La visita medico sportiva

La visita medico sportiva è un certificato che attesta l’idoneità a svolgere una pratica sportiva ed è obbligatoria in Italia a livello agonistico, ma è comunque consigliata a chiunque voglia cominciare la pratica di uno sport, ovviamente anche se si tratta di un soggetto in età pediatrica.Injured man at the gym
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In linea generale consiste in una valutazione a 360 gradi dello stato di salute attraverso una semplice visita di controllo, confermata dal referto di un elettrocardiogramma sotto sforzo, una spirometria e un esame completo delle urine.
Solo determinate discipline richiedono esami più specifici e dettagliati.
A livello di normativa, la ‘visita medico sportiva’ per gli agonisti è tutelata dal D.M. del 18 febbraio 1982 e deve essere eseguita da un medico specializzato in ‘medicina dello sport’, regolarmente iscritto all’elenco regionale. In tutti gli altri casi è sufficiente il certificato rilasciato dal medico/pediatra di base.

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Anche se molte persone pensano che questo controllo sia solo un’inutile perdita di tempo, in realtà è un’ottima occasione per effettuare un check up completo ed approfondito della propria salute fisica. E’ bene infatti diffidare dei centri sportivi che non ne fanno richiesta e dei medici che bypassano il controllo e redigono semplicemente il certificato di idoneità.
Questa visita, obbligatoria solo in caso di agonismo, accerta la resistenza del fisico sotto sforzo ed è gratuita fino ai 18 anni dopo di che comporta un costo che varia dai 20 ai 50 euro, a seconda che venga effettuata presso una ASL (ticket) o presso uno studio privato.
Nella pratica concreta attraverso questa visita viene supervisionata la condizione fisica, vengono studiati eventuali sintomatologie, vengono verificati udito, pressione e vista. Poi viene confrontato il referto di un ECG a riposo con quello di un ECG sotto sforzo per testare la risposta del cuore. Tra gli esami di laboratorio generalmente vengono prescritti quello delle urine ed un prelievo endovenoso per controllare certi valori del sangue.
E’ possibile che venga effettuata anche una spirografia che fornisce informazioni sulla potenza e sulla portata dei polmoni, sia in fase di inspirazione che in fase di espirazione.
Un accurato controllo medico finalizzato alla pratica di uno sport sia a livello amatoriale che a livello agonistico riduce notevolmente il rischio di incidenti e di imprevisti. E’ giusto specificare che la visita medico sportiva non scongiura di per sè questi episodi, ma deve essere accompagnata da un giusto tipo di allenamento, da un sano regime alimentare e un corretto stile di vita.
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Giulio Golia annuncia l’infusione alla piccola Sofia di cellule staminali

Importante è stato l’intervento de Le Iene sul caso della piccola Sofia, affetta da Leucodistrofia metacromatica, una malattia neuro degenerativa terminale.

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Alla bambina, dopo una prima iniezione di staminali, era stata bloccata la cura perché in Italia la terapia è attualmente vietata. Attraverso un appello disperato mandato in onda dal programma di Italia 1 con il servizio di Giulio Golia, i genitori sono riusciti a coinvolgere l’intero popolo del Web e molti personaggi dello spettacolo come Adriano Celentano che si sono schierati a favore di un secondo ciclo di trattamento.
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Solo questa forte mobilitazione mediatica ha fatto cambiare idea al Ministro della Salute Renato Balduzzi, che ha autorizzato una seconda iniezione di cellule staminali.Così il 14 marzo, Sofia ha ricevuto la seconda delle cinque infusioni previste,nella struttura degli Spedali Civili di Brescia, dove era già stata a dicembre 2012. A confermarlo è stato lo stesso Giulio Golia che subito dopo,sulla sua pagina Facebook, ha postato una foto dall’ospedale che lo ritrae insieme alla piccola ed ai suoi genitori. Una battaglia vinta però per metà,sì, perché l’ospedale ha annunciato di rifiutarsi di somministrare le restanti infusioni.

Tutto ciò perché, i laboratori di Brescia dove venivano trattate le cellule, dopo un’ispezione dei Nas di qualche mese fa, sono stati dichiarati inadatti e gli è stato proibito di continuare la loro attività. Così, queste cure compassionevoli sono state bloccate e dichiarate potenzialmente pericolose da parte del Pm di Torino Guaraniello.

[sws_related_postright showpost=”2″] [/sws_related_postright] La cosa paradossale che lo stesso papà di Sofia, Guido De Barros, sottolinea, è che questi stessi laboratori sono però considerati idonei alle cure per la leucemia. Inoltre, nell’intervista rilasciata al Tgcom 24, De Barros, punta il dito contro la mancata presa di posizione da parte del ministro Balduzzi e dell’Aifa sul decidere se queste cure di Brescia si possano fare o meno.
La piccola Sofia, potrebbe, se non riceverà le prossime iniezione, rimanere in vita ancora per poco, anche per un peggioramento causato dal ritardo delle cure e dalla mancata infusione dello scorso febbraio. Doppia beffa per i genitori poiché, in occasione della terza iniezione avrebbero voluto che a donare le cellule a Sofia fosse proprio la mamma Caterina.

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Staminali del cordone ombelicale: perché è utile conservarle

Sempre più frequentemente, alla radio, in tv o sui giornali, si sente parlare di conservazione cellule staminali cordonali al momento del parto e dell’importanza che queste microscopiche unità rivestono in campo clinico. Quali sono, allora, le caratteristiche che le rendono così speciali e come vengono in aiuto alla moderna medicina?

cordone ombelicale

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Partiamo dalle origini. All’interno del sangue presente nella vena cordonale, si trova sospesa una popolazione eterogenea di cellule staminali, le staminali cordonali appunto, che gli esperti hanno classificato in quattro diversi gruppi. Abbiamo dunque le staminali cordonali simil-embrionali, in grado di originare le cellule dell’intestino, del derma e del midollo spinale, ma anche le cordonali mesenchimali, che possono generare le cellule del tessuto osseo, cartilagineo, adiposo e nervoso, infine quelle cordonali ematopoietiche, che – come si intuisce dal nome – differenziano in cellule del sangue e del midollo e le cordonali progenitrici endoteliali che originano le cellule costitutive dei vasi sanguigni1.

Proprio la loro grande capacità proliferativa e differenziativa le rende in grado di rigenerare e riparare gli organi e i tessuti danneggiati del nostro organismo che altrimenti andrebbero sostituiti. Da qui la rilevanza che rivestono in ambito medico, soprattutto nel campo della medica rigenerativa. A tal proposito va però specificato che, nell’ambito della rigenerazione, solo un trapianto con cellule provenienti dal paziente stesso (autologo) offre un’elevata probabilità di successo: un’operazione con cellule provenienti da un altro soggetto (trapianto allogenico) può dare luogo al cosiddetto fenomeno del rigetto.

Anche in questo ultimo caso, tuttavia, è comunque meglio utilizzare cellule staminali cordonali, invece di staminali presenti in altri organi dell’individuo adulto, perché grazie alla loro immaturità “immunologica”1,2 vengono rigettate meno facilmente.

[sws_related_postright showpost=”2″] [/sws_related_postright] Per ulteriori informazioni: www.sorgente.com 

Note bibliografiche

1. Francese, R. and P. Fiorina, Immunological and regenerative properties of cord blood stem cells. Clin Immunol, 2010. 136(3): p. 309-22.

2. Harris, D.T., Non-haematological uses of cord blood stem cells. Br J Haematol, 2009. 147(2): p. 177-84

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Staminali cordonali: un aiuto concreto contro la malattia

Optare per la conservazione o la donazione cordone ombelicale del proprio bambino al momento della nascita è molto importante perché consente di mettere al sicuro un patrimonio biologico, quello delle staminali presenti nel sangue cordonale, di grande importanza.

cordone_ombelicale

Le cellule staminali cordonali, i piccoli mattoni alla base di tutto il nostro organismo, sono infatti in grado di rigenerare e riparare organi e tessuti danneggiati e rappresentano un valido strumento nelle mani della medicina moderna per il trattamento di numerose patologie.

Tante le esperienze positive a testimonianza dei grandi passi avanti che la scienza sta compiendo in questa direzione. Ne è un esempio la storia di Ricky Martinez, un bambino di 10 anni costretto a continue trasfusioni di sangue a causa di un’anemia falciforme. Il piccolo, in seguito a un’infusione di cellule staminali prelevate dal suo stesso cordone ombelicale al momento del parto (trapianto autologo), ha mostrato grandi miglioramenti. Il conteggio dei globuli bianchi si è stabilizzato e le trasfusioni sono sempre meno necessarie: i medici affermano che se i progressi dovessero continuare i questo modo, potrebbero venire eliminate del tutto1.

Anche la piccola Madeline, nata con un grave disturbo all’udito neuro sensoriale, ha tratto beneficio da una terapia sperimentale con le staminali cordonali. La madre della bambina, subito dopo il primo trapianto autologo, ha dichiarato ai giornali di aver notato un grosso miglioramento2. Anche lo specialista che segue la bimba conferma, seppur con prudenza, che le staminali cordonali potrebbero riuscire a ripristinare le capacità uditive di Madeline.

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Queste preziose cellule sono risultate utili anche in un altro contesto, in cui la giovane paziente, che non era affetta da alcuna patologia, ha subito dei danni cerebrali in seguito a una brutta caduta in piscina. Sparrow Morris, questo il nome della bambina, dopo l’incidente è stata sottoposta a un trapianto con le staminali che i suoi genitori avevano deciso di conservare quando la piccola era nata. Sin dal giorno successivo, Sparrow ha cominciato a fare passi avanti nel recupero delle facoltà motorie e di parola3.

Queste che abbiamo descritto sono solo alcune delle tante esperienze che gli studiosi raccolgono in tutto il mondo e che consentono di mettere in luce l’importanza di preservare una risorsa unica come quella delle cellule staminali del cordone ombelicale, purtroppo ancora molto sottovalutata se si considera che circa l’85% dei cordoni ombelicali finisce attualmente nei rifiuti.

Fonte: www.sorgente.com

Note:

1. L’intervento è stato effettuato nel maggio 2012 al Children’s Hospital Orange County, in California.

2. La notizia è stata ripresa da numerosi media americani.

3. La notizia è stata ripresa dalla nota emittente americana Fox News.

 

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Donazione o conservazione. Quale scelta?

Numerosi studi scientifici dimostrano il valore delle cellule staminali in ambito clinico per il trattamento di numerose patologie. Ogni famiglia si trova a poter scegliere tra donazione cordone ombelicale o la sua conservazione.

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[sws_related_postleft showpost=”3″] [/sws_related_postleft] Le cellule staminali del cordone ombelicale possono essere conservate privatamente oppure donate al sistema pubblico nazionale. E’ giusto che i neogenitori siano al corrente delle differenze delle due realtà proposte, così da compiere una scelta ragionata e consapevole.

Decidere per la donazione al sistema pubblico, significa mettere a disposizione le cellule staminali raccolte dal cordone ombelicale del proprio figlio e, di conseguenza, perderne la proprietà. Il campione sarà conservato in una delle strutture pubbliche presenti sul territorio nazionale e potrà essere usato nel caso in cui ci sia compatibilità nel corso di trapianti allogenici. L’unica eccezione predisposta dal Ministero della Salute1 è il caso in cui ci siano rischi di patologie di origine genetica per il nuovo nato. Solo in questo caso, la famiglia può decidere per la conservazione dedicata ad uso autologo.

[sws_related_postright showpost=”2″] [/sws_related_postright]

In Italia abbiamo ben 19 biobanche pubbliche, che corrispondono al 10% delle strutture a livello mondiale. Nonostante ciò, i dati riportati dal CNS (Centro Nazionale Sangue) dimostrano che il numero di campioni registrati sia ancora molto basso. Qualche numero: nel 2011, 22.166 unità di sangue cordonale sono state prelevate, ma ne sono state conservate solamente 3.1422, a dispetto di un numero di nascite pari a circa 550mila3. Questo dimostra che la donazione non è un servizio garantito, che anzi la gran parte dei cordoni ombelicali continua a finire tra i rifiuti organici.

C’è però un’altra via possibile, quella della conservazione privata. In questo caso le cellule prelevate vengono crioconservate in bio-banche progettate appositamente e il campione rimane di proprietà della famiglia. Questa può usufruirne immediatamente qualora sopraggiunga la necessità.

Il Decreto Ministeriale del 18 Novembre 2009 stabilisce che la conservazione privata possa essere effettuata solamente in bio-banche estere. In questo modo, le cellule staminali possono essere utilizzate per effettuare trapianti autologhi (operazione nella quale le cellule vengono infuse nella stessa persona che le ha generate), oppure allogenici intra-familiari (un membro della famiglia del donatore riceve le staminali cordonali). Più stretta è la parentela, maggiore sarà la possibilità che ci sia compatibilità: fino al 50% con i genitori e fino al 25% con fratelli e sorelle.

La qualità del servizio offerto dalle banche private non è inferiore a quella delle banche pubbliche, anzi. Ci sono state e continuano ad essere effettuati trapianti che danno luogo in molti casi a risultati positivi.

Qui di seguito qualche ‘caso esempio’. Una bambina affetta da leucemia linfoblastica acuta all’età di tre anni è stata sottoposta al trapianto autologo di staminali del cordone ombelicale. La terapia ha portato da subito effetti positivi e oggi, a distanza di più di sei anni dall’intervento, la bimba è sana e può vivere una vita normale3. Il caso di Jan invece è un esempio di successo di trapianti intra-familiari: affetto da anemia aplastica, grazie alle cellule sane del fratellino ora può trascorrere un’infanzia serena.4

Sia la conservazione privata che la donazione pubblica sono strade meritevoli, ma purtroppo spesso vengono messe in contrapposizione creando competizioni e rivalità, quando invece ci sarebbe bisogno di lavorare con serenità insieme per un obiettivo comune: interrompere lo spreco di una risorsa tanto preziosa come le cellule staminali del cordone ombelicale e arrivare a migliorare ogni giorno l’efficienza del servizio offerto alle famiglie.

Note:

1. Decreto Ministeriale 18 novembre 2009 “Disposizioni in materia di conservazione di cellule staminali da sangue del cordone ombelicale per uso autologo-dedicato”.

2. Report 2011 riportato dal CNS.

3. Dati Istat.

4. Clicca qui per scaricare il documento.

5. Clicca qui per scaricare il documento.

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Cellule staminali cordonali: un aiuto importante in campo terapeutico

La conservazione cordone ombelicale, o più precisamente delle cellule staminali contenute all’interno del sangue cordonale, è una questione all’ordine del giorno, non solo al centro del dibattito mediatico ma anche di grande importanza dal punto di vista medico.

Man embracing pregnant woman

Sono, infatti, tantissimi gli studiosi in tutto il mondo che indagano le potenzialità di tali cellule in campo terapeutico, compiendo, giorno dopo giorno, innumerevoli passi avanti. Facciamo dunque una panoramica dei più recenti avanzamenti realizzati in questo campo.

[sws_related_postleft showpost=”3″] [/sws_related_postleft] In primo luogo, risultati positivi sono stati ottenuti nel trattamento di malattie onco-ematologiche, come la leucemia linfoblastica acuta e l’anemia aplastica severa. Il primo caso di trapianto autologo con staminali cordonali in questo campo è stato effettuato nel 2007 su una bimba di 3 anni affetta appunto da leucemia linfoblastica acuta. La terapia ha dato i suoi frutti: a un anno dal trapianto i valori ematici della piccola erano tornati normali e dopo 2 anni non vi era stato alcun segno di ricaduta1. Successivamente, nel 2011, sono stati pubblicati i risultati di un altro studio che mette ancora una volta in luce l’importanza delle staminali cordonali: tre pazienti affetti da anemia aplastica severa sono stati sottoposti, prima a una terapia immunosoppressiva, poi a trapianto autologo con le suddette cellule; rispettivamente per quasi 5 anni, per oltre 3 anni e per 17 mesi, i soggetti sotto analisi sono rimasti liberi dalla malattia.
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E l’efficacia delle staminali cordonali è stata anche testata sui disordini neurologici, come la paralisi cerebrale. È attualmente in corso un’analisi che valuta gli effetti terapeutici mediante trapianti autologhi su 184 bambini che presentano problematiche di questo tipo. Il trattamento finora non ha generato alcuna reazione avversa nei giovani pazienti, sottolineando la sicurezza della terapia2.

Infine, è stato studiato l’effetto di trapianti allogenici con staminali cordonali per trattare l’emorragia alveolare diffusa, una complicanza molto grave e rara del lupus sistemico eritematoso: i quattro soggetti colpiti da questa patologia, in seguito al trattamento, hanno visto il loro quadro clinico migliorare. A un mese dall’operazione i livelli di ossigeno nel sangue si erano normalizzati e dopo sei mesi anche quelli di emoglobina avevano raggiunto la normalità3.

Diversi esempi a testimonianza del grande valore delle staminali presenti nel cordone ombelicale del nascituro, una risorsa preziosa che può contribuire a migliorare le condizioni di salute di un numero sempre maggiore di pazienti.

Per maggiori informazioni: www.sorgente.com

Note:

1. Hayani A, Lampeter E, Viswanatha D, Morgan D, Salvi SN: First report of autologous cord blood transplantation in the treatment of a child with leukemia. Pediatrics 119:e296-300, 2007

2. Sun J, Allison J, McLaughlin C, Sledge L, Waters-Pick B, Wease S, Kurtzberg J: Differences in quality between privately and publicly banked umbilical cord blood units: a pilot study of autologous cord blood infusion in children with acquired neurologic disorders. Transfusion 50:1980-1987 3. Clinical Rheumathology

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Cosa fare dopo un aborto spontaneo

L’aborto spontaneo è una situazione che purtroppo si verifica molte più volte di quanto ci si possa immaginare.
Diverse ricerche e studi scientifici hanno, infatti, rilevato come il rischio che ciò possa avvenire entro i primi tre mesi della gravidanza e quindi nelle prime dodici settimane, sia effettivamente molto alto.

aborto-spontaneo

La percentuale che ciò si possa verificare si attesta intorno al 15% ed ossia quasi una ogni sette gravidanze. C’è da sottolineare tuttavia che in questa casistica sono stati inseriti anche i cosiddetti aborti naturali precocissimi che il più delle volte non vengono nemmeno avvertiti dalle donne. 

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Questo perché l’aborto avviene nelle primissime settimane con una perdita minima di sangue che sovente viene erroneamente interpretata come una disfunzione del ciclo mestruale. Le ricerche hanno evidenziato, inoltre, come l’aborto naturale possa anche manifestarsi quando si è in presenza di un feto sano da un punto di vista medico.

Altro dato molto interessante è che nonostante l’aborto naturale può avvenire entro il sesto meso di gravidanza, la stragrande maggioranza dei casi si verifica nei primi tre mesi. Le cause che possono dare origine a ciò sono diverse. Nei primi tre mesi nella maggior parte dei casi l’aborto naturale avviene in ragione di qualche anomalia a livello genetico oppure cromosomico del feto. Queste anomalie comportano che la crescita del feto e il suo sviluppo sia molto irregolare fino ad arrivare ad un certo punto in cui sopraggiunge l’aborto spontaneo. Altra possibile causa è legata ad alcuni patologie della madre e nello specifico il diabete oppure una disfunzione delle difese immunitarie.

Alcuni studi hanno evidenziato come anche l’ipertensione arteriosa giochi un ruolo molto importante sotto questo punto di vista, in quanto l’andare sotto sforzo da parte cuore della mamma si ripercuote sul feto. Per gli aborti naturali che si manifestano dal terzo fino al sesto mese, la causa principale riguarda l’incapacità da parte dell’utero nel riuscire a supportare la gravidanza fino alla fine.

Altra causa piuttosto comune è una dilatazione prematura del collo uterino e della relativa muscolatura. Infine, le possibili infezioni dell’apparato genitale che solitamente portano addirittura alla rottura del sacco amniotico ed ossia dell’involucro dove è contenuto il feto.
Vediamo come occorre comportarsi una volta avvenuto un aborto. Diciamo che ci sono diverse correnti di pensiero. Infatti, l’organizzazione mondiale della sanità consiglia di far passare un minimo di sei mesi prima di provare nuovamente a concepire un bambino. Tesi che invece è stata smentita da altri enti che non trovano motivazioni valide per cui non si debba tentare nuovamente dopo un mese o per lo meno dopo un ciclo mestruale.
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Tuttavia, tutti sono concordi nel ritenere che per donne un po’ in là con l’età, è opportuno che i tempi siano brevi ed ossia all’ordine del mese in quanto con il passare del tempo aumenta il rischio che il bambino possa nascere con qualche disfunzione.
Chiaramente se si verificano almeno un paio di aborti naturali consecutivi è giusto ed opportuno rivolgersi ad un ginecologo per alcuni indagini specifiche per valutare eventuali problematiche. Dopo il primo aborto è comunque utile rivolgersi al proprio ginecologo per sottoporsi a dei controlli standard tra cui l’ecografia transvaginale e la ricerca dell’ormone beta HCG nel sangue della mamma.

Infine, i consigli che sono senza dubbio utili per evitare un aborto naturale, sono quelli di cercare di avere una vita piuttosto tranquilla nel corso della gravidanza ed inoltre di assumere nelle prime 12 settimane l’acido folico.

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Male a un orecchio

Nel campo medico,il dolore alle orecchie viene chiamato otalgia.Ovviamente,per avere una diagnosi bisogna accertare le cause che determinano il dolore.

male a un orecchio

– Si chiama otalgia primaria quando la causa del dolore dipende dallo stesso organo.Le cause possono essere di tipo infettive-infiammatorie(otiti,miringite,infezioni da virus o batteriche,candidosi…) oppure di tipo meccanico (cerume,trauma,inserimento di corpi estranei…).

– Si chiama otalgia secondaria quando l’origine del dolore proviene da altre sedi ma viene percepito anche nell’orecchio come quando si ha mal di denti,un ascesso,faringite,tonzillite,sinusite,raffreddore,bronchite,dolore cervicale.
Per la diagnosi il medico raccoglierà le prime informazioni direttamente dal paziente e terrà in considerazione l’intensità e la durata del dolore,l’eventuale difficoltà a deglutire,eventuale mal di denti e la temperatura basale.
[sws_related_postleft showpost=”3″] [/sws_related_postleft] Il primo esame è quello otoscopico che consente di individuare eventuali otiti,infezioni e tappi di cerume e diagnosticare una otalgia primaria.Se il risultato è negativo,il medico procederà a valutare l’integrità dei quattro nervi cranici collegati all’orecchio ossia il nervo facciale,il nervo glossofaringeo,il nervo trigemino ed infine il nervo vago.Se ancora l’esito è negativo il medico valuterà l’esistenza di un eventuale dolore cervicale.

– Si chiama otalgia idiopatica quando non sono chiare le cause del dolore.
Considerando che il dolore all’orecchio è causato da varie patologie,prima di procedere ad una terapia specifica, il medico deve individuare la causa precisa.

Nel caso venga diagnosticata un’infezione virale il medico prescriverà un farmaco antimicotico o antivirale mentre se la causa è batterica verrà prescritta una cura antibiotica.
Se invece il dolore è causato,come di frequente,da malattie influenzali verrà trattato con il paracetamolo per abbassare la febbre,farmaci antidolorifici e ibuprofene per ridurre il dolore.
In particolare approfondiamo il mal d’orecchio causato dall’otite.
L’otite è un’infiammazione acuta o cronica dell’orecchio,le cause sono batteriche o virali.Possiamo classificare quattro forme di otite in base alla zona auricolare interessata dall’infiammazione.
L’otite interna interessa l’orecchio interno(adibita all’udito ed al mantenimento dell’equilibrio),l’otite media interessa la parte dell’orecchio medio(la forma di otite più comune nei bambini e che coinvolge la zona tra la membrana timpanica e l’orecchio interno)),l’otite esterna interessa il canale uditivo e la miringite interessa la membrana timpanica.

L’otite è una infiammazione acuta quando si risolve in un periodo relativamente breve e senza necessitare di farmaci o particolari cure mentre si chiama otite cronica quando si deve ricorrere a farmaci specifici per debellare l’infezione.
Il sintomo di tutte le forme di otite è appunto l’otalgia.Altri sintomi,come nausea e vertigini,possono determinare la parte dell’orecchio interessata.

[sws_related_postright showpost=”2″] [/sws_related_postright] Le cause principali dell’otite interna sono le infezioni virali o batteriche come ad esempio la parotite(orecchioni),la meningite e le allergie.I sintomi prevalenti sono le vertigini,mancanza di equilibrio,ansia,nausea,giramenti di testa,fischi alle orecchie,pallore e mal di stomaco.La terapia consiste in farmaci antivirali ed antibiotici se la causa è virale o batterica,in farmaci antiemetici per attenuare il senso di nausea e nei anticolinergici per calmare l’ansia.Se i farmaci non sono sufficienti alla guarigione si potrebbe prospettare un intervento chirurgico.

Le cause principali dell’otite media sono le infezioni delle vie respiratorie quali il raffreddore come anche le allergie o una faringite.I sintomi prevalenti sono tosse,febbre,mal di gola e congestione nasale.La terapia consiste in farmaci antibiotici o antivirali,antinfiammatori ed analgesici che possono anche essere introdotti direttamente nel canale dell’orecchio.

Le cause principali dell’otite esterna sono batteri e virus e spesso è la conseguenza di otiti medie non curate adeguatamente,accumulo di cerume,freddo e umidità.La terapia consiste nell’assunzione di farmaci antibiotici ed antivirali.

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Male ai reni

I reni sono gli organi che, unitamente alle vie urinarie, formano l’apparato urinario responsabile di filtrare gli scarti del metabolismo ed eliminarli attraverso la minzione. Oltre a depurare il sangue, i reni concorrono a mantenere ottimale l’equilibrio idro salino del corpo.

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La branca della medicina che si occupa del buon funzionamento dei reni si chiama Nefrologia.
Il termine “dolore ai reni” è un modo errato di esprimere un disturbo che, nella maggior parte dei casi, non indica un dolore specifico agli organi, ma più propriamente una lombalgia.
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Questo tipo di dolore viene percepito come diffuso e difficilmente localizzabile, è un mal di schiena che potrebbe essere dovuto a un eccessivo dimagrimento, ad uno sforzo eccessivo ad una postura errata e generalmente si cura con tanto riposo, massaggi e qualche antidolorifico. La cosa importante è conoscere la natura del disturbo per evitare di sbagliare la terapia.
Altre cause di male al rene possono essere i calcoli, la pielonefrite, la nefrite e la malattia policistica. In tutti questi casi però è auspicabile che ci siano altri sintomi indicativi delle singole patologie.
La pielonefrite acuta è un’infezione del rene che comporta febbre alta e dolori lancinanti e persistenti ai reni (o per meglio dire un dolore circoscritto alle sedi dell’organo), all’addome e a volte anche alla gamba.

Questa infezione causata da batteri deve essere risolta con la somministrazioni di antibiotici, meglio se specifici per la natura dei microbi. Nei casi più gravi una terapia per via orale potrebbe non essere sufficiente e sono consigliabili il ricovero ospedaliero e una cura più aggressiva prima che insorgano complicanze a carico di altre parti del corpo.

Le coliche renali, note fin dall’antichità, sono accompagnate da dolori lancinanti. Ancora oggi è difficile prevederle e prevenirle e, nella maggior parte degli episodi si risolvono autonomamente con l’espulsione dei calcoli attraverso l’urina, ma in qualche caso severo è necessario intervenire chirurgicamente.
Il rene policistico, invece, è una malattia ereditaria a carico di quest’organo che comporta un forte dolore provocato dalla rottura di una ciste o da una ciste infetta.
Ci sono motivi anche meno gravi che possono essere associati al male ad un rene. La donna ad esempio ne soffre nel periodo mestruale e, durante la gravidanza, con l’avvicinarsi del parto. Il dolore ai reni può essere una conseguenza anche del colon irritabile.
[sws_related_postright showpost=”2″] [/sws_related_postright] I casi invece di tumore al fegato sono abbastanza rari anche se i dati confermano cifre in aumento.
In ogni caso, se non si riesce a stabilire un collegamento certo tra dolore al rene e causa concatenata è sempre bene rivolgersi al proprio medico curante (o ad uno specialista) che dopo un’attenta anamnesi sarà in grado di completare il quadro eseguendo i necessari esami di laboratorio.
È molto indicativa, e permette un esito immediato, una ecografia all’addome e all’apparato urinario.
Generalmente, viene controllato anche il livello delle proteine attraverso l’esame delle urine e tramite un semplice prelievo vengono monitorati i valori di urea, potassio, fosforo, calcio, creatinina e albumina.
Spesso il dolore ai reni è semplicemente attribuibile ad un malfunzionamento dovuto ad un regime alimentare non sano e corretto, che se protratto nel tempo sovraccarica di lavoro questi organi filtranti.

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Cosa fare per il mal di schiena

Il mal di schiena è legato a diversi fattori appartenenti alla sfera fisica, psicologica e sociale. Tale patologia affligge soprattutto colore che spesso compiono pesanti sforzi fisici, ma è anche dovuta a una scorretta postura.

I sintomi più comuni si manifestano con la comparsa di dolore, acuto o cronico, che spesso interessa la parte lombare della schiena.
Per chi ne soffre quindi è bene sapere che occorre praticare una corretta attività fisica o in casi estremi rivolgersi al medico.

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[sws_related_postleft showpost=”3″] [/sws_related_postleft] L’ esercizio fisico rafforza i muscoli, particolarmente interessati sono quelli della colonna vertebrale, rendendoli più resistenti e di conseguenza anche i vostri movimenti risulteranno essere meno faticosi.
La colonna vertebrale, potrebbe irritarsi nel momento in cui si compiono movimenti bruschi e inadatti, a cui il nostro corpo non è abituato; in questi casi, ad esempio, è bene non interrompere l’azione, ma continuare a muoversi così da facilitare i meccanismi di recupero.
Spesso, infatti, si pensa che a causa del forte dolore si debba interrompere qualsiasi attività, evitando perciò specifiche posizioni; ma se il dolore non è eccessivo, è consigliato continuare a svolgere le normali attività magari con pause più frequenti ed evitando esercizi che potrebbero accentuare il disagio.
Adatti a questo tipo di patologia sono gli esercizi indirizzati al rilassamento della massa muscolare o altrettanto efficace è stato considerato il rimedio naturale, tutto orientale, dello yoga, un toccasana, così come è stato definito, per il mal di schiena; praticarlo infatti, aiuta a combattere anche lo stress.
Lo sport dunque aiuta a prevenire gli acciacchi, esercitando i muscoli posturali che sono appunto i primi responsabili della maggior parte dei dolori. Inoltre mantenere un peso adeguato rispetto all’altezza contribuirà sicuramente a diminuire la tensione sulla schiena.Occorre però che l’ attività fisica venga effettuata regolarmente, con qualche fastidio iniziale, ma i benefici arriveranno presto; è preferibile perciò praticare qualcosa che vi piaccia e che non vi crei troppe difficoltà, anche motorie.
Ma se il dolore persiste, non bisogna sottovalutarlo ed è bene consultare il proprio medico, perché potrebbe trattarsi di un problema più grave, che il solo allenamento fisico non può risolvere.
Ci sono, però, “brutte notizie” per i fumatori; è stato dimostrato, negli ultimi anni, che il fumo, oltre a nuocere gravemente alla salute dei polmoni, danneggia la schiena contribuendo alla comparsa dei dolori, probabilmente perché riduce l’ ossigenazione dei tessuti della colonna.
[sws_related_postright showpost=”2″] [/sws_related_postright] In alcuni casi eliminare i “fattori di rischio”, alla base di questa patologia, sempre più comune, come l’ obesità, una scorretta postura, il fumo, aiuterebbe a risolvere il problema dal principio.
Un consiglio in particolare, pratico e utile, che facilita i piccoli gesti quotidiani, è quello di imparare a flettere le ginocchia quando si vuole sollevare un peso, mantenendo, durante l’intero movimento,il busto in posizione eretta; basterebbe inoltre evitare di restare per lungo tempo in una stessa posizione, e per assumere una corretta postura stando seduti si raccomanda di inclinare il busto leggermente in avanti, in corrispondenza delle anche, mantenendo i gomiti poggiati sul piano di lavoro.

Dunque se nel caso incominciaste ad avvertire dolori alla schiena non occorre subito allarmarsi o ricorrere, ai primi accenni, a farmaci o trattamenti invasivi per il vostro corpo; basta solo tenere a riposo la zona interessata per qualche tempo e approfittare “dell’ occasione” per tenersi in forma in modo che i nostri muscoli riacquistino il loro tono.

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