimetro e mezzo.
A causa di questa patologia, i dolori si presentano in forma molto acuta ed a volte, non si riesce neanche a camminare anche perchè vengono interessati i rivestimenti che ricoprono l’osso del tallone.
Tale patologia è causata non solamente dalle scarpe sbagliate o troppo strette ma anche dall’obesità perchè il peso del fisico tende ad appoggiare inadeguatamente sui talloni.

L’infiammazione che interessa il tessuto connettivo fibroso che attraversa il tallone, si chiama “Fascite plantare” e le fibre corrono il rischio di strapparsi specialmente se non si adoperano scarpe speciali consigliate dall’ortopedico.
Di solito con il riposo, il dolore acuto passa ma non appena si rimettono i piedi a terra e si riprende a camminare, il male al tallone ritorna.
Affinchè l’irritazione non diventi cronica c’è bisogno di un supporto.
Tale patologia è spesso accusata da chi effettua sport come il podismo.

Anche un’eccessiva pronazione del calcagno può causare un dolore acuto.
In pratica, bisogna camminare in maniera estremamente corretta e l’arco plantare deve sufficientemente innalzarsi, per riuscire a supportare il peso del corpo.
Se ciò non avviene, si rischia di procurare una tensione eccessiva ai legamenti e ai tendini con relativa eccessiva pronazione del calcagno.
Non bisogna sottovalutare questa patologia che potrebbe portare problemi alle anche, alla schiena e alle ginocchia.

Anche una patologia come la gotta può portare il dolore al tallone. All’inizio interessa solamente le dita dei piedi, in particolare l’articolazione dell’alluce ma poi si può estendere anche al calcagno.

Anche una borsite può provocare dolore al tallone perchè qualcuna delle piccole sacche che contengono siero e che si trovano appunto sotto il tallone, potrebbero infiammarsi ed ingrossarsi ed il dolore ricalca i sintomi della spina calcaneare.

Il dolore al tallone può essere portato dall’ingrossamento dell’osso alla base del calcagno, vicino il tendine di Achille.
Questa infiammazione viene perciò definita come “tendinite di Achille” ed è una patologia che colpisce soprattutto chi tende ad effettuare molto sport tipo il podismo o la corsa ma anche chi cammina molto.
Il dolore che si accusa è dovuto ai tendini troppo tesi e alle fibre che si lacerano.
In questo caso è indicato il riposo più assoluto perchè più si sforza il tendine e più il dolore diventa insopportabile con il rischio che la patologia diventi cronica e molto difficoltosa nel curarla.

La frattura del tallone è davvero molto rara tuttavia, ci sono delle contusioni a cui tutti noi siamo soggetti.
Le contusioni del tallone sono molto dolorose perchè di solito avvengono con un urto del calcagno su di una superficie dura e i tessuti che lo ricoprono si infiammano in maniera acuta.

Quali sono le cure e le terapie per il dolore al tallone.
Innanzitutto bisogna rivolgersi all’ortopedico o al podiatra che dopo aver visionata la parte lesa, farà effettuare un esame radiografico e poi opterà o per una cura di anti infiammatori o per un adeguato esercizio fisico o per l’uso di bendaggi appositi, scarpe ortopediche o plantari specifici.

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Cosa fare in caso di infarto

Per infarto si intende la mancanza di sangue, che può essere totale o anche parziale, e che porta inevitabilmente alla morte di un tessuto dell’organismo per ischemia. L’infarto cardiaco, infatti, si manifesta a seguito della dell’ostruzione o addirittura della chiusura di una o più arterie coronarie. Sono queste, infatti, che forniscono al cuore il sangue necessario. Le cause dell’infarto possono essere diverse. Di certo influisce e non poco lo stile di vita. Una vita sedentaria, un’alimentazione non corretta o comportamenti altamente pericolosi per l’organismo, come quello di fumare, possono portare a problemi cardiaci o ad avere un vero e proprio infarto. A queste cause se ne aggiungono altre, come per esempio l’ipertensione arteriosa, che riguarda la pressione del sangue che può in alcuni casi affaticare il lavoro del cuore, o anche patologie come la colesterolemia elevata o il diabete.

infarto

Una volta individuati alcune delle principali cause che possono portare ad avere un infarto, la domanda è: cosa fare in caso di infarto? La prima cosa da fare è quella di stare molto attenti ai sintomi e cercare di capire quando sta per manifestarsi un infarto. C’è da dire che i sintomi sono molto chiari ed il principale è costituito da un forte dolore proprio al centro del torace. Il dolore può anche essere avvertito alla spalla o ad un braccio e si manifesta come una sensazione di peso e pressione. Altri sintomi sono il pallore, forti difficoltà a respirare. Riconoscere i sintomi è fondamentale perché già alla prima avvisaglie dell’infarto bisogna fare qualcosa. Nello specifico si deve chiamare senza alcun indugio il 118 ed eseguire, magari non riagganciando ma restando in contatto con l’operatore, tutte le manovre in attesa che sul posto arrivino i soccorsi. Quali sono gli accorgimenti da prendere in attesa dei soccorsi? Innanzitutto il paziente non deve compiere alcun sforzo, questo per non affaticare ulteriormente il cuore. Deve poi essere tenuto al caldo, quindi una buona soluzione è quello di coprirlo con una coperta. Se non respira, bisogna praticare la respirazione artificiale ed un massaggio cardiaco. Ovviamente tali manovra vanno eseguite se si è in grado di farlo, altrimenti meglio non azzardarsi per non rischiare di peggiorare la situazione. Una cosa che si può fare, se si pensa di guadagnare tempo, è quella di accompagnare la persona che avverte i sintomi al pronto soccorso senza chiamare e attendere che arrivi l’ambulanza. Questo perchè il tempo è fondamentale: prima si interviene e più probabilità ci sono che l’infarto faccia minori danni all’organismo.

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