Il dibattito su conservazione cellule staminali, donazione pubblica o conservazione privata , si è fatto sempre più acceso negli ultimi anni: capita spesso di leggere sui giornali o seguire in televisione interventi in cui si sostengono le tesi più disparate sull’utilità di una o dell’altra opzione. Quello che sembra mancare è la chiarezza dell’informazione, necessaria affinché le famiglie possano prendere una decisione in piena consapevolezza.
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Il sangue cordonale, ricco di cellule staminali, rappresenta un patrimonio biologico di importanza straordinaria. Queste cellule, infatti, sono capaci di generare altre cellule e di differenziarsi e proliferare nei tessuti in cui vengono impiantate. Esse possono essere raccolte al momento della nascita e donate al settore pubblico oppure conservate privatamente. La scelta tra queste due possibilità è motivata da convinzioni personali, e per questo insindacabili, ma è bene cercare di sfatare i “falsi miti” che spesso circondano la conservazione privata.
Innanzitutto, si dice che le banche private offrano come unica possibilità la conservazione “autologa”: una convinzione errata in quanto, mentre la conservazione può essere pubblica o privata, è il trapianto a definirsi “autologo” – se effettuato sullo stesso donatore – o “eterologo”- su un soggetto terzo, in particolare un familiare (trapianto “allogenico familiare”).1 Il sangue cordonale conservato nelle banche private può essere messo a disposizione sia dell’individuo da cui è stato prelevato, sia, ad esempio, di un fratello che ne abbia bisogno: in effetti, la maggior parte delle applicazioni cliniche delle staminali cordonali conservate privatamente riguarda un trapianto allogenico familiare.
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Un altro aspetto da sottolineare riguarda l’utilità del trapianto “autologo”: nonostante vi sia chi sostiene che non abbia efficacia, il Ministero della Sanità ha pubblicato un decreto ministeriale2 nel quale favorisce la conservazione per uso autologo delle staminali cordonali in quelle famiglie in cui sono presenti rischi di trasmissione di patologie per via genetica3. Inoltre, il trapianto autologo presenta meno complicazioni a causa dell’assenza di rischi di rigetto4.
Per quanto riguarda il sistema pubblico di donazione non si fa quasi mai cenno ai limiti e ai disservizi che lo caratterizzano. Infatti, a differenza delle banche private che garantiscono la raccolta delle staminali in qualunque momento del giorno e 7 giorni su 7, la raccolta per la donazione avviene solo in alcuni ospedali e non è garantita durante le ventiquattr’ore5.
Un altro punto da evidenziare è l’assenza di certificazioni di qualità per la maggior parte delle banche pubbliche. Molte banche private, invece, possiedono la certificazione GMP (Good Manufacturing Practice), che garantisce il rispetto di elevati standard di qualità. Si dovrebbe pertanto cercare di valutare la serietà delle banche private in base a dei dati fattuali, e non sulla scia di convinzioni errate o di falsi miti.
Dunque, più che concentrare il dibattito su quale sia la scelta migliore tra la conservazione privata e la donazione, bisognerebbe, da un lato, migliorare la qualità dei servizi che vengono proposti affinché si riducano al minimo gli sprechi (in Italia, oltre il 95% dei cordoni ombelicali viene gettato – fonte ADUC), e, dall’altro, informare le famiglie sullo stato attuale delle cose, così che possano prendere una decisione in piena consapevolezza.
Note
1. Si invita a visionare il grafico di riferimento cliccando qui.
2. Decreto Ministeriale 18 novembre 2009 “Disposizioni in materia di conservazione di cellule staminali da sangue del cordone ombelicale per uso autologo-dedicato”. 3. Si invita a scaricare l’elenco delle 80 malattie per cui le staminali sono in uso corrente cliccando qui.
4. Francese R, Fiorina P. Immunological and regenerative properties of cord blood stem cells. Clin Immunol 136:309–322, (2010).
5. Come riportato dalla Società Italiana Di Ginecologia e Ostetricia (SIGO) circa il 70% dei campioni raccolti da strutture pubbliche e destinati alla donazione, addirittura il 79% nel 2010, vengono gettati (fonte ADOCES).
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