Si prospettano importanti novità nell’ambito delle protesi mammarie difettose applicate a un gran numero di donne che hanno eseguito interventi di mastoplastica additiva negli agli Ottanta e Novanta: stando a quanto dichiarate di recente, infatti, il servizio sanitario nazionale italiano è pronto a rimborsare i costi delle operazioni di sostituzione delle protesi mammarie non conformi, quindi che nel corso del tempo si sono danneggiate, rotte o che per il materiale in cui sono fatte costituiscono un pericolo per la salute della donna.
[sws_related_postleft showpost=”3″] [/sws_related_postleft] Le protesi mammarie “incriminate”, le Pip, vanno dunque sostituite al più presto nelle cliniche specializzate, anche laddove non siano ancora insorti problemi. Secondo le statistiche, attualmente sono ben 400.000 le protesi Pip impiantate in tutto il mondo; parte di esse (circa 100.000) in Europa, soprattutto in Inghilterra, Francia, Spagna e Germania. Di recente il ministero della salute ha imposto un censimento per calcolare il numero esatto delle protesi impiantate in Italia, che secondo i dati raccolti sono 4500, ma che in realtà sarebbero molte di più. Renato Balduzzi, attuale ministero della salute fino all’insediamento del nuovo governo, ha confermato il rimborso economico per le donne che effettueranno operazioni di rimozioni delle protesi, pur ribadendo che i rischi cancerogeni ventilati negli ultimi tempi in realtà sarebbero ancora tutti da provare. Quando la notizie delle protesi cancerogene si era diffusa, qualche mese fa, tra le donne che avevano effettuato interventi di mastoplastica additiva era scoppiato il caos: del resto molte di loro avevano già avuto negli anni passati problemi con le protesi Pip, che spesso si spostavano, conferendo un aspetto innaturale al seno, oppure si rompevano con grande disagio e dolore della malcapitata, costretta a sottoporsi immediatamente a un nuovo intervento. Occorre ricordare che queste protesi – impiantate sia per scopi puramente estetici (aumento di una o più taglie del seno), sia per scopi medici, per donne affette da tumori al seno particolarmente invasivi – non vengono più impiantate ormai da diversi anni. Tuttavia, come sottolinea il Comitato Europeo per le emergenze e i rischi sanitari, la responsabilità di ritirare o meno dal mercato tutte le protesi incriminate, che potrebbero cioè rompersi e causare seri danni alla salute delle donne, spetta a tutti gli effetti allo Stato: finora i Paesi che hanno deciso di intraprendere questa strada sono Francia, Germania, Repubblica Ceca, Belgio e Olanda. In questi Stati, infatti, le autorità sanitarie locali hanno espressamente chiesto ai propri cittadini di rimuovere ed eliminare le protesi difettose. In Italia le Pip impiantate sarebbero comunque molte meno, e secondo le statistiche quasi metà di esse sarebbe stata impiantata nel Nord Italia. [sws_related_postright showpost=”3″] [/sws_related_postright]
Il problema, però, andrebbe affrontato alla radice, una volte per tutte: è questa l’opinione del Ministro Balduzzi, il quale ha ribadito più volte la necessità di controlli costanti sulla qualità delle operazioni effettuate e delle protesi utilizzati. Attualmente le misure attuate hanno carattere solo preventivo, poiché anche il Comitato Europeo ha ammesso che il rischio per chi ha impiantato una Pip non è certo. [author] [sws_related_post]
Nuove pillole sicure
La pillola è uno dei metodi più utilizzati sia per la cura di scompensi ormonali che per scongiurare il rischio di gravidanze indesiderate. Ha una storia molto lunga alle spalle e ne esistono tante varietà.
[sws_related_postleft showpost=”3″] [/sws_related_postleft] In genere si tratta di una combinazione di due ormoni: estrogeni e progestinici. Nel corso del tempo sono stati proprio gli ultimi a subire delle modificazioni per conferire al farmaco delle caratteristiche sempre migliori che gli permettano di essere adoperato in più casi.
Si parla al giorno d’oggi di pillole di terza e quarta generazione, infatti si è visto un susseguirsi di progestinici diversi a partire dal levonorgestrel per arrivare al modernissimo drospirenone.
In base a quali elementi viene prescritto l’uso della pillola?
Deve essere un ginecologo a prescriverne l’uso sulla base non solo di una visita da lui eseguita, ma anche in base all’anamnesi, cioè tutta una serie di domande che egli porrà alla paziente e che serviranno a comprendere meglio le sue peculiarità. Il risultato di questa breve indagine costituita anche da analisi mediche porterà il ginecologo a prendere la decisione di prescrivere il farmaco in questione o no.
A seconda della pillola a cui si fa riferimento, essa può essere maggiormente adatta alla somministrazione con lo scopo di curare degli scompensi ormonali che si manifestano in svariati modi, oppure come semplice anticoncezionale.
Ma nel tempo è stata sempre mossa una grande polemica su quelli che possono essere considerati come effetti collaterali o indesiderati legati all’assunzione della pillola.[sws_related_postright showpost=”3″] [/sws_related_postright]
Il primo fra tutti è il possibile collegamento tra l’assunzione di questa e l’insorgenza di trombosi venosa, legata però soprattutto alle pillole di prima e di seconda generazione. La modificazione graduale del contenuto in progestinici è mirata, infatti, a rendere questo farmaco più sicuro possibile contro l’insorgenza di problemi circolatori.
La polemica maggiore, scatenata in Francia, si riferisce a Diane35, una pillola in commercio ormai da anni per la quale si è richiesto il ritiro. Essa poteva essere utilizzata per il trattamento di patologie ormonali ma veniva impropriamente somministrata per scopi contraccettivi causando non pochi problemi.
Infatti poteva essere assunta per un massimo di 12 mesi, per poi scalare il dosaggio con l’utilizzo di pillole più leggere, che però, per uso contraccettivo, si protraevano per periodi decisamente più lunghi. Tutt’ora, la proposta è al vaglio dell’Ema.
Le conclusioni alle quali si può giungere dopo questa breve disamina su un farmaco che sta prendendo piede tra le donne negli ultimi tempi è che essa può essere veramente utile purchè somministrata nel giusto modo.
E’ necessario, a questo proposito, che tutti i ginecologi siano costantemente informati sui nuovi prodotti e soprattutto è fondamentale che seguano le giuste regole nella somministrazione di questi. Nel frattempo le ricerche verso pillole ancora più sicure vanno avanti. [author] [sws_related_post]
Registro italiano per le protesi mammarie
E’ stato istituito anche in Italia, con la legge n. 86 del 5 giugno 2012, in vigore dal 12 luglio 2012, un registro delle protesi mammarie che, d’ora innanzi, terra’ traccia di tutti i presidi impiantati.
[sws_related_postleft showpost=”3″] [/sws_related_postleft] L’istituzione del registro era ormai divenuta una priorità a tutela della trasparenza degli interventi e della salute delle pazienti riceventi, a fronte dei recenti scandali sulle protesi difettose o nocive impiantate ad alcune donne non solo in Francia, ma anche sul territorio nazionale. L’intervento legislativo, tra l’altro, era richeisto a gran voce anche dall’associazione dei chirurghi plastici ed estetici, che ha sempre manifestato la necessità di chiarezza e trasparenza quali presupposti imprescindibili per un corretto esercizio della professione, specie in un settore tanto delicato e poco disciplinato.
Già dal 2010 era giacente in Parlamento un disegno di legge per l’istituzione di un Registro Nazionale e di Registri Regionali delle protesi mammarie impiantate in Italia nell’ambito di interventi di chirurgia plastica, estetica o ricostruttiva. Registri che ora, divenuti obbligatori per legge, assegneranno ad ogni intervento un numero identificativo cronologico univoco, che permetterà di individuare il tipo di protesi utilizzata, la sua tipologia e durata e gli effetti collaterali evidenziati, oltre che di seguire il decorso clinico, la gestione dei controlli periodici e il trattamento – sempre nel rispetto della normativa in materia di privacy delle donne impiantate – dei dati a fini epidemiologici.
Il Registro Nazionale sarà tenuto presso il Ministero della Salute, mentre i Registri Regionali saranno custoditi presso unità organizzative appositamente istituite e saranno costantemente aggiornati con i dati forniti dalle strutture di riferimento.
Oltre all’istituzione dei registri, la nuova legge prevede il divieto di effettuare interventi impianto protesico mammario a fini esclusivamente estetici su pazienti minorenni. Restano esclusi dal divieto, pertanto, gli interventi correttivi in caso di gravi malformazioni debitamente certificate.[sws_related_postright showpost=”3″] [/sws_related_postright]
Per i medici che contravverranno a questa previsione, è prevista una multa di 20.000 euro, oltre alla sospensione dall’esercizio della professione per un periodo di tre mesi.
La normativa prevede, infine, che la struttura ospedaliera che effettua l’impianto raccolga il consenso informato scritto della paziente, previa la sottoposizione alla stessa della scheda informativa dettagliata precedentemente compilata con i dati relativi allo specifico tipo di intervento e di protesi presa in esame. [author] [sws_related_post]
Ospedali danneggiati in Russia a causa del meteorite
Il meteorite esploso in Russia venerdì scorso ha provocato danni a 3000 edifici tra cui ospedali e scuole. Sono già iniziati i lavori di recupero e di analisi del suolo.
[sws_related_postleft showpost=”3″] [/sws_related_postleft] Mosca. In seguito all’esplosione del meteorite caduto nella zona di Chelyabinsk, sugli Urali (Russia centrale) il 15 febbraio, sono 2962 gli edifici rimasti danneggiati. Di questi, 34 sono strutture sanitarie, tra cliniche e ospedali, gli altri fabbriche, case e scuole. Secondo l’ufficio stampa della Protezione Civile regionale però i lavori di ristrutturazione sono cominciati subito, coinvolgendo 4660 persone tra vigili del fuoco e soccorritori: attualmente risultano ripristinati il 55% degli edifici colpiti.
Il fenomeno è avvenuto alle 9,22 ora locale (4,22 in Italia). In base ai calcoli degli astrofisici della Nasa il meteorite pesava circa 10 mila tonnellate. Russia Today riporta che è esploso per 9 volte, l’ultima a circa 50 km da terra. Secondo il Ministero delle Situazioni di Emergenza, ai medici si sono rivolte 1145 persone, tra cui 291 bambini. Il governatore della regione Mikhail Jurevich ha dichiarato alla stampa che per la maggior parte gli abitanti accusavano ferite provocate dai vetri delle finestre, “scoppiate” a causa dell’onda d’urto provocata dal meteorite. In questi giorni si stanno dimettendo anche le 50 persone trattenute in ospedale per le cure.
Nonostante la maggior parte degli abitanti abbia subito danni di lieve entità fisica (eccetto pochi casi gravi come quello di una cinquantenne con una frattura alla spina dorsale), si dovrà verificare l’impatto piscologico su adulti e bambini provocato dal fenomeno che, secondo le testimonianze raccolte, ha suscitato paura e allarme. Nel frattempo le autorità raccomandano agli abitanti di non toccare i frammenti rimasti a terra, perchè potrebbero essere radioattivi. Un altro rischio sanitario, quello del contagio radioattivo, da approfondire. Negli Urali infatti si trova il Majak, un grande complesso industriale per il trattamento del combustibile nucleare e delle scorie radiattive. Gli impianti di energia nucleare comunque non sarebbero stati danneggiati e il Ministero delle Situazioni di Emergenza riferisce che è in corso nella zona il monitoraggio della situazione radioattiva e il livello di radiazioni si mantiene stabile a su valori a norma.[sws_related_postright showpost=”3″] [/sws_related_postright]
Il Ministero russo della Difesa era a conoscenza dell’arrivo imminente del meteorite, ma i dati sulle dimensioni ricavati dagli specialisti confermavano che sarebbe dovuto bruciare nell’atmosfera prima di toccare il suolo. Al momento non esistono eserciti con mezzi in grado di affrontare la caduta degli oggetti spaziali. Le procedure di prevenzione sono però già in corso: gli esperti infatti stanno raccogliendo nella zona colpita i detriti minerali, per poter analizzare in laboratorio la natura del corpo esploso. Intanto assicurano che la caduta non è da ricollegare all’asteroide 2012 DA14 che proprio il 15 febbraio ha sfiorato la Terra. [author] [sws_related_post]
Male alla milza
[sws_facebook_like href=”https%3A//www.facebook.com/pages/Almedico/341459779306731%3Fref%3Dhl” showfaces=”false” width=”200″ height=”21″ action=”like” layout=”standard” colorscheme=”light” font=”arial”] [/sws_facebook_like] Ognuno di noi improvvisandosi “corridore” ha avuto modo di provare e conoscere bene cos’è il male alla milza, il classico dolore che appare sul fianco sinistro dello stomaco.
Un dolore senza dubbio fastidioso che alle volte non consente di svolgere l’attività fisica. L’organo che per così dire sta facendo i capricci, è la milza. Si tratta di una problematica non particolarmente pericolosa giacché può essere facilmente rimossa ma che comunque è bene non sottovalutare.
È doveroso sottolineare, infatti, che quando questo fastidio viene avvertito da soggetti che godono di una certa forma atletica, allora deve scattare un campanello di allarme e quindi è opportuno recarsi quanto prima dal proprio medico di fiducia per valutare attentamente la situazione.
Cerchiamo dunque di capire quali sono le cause che per l’appunto fanno nascere tutto ciò. Però, prima di addentrarci in questo discorso, chiariamo alcuni concetti che consentono di capire meglio il perché di questi fastidi.
Cos’è la Milza
La milza è un organo non fondamentale per la sopravvivenza. Si trova tra lo stomaco ed il diaframma e per essere ancora più precisi, parte di essa risulta essere letteralmente collegata a quest’ultimo tant’è che durante la respirazione i due organi fanno un movimento sincronizzato grazie al quale vengono evitati deleteri contatti.
A cosa serve la Milza
Le principali funzioni della milza sono:
- Funzione emopoietica: produce globuli rossi durante la vita fetale, questa funzione non viene più compiuta dopo la nascita
- Funzione eritrocateretica: elimina dal circolo sanguigno i malati o vecchi globuli rossi
- Funzione linfopoietica: produce linfociti
- Fa da “riserva” di globuli rossi: quando in seguito ad un particolare sforzo fisico si necessità di una maggiore richiesta di globuli rossi relativa ad maggiore consumo di ossigeno.
Da cosa è causato il dolore alla Milza
La milza in caso di richiesta di ulteriore ossigeno ha il compito di fornire nuovi globuli rossi.
Quindi essendo come una spugna si “spreme” mettendo in circolo sangue maggiormente ossigenato casusando così il classico dolore frequente in caso di corsa
Le cause più gravi e di natura patologica sono:
- Anemia. In questa situazione, il dolore è dato dal fatto che la milza deve lavorare con più solerzia, in quanto i globuli rossi ha minor vita rispetto ai soggetti sani.
- Epatite. Difficoltà del sangue nel fuoriuscire dalla milza.
- Cirrosi. Stessa situazione dell’Epatite.
- Mononucleosi. Tra i sintomi ci sono febbricola, tosse e ingrossamento della stessa milza.
- Endocarditi. Infiammazione delle membrane delle valvole cardiache.
- Toxoplasmosi. A differenza della Mononucleosi presenta una febbre più alta.
- Tumore.
Consigli
Per eliminare il dolore a patto che esso non sia causato da patologie, vanno tenuti presente dei semplici consigli.
Per prima cosa è opportuno alleggerire il carico dello sforzo fisico magari camminando per qualche minuto cercando di respirare regolarmente senza affanno. Per prevenire questi dolori, prima di incominciare l’attività fisica occorre effettuare un buon riscaldamento e quindi proporre all’organismo uno sforzo in linea con quello che è il suo stato di forma senza tentare di strappare. Chiaramente la forma fisica va acquisita per gradi, con attività, la cui intensità va aumentata gradualmente nel tempo. [author] [sws_related_post]
Dieta mediterranea
La dieta mediterranea è un particolare regime alimentare tipico dei paesi del bacino mediterraneo, caratterizzato da un elevato consumo di: frutta e verdura, carni bianche, pesce, pane e pasta integrali, condimenti di origine vegetale (soprattutto l’olio di oliva extravergine), cereali, legumi e frutta secca.
[sws_related_postleft showpost=”3″] [/sws_related_postleft] Tale alimentazione si è rivelata sia moderatamente ipocalorica (e quindi consigliata per perdere chilogrammi oppure per mantenere un peso corporeo ottimale), sia efficace nel prevenire varie patologie a carico dell’apparato cardiovascolare (recenti studi hanno evidenziato una incidenza minore del 50% relativamente al tasso di mortalità causato da incidenti cardiaci per coloro che seguono la dieta mediterranea rispetto a chi non la segue).
CARATTERISTICHE DELLA DIETA MEDITERRANEA
* Consumo di acidi grassi mono insaturi.
Si tratta di acidi grassi di origine vegetale, presenti principalmente nell’olio di oliva o nelle carni di alcuni pesci: queste sostanze hanno la proprietà di diminuire il livello di colesterolo LDL ( dannoso per l’organismo in quanto capace di innescare alcuni processi di ossidazione con i radicali liberi), e parallelamente di far aumentare il livello di colesterolo HDL ( benefico per la sua attività protettiva a livello cardiocircolatorio).
Nella dieta mediterranea sono eliminati tutti i grassi di origine animale, come: burro, strutto, lardo e panna per condire, che vengono sostituiti con grassi di origine vegetale, come olio d’oliva, preferibilmente proveniente da spremitura a freddo.
Molti pesci contengono percentuali variabili di ACG (acidi grassi essenziali) che sono indispensabili per un’omeostasi fisiologica dell’organismo; in particolare si tratta di: acido eicosapentaenoico (EPA) e di acido decosaesaenoico (DHA).
* Presenza di sostanze antiossidanti
Si tratta di sostanze presenti nell’olio d’oliva, che hanno la caratteristica di impedire alcune reazioni di ossidazione innescate dai radicali liberi circolanti e particolarmente dannose per l’organismo perchè potenzialmente cancerogene.
I principali antiossidanti sono l’idrossitirosolo ed oleuropeina (presenti nell’olio d’oliva) unitamente alle vitamine A, C, E.
* Abbondante consumo di fibre
Le fibre sono componenti essenziali di tutti gli alimenti non raffinati (pasta e riso integrale, pane integrale a lievitazione naturale, cerali integrali, ecc) e sono in grado sia di normalizzare la funzione digestiva modulando l’assorbimento dei vari nutrienti, sia di accelerare il transito intestinale.
Recenti studi hanno messo in evidenza come le fibre svolgano anche un’azione protettiva nei confronti di varie neoplasie intestinali.
* Consumo di cerali e legumi integrali
Riso, farro, orzo, avena, segale, miglio, kamut sono componenti fondamentali di questo regime dietetico ed assicurano un apporto equilibrato di proteine vegetali all’organismo, unitamente a tutte le varietà di legumi.
* Consumo di carboidrati complessi
I carboidrati complessi hanno la peculiarità di venire assimilati in maniera differente rispetto a quelli semplici, assicurando una prevenzione contro l’obesità ed il diabete.
* Abbondante consumo di pesce
La carne di molte specie di pesci contiene (oltre agli acidi grassi essenziali sopra citati), anche gli omega 3, sostanze che svolgono un’evidente azione antitrombotica e protettiva sui vasi sanguigni.[sws_related_postright showpost=”2″] [/sws_related_postright]
VANTAGGI DELLA DIETA MEDITERRANEA
I principali vantaggi della dieta mediterranea si riscontrano a livello dell’apparato cardiovascolare, con una spiccata diminuzione nella incidenza di infarti ed ictus, di cardiopatie, di fenomeni ipertensivi ed arteriosclerotici.
Si nota anche una diminuita percentuale nell’insorgenza di neoplasie a carico dell’apparato digerente, di disturbi della motilità intestinale, del deposito di colesterolo a livello arterioso e della glicemia ematica. [author] [sws_related_post]
Cosa fare se morsi da una zecca
Le zecche sono piccoli artropodi ematofagi suddivise in due famiglie principali: le Ixodidae o zecche dure e le Argasidae o zecche molli a loro volta comprendenti diverse centinaia di esemplari diversi. Dopo la zanzara sono i principali vettori di malattie infettive per gli esseri umani a causa delle tossine e dei microorganismi contenuti nella saliva che possono essere trasmessi attraverso il morso.
[sws_related_postleft showpost=”3″] [/sws_related_postleft] La zecca è infatti dotata di un particolare apparato boccale che le consente di restare attaccata alla pelle del proprio ospite per diverso tempo nutrendosi del suo sangue cosa che può rappresentare un pericolo anche grave per la salute se non si corre subito ai ripari. Nel caso in cui si viene punti da una zecca l’unica cosa da fare è cercare di rimuoverla utilizzando precisi accorgimenti. Molte persone pensano di conoscere il metodo migliore per estrarre una zecca ma a volte il risultato è soltanto quello di aumentare le probabilità di infezione. Spesso alcuni metodi tradizionali come quello di avvicinare la zecca a fonti di calore o cospargerla di oli e sostanze infiammabili non fanno altro che stimolare la secrezione patogena dell’animale causando quindi danni aggiuntivi. Tuttavia rimuovere una zecca dal proprio corpo o da quello del proprio animale è un’operazione che all’occorrenza può essere effettuata a casa senza dover necessariamente ricorrere all’intervento del medico. Per operare correttamente occorrono delle piccole pinze possibilmente curve e accuratamente sterilizzate. Avendo cura di posizionare le pinzette in modo tale che la curvatura sia rivolta verso il basso, basta afferrare saldamente la zecca il più vicino possibile alla pelle e sollevare delicatamente fino ad estrarre ogni parte dell’insetto. E’ consigliabile non ruotare le pinze durante l’estrazione in modo da evitare che la testa possa rompersi e restare attaccata alla pelle, nel qual caso sarà necessario consultare il medico. [sws_related_postright showpost=”2″] [/sws_related_postright] Una volta effettuata l’operazione è meglio non schiacciare la zecca onde evitare possibili contatti della pelle con agenti patogeni, gettarla invece nel lavandino, nel water o chiuderla in un contenitore trasparente sigillato per mostrarla al proprio medico nel caso in cui si tema di essere stati infettati. Infine bisogna lavare e disinfettare accuratamente sia la zona del morso che gli strumenti utilizzati per rimuovere l’animale. Meglio controllare per alcuni giorni che intorno alla ferita non ci sia rossore o rigonfiamento ad ogni modo l’applicazione di creme antibiotiche anche se può aiutare a prevenire un’infezione locale non pregiudica la possibilità che possano svilupparsi malattie trasmesse dalla zecca. [author] [sws_related_post]
Cosa mangiare in gravidanza
L’alimentazione è sempre importante nella la vita di un individuo ma durante la gravidanza c’è bisogno di qualche piccola attenzione in più perchè, la futura mamma, ha bisogno di una dieta equilibrata e sana ma, soprattutto, deve evitare gli alimenti che potrebbero essere potenzialmente nocivi allo sviluppo del bambino.
Innanzitutto bisogna dire che non è necessario “mangiare per due” in quanto bisogna aumentare la razione calorica di 150 calorie nel primo trimestre e di 400 calorie nei restanti periodi della gestazione in modo da arrivare al termine della gravidanza in perfetta forma.
[sws_related_postleft showpost=”3″] [/sws_related_postleft] La futura mamma deve avere una dieta varia ed equilibrata ricca di vitamine e nutrienti.
Per i carboidrati bisogna preferire gli zuccheri complessi della pasta e dei legumi agli zuccheri semplici dei dolci e delle bibite zuccherate, preferite gli alimenti integrali che donano maggior sazietà, aiutano l’eliminazione del colesterolo, migliorano la glicemia e aiutano le funzioni intestinali.
Le proteine servono alla crescita del feto quindi, le gestanti, devono mangiare carne (preferite le carni bianche), pesce, uova, latte e formaggio (questi alimenti contengono anche ferro e sali minerali).
Per i condimenti sono da evitare il burro e la margarina mentre è consigliabile utilizzare solo olio extra vergine di oliva.
Frutta e verdura (sia cotta che cruda) sono da assumere in grandi quantità ed in qualsiasi momento della giornata.
E’ consigliabile bere molta acqua, soprattutto lontana dai pasti, ed è da preferire quella oligominerale naturale.
Oltre ai cibi da consumare in gravidanza, la futura mamma, deve evitare di mangiare molti alimenti che potrebbero compromettere la salute del bambino.
Sono da evitare pesce, carne ed uova consumati crudi o poco cotti, evitate anche crostacei, vongole, cozze ed ostriche infatti questi alimenti potrebbero contenere le salmonelle che possono provocare delle gastroenteriti (la gastroenterite comporta un forte dolore addominale accompagnato da nausea, vomito e diarrea).
Tra gli alimenti da evitare ci sono anche gli insaccati che possono contenere il batterio Listeria Monocytogenes ed il protozoo Toxoplasma Gondii.
Il batterio Listeria può provocare delle infezioni intrauterine che, soprattutto nell’ultimo trimestre della gravidanza, potrebbero provocare un aborto spontaneo o un’interruzione della gravidanza dovuta alla morte prematura del feto.[sws_related_postright showpost=”3″] [/sws_related_postright]
Gli alimenti che possono contenere il batterio Listeria sono, oltre agli insaccati, le carni crude ed i formaggi molli (sono considerati sicuri solo i formaggi prodotti con letta pastorizzato).
Il protozoo Toxoplasma può provocare la toxoplasmosi (possono essere infettate solo le donne che non hanno mai contratto questo protozoo e che quindi non hanno sviluppato gli anticorpi adatti).
La toxoplasmosi è pericolosa soprattutto per il feto che può presentare una serie di patologie raggruppate nella cosiddetta tetrade di Sabin e può provocare anche delle convulsioni.
Il protozoo Toxoplasma è contenuto nella carni crude, nelle carni poco cotte e negli insaccati.
Un’altra sostanza molto pericolosa per il bambino è il metilmercurio che potrebbe provocare dei danni al sistema nervoso centrale del feto quindi, le donne in gravidanza, dovrebbero evitare di consumare i pesci che possono contenere questa sostanza (tipo il pesce spada).
La donna in gravidanza dovrebbe anche eliminare il consumo di bevande alcoliche e limitare l’uso di caffè e tè.
Inoltre è da consigliare l’assunzione di acido folico soprattutto durante le prime settimane di gestazione.
[author] [sws_related_post]
Cosa fare in caso di febbre nel bambino
La febbre si rileva quando si verifica un aumento della temperatura corporea ma, soprattutto nei bambini, questo aumento di temperatura, si può verificare anche solamente dopo aver bevuto delle bevande molto calde oppure dopo aver effettuato uno sforzo fisico quindi è bene controllare varie volte la temperatura prima di procedere con i vari rimedi.
[sws_related_postleft showpost=”3″] [/sws_related_postleft] Per misurare la temperatura occorre un termometro prismatico oppure uno digitale (quello frontale non è preciso) e, di norma, la temperatura non va mai misurata appena il bambino si alza dal letto dato che potrebbe risultare più alta, quindi aspettate una mezz’ora e poi provvedete alla misurazione.
Nei bambini molto piccoli (in genere fino ai due anni) la temperatura si misura via rettale quindi, se avete il termometro prismatico, fate scendere la temperatura della colonnina sotto i 35 gradi e poi procedete alla misurazione stendendo il bambino sul fasciatoio a pancia in su, afferrategli le caviglie ed alzategli le gambe, con l’altra mano prendete il termometro ed infilatelo delicatamente nell’ano del bambino (prima di introdurre il termometro bagnate la punta nella vasellina o nell’olio in modo da farlo scivolare più facilmente ed introducete solo il bulbo del termometro), aspettate due minuti stringendo le natiche del bambino e poi controllate la temperatura.
Quando nel bambino piccolo è presente la diarrea e quando il bambino ha più di due anni la temperatura si misura via ascellare quindi spogliate il bambino ed asciugate l’ascella, posizionate il termometro a contatto con la pelle nella parte più alta dell’ascella, avvicinate il braccio del bambino al torace ed aspettate tre minuti (è consigliabile restare con il bambino mentre misura la temperatura per evitare che si muova e che il termometro non riesca a rilevare la temperatura giusta) infine controllate la temperatura segnalata.
La temperatura corporea va controllate almeno tre volte al giorno prima di effettuare una diagnosi precisa.
Se la temperatura del bambino è alta dovete guardare anche altri segni per verificare come si sente dato che la febbre non è una vera e propria malattia ma solo una reazione che ha il corpo quando viene attaccato da virus e batteri quindi controllate il suo aspetto (se è pallido) e controllate il suo comportamento (se mangia, gioca, piange), inoltre ci sono alcuni segni che si verificano dopo il primo giorno come la tosse, la diarrea, la difficoltà a respirare, vomito ed il dolore alle orecchie.[sws_related_postright showpost=”2″] [/sws_related_postright]
Quando il bambino ha la febbre non è necessario portarlo subito dal pediatra ma aspettate prima che siano passate almeno 24/48 ore in modo che la diagnosi sia precisa ma, se il vostro bambino ha meno di tre mesi, se piange di continuo, se ha le convulsioni, se la temperatura è superiore ai 40 gradi e se presenta forti dolori è preferibile consultare subito un dottore.
In caso di febbre del bambino occorre tenerlo in un ambiente fresco e non coprirlo eccessivamente, fategli bere molta acqua o bevande poco zuccherate e non forzatelo a mangiare.
Se la febbre supera i 39 gradi potete effettuare della spugnature, sulla fronte e nell’inguine, con acqua tiepida e potete somministrargli dei farmaci per abbassare la temperatura corporea (tipo il paracentamolo).
I farmaci non vanno mai somministrati se la temperatura corporea non supera i 38 gradi (fanno eccezione solo i bambini che hanno presentato delle convulsioni), in ogni caso consultate il pediatra per le dosi da somministrare. [author] [sws_related_post]
Normativa sul fumo in Italia
Presso in Ministero della Salute si è tenuto lo scorso 18 dicembre l’ultima giornata del progetto dedicato alla definizione di un sistema per il monitoraggio del rispetto della normativa antifumo nel nostro paese.
L’incontro organizzato in concerto con la Regione Veneto aveva l’obiettivo di rilevare i risultati dei monitoraggi fatti presso le Regioni, di illustrare gli strumenti utilizzati e le esperienze fatte sul campo per infine consentire un confronto rispetto a quegli ambienti che ancora non sottostanno alla normativa antifumo.
Lo studio condotto nell’ambito del progetto ha rilevato un atteggiamento sempre più positivo nei confronti della normativa antifumo considerata utile dal 82% dei clienti e dal 94% dei gestori dei locali pubblici sebbene non sempre rispettata come testimonia la presenza di fumatori nell’1,3% dei casi.
[sws_related_postleft showpost=”3″] [/sws_related_postleft] Singolare e meritevole di attenzione la situazione delle strutture sanitarie nelle quali è stata rilevata presenza di fumatori nel 2% dei casi, mentre critiche possono definirsi le statistiche rilevate riguardo a sale giochi (10% circa), discoteche (7,6%), pub e pizzerie (4,8%).
La giornata ha consentito anche di illustrare la positiva esperienza del Comune di S. Michele al Tagliamento in cui, previo il preventivo coinvolgimento di utenza e gestori con una capillare campagna di informazione, è stato introdotto il progetto “spiaggia senza fumo”, capace di riscuotere consenso dopo le perplessità della prima ora.
Ancora diffusa purtroppo la dannosa abitudine del fumo in auto che ha interessato il 7% del campione di automobili analizzato mentre nel 1% dei casi addirittura si fumava alla presenza di un bambino.[sws_related_postright showpost=”2″] [/sws_related_postright]
Lo studio ha confermato lo sport come fondamentale presidio antifumo tra i praticanti, da qui l’idea di affidare agli atleti il compito di testimonial contro il fumo al fine di sensibilizzare i tifosi ad un comportamento rispettoso dei non fumatori anche in luoghi aperti quali, per l’appunto, lo stadio. [author] [sws_related_post]